Storia dell’Unipr, ateneo di santi, papi, Cesaria Beccaria e (quasi) Petrarca

PRONTO IL VOLUME CHE RICOSTRUISCE LA STORIA DELLA NOSTRA UNIVERSITA' DAL 962 AL 2013

“Raccontandoci le origini IMG_0519del nostro Ateneo ci aiuta a viverlo, a riattualizzarlo e a sentirlo più nostro”: così la professoressa Annamaria Cavalli parla del libro ‘Università di Parma. Mille anni di storia’. Il volume, da lei curato, testimonia la storia dell’Ateneo dalle remote origini, risalenti ben al 962, tanto da renderlo teoricamente il più antico del mondo, fino al 2013. Commissionato inizialmente dal rettore Ferretti, dopo diversi anni vede la luce con il rettore Borghi, che ha riconosciuto l’importanza di portare a termine il progetto. Il libro è stato affidato a due ricercatori, Simone Bordini e Piergiovanni Genovesi, e curato dalla stessa professoressa Cavalli, che si è occupata di armonizzare lo stile del volume e di scrivere un’introduzione dove vengono spiegate le motivazioni del progetto. L’opera è stata curata graficamente per la Mup da Emanuela Cacchioli, la quale ha in precedenza curato ‘La storia di Parma’, rendendola così una sorta di continuazione.

L’obiettivo principale di questo lavoro è di rinsaldare il rapporto fra Ateneo e città, perché quello che emerge con chiarezza da questo studio è il profondo amore che Parma ha nutrito nei confronti della sua Università. “Un rapporto molto unitario e coeso soprattutto agli inizi – spiega la professoressa Cavalli -: le delegazioni cittadine sono andate spesso a perorare le cause dell’università nel corso del tempo”. Il libro cerca di fare una storia sia per testi, in italiano e in inglese, che per immagini d’archivio e prodotte ad hoc, le quali possono anche essere lette in maniera indipendente dal testo, in modo da fornire informazioni in maniera più rapida ma non superficiale.

Il volume parte da quella che può essere definita come la ‘preistoria’ dell’Università:“Senza la preistoria, infatti, non si può conoscere la storia” afferma il rettore Loris Borghi.
Il 962 è l’anno in cui risale il diploma d’Ottone, una concessione fatta dall’imperatore del sacro romano impero Ottone I al vescovo Umberto della ‘potestatem elegendi sive ordinandi sibi notaris’, che permette  di ordinare ed scegliere noti cittadini come notai. Questo mandato comporta l’istituzionalizzazione di scuole pubbliche superiori e di diritto, testimoniando così un primo periodo di attività studiosa nella città, anche se non sufficiente per poter affermare l’inizio di un’attività universitaria.
In questi anni risiedono in città diversi studiosi di spicco come san Pier Damiani, maestro nelle scuole parmensi, Anselmo il Peripatetico e Donizone.

Nel secolo successivo sono diversi i maestri che si recano a Parma per studiare da tutte le parti d’Italia e d’Oltralpe, come Sinibaldi Fieschi e Simone di BrAnnamaria Cavalliion, i futuri papi Innocenzo IV e Martino IV. Allo stesso tempo, diversi maestri parmensi lasciano la città per insegnare nelle più prestigiose scuole del tempo come Giovanni Buralli, che va a insegnare, col nome di Fra’ Giovanni da Parma, all’Università di Parigi.
Nonostante la crisi delle istituzioni comunali e l’affermazione di varie signorie, il prestigio cittadino perdura tanto che anche  Francesco Petrarca e il figlio Giovanni tengono rapporti con gli studiosi di Parma. Purtroppo, con l’entrata nel ducato di Milano, nel 1387 lo ‘Studio’ viene soppresso dai Visconti per favorire quello pavese.

Il 12 Aprile 1412 tre delegati del vescovo raggiungono Ferrara per chiedere a Nicolò III d’Este di riportare lo Studio a Parma in modo da far affluire scolari. Il principe accoglie la richiesta e nel settembre dello stesso anno, con un bando ufficiale sottoscritto dal papa e da alti ufficiali estensi e parmensi, viene stabilito lo ‘Studium’, facendo così nascere l’Ateneo. Tra i vari professori presenti, il canonista Nicolò de Tedeschi.
Nonostante i successivi periodi difficili, la cultura a Parma è ormai consolidata, tanto che in città operavano umanisti come Beroaldo, Ugoleto, Grapaldo e artisti come Correggio e Parmigianino.

Con il 1545 e l’avvento dei Farnese, Parma vive uno dei suoi momenti di massimo splendore, sorretta dall’intento di trasformarla in una capitale di respiro europeo, da una politica di ripresa architettonica e culturale e da ingenti investimenti nell’Ateneo per formare la nuova classe dirigente. Tra gli studenti più famosi vi sono Cesare Beccaria e i fratelli Verri.

Successivamente i Borbone sostituiscono i Farnese, ma la politica di valorizzazione culturale non si ferma. Nel 1786 viene emanata la ‘Costituzioni per i nuovi regi studi’ che regola la didattica nei vari settori dell’istruzione. Inoltre in questo periodo vengono fondate diverse strutture fondamentali per l’Ateneo ma anche per la società in generale: la Biblioteca Palatina, il Museo d’Antichità, l’Orto Botanico, l’Osservatorio Metereologico, l’Accademia di Belle Arti. In particolare, l’Ateneo Piergiovanni Genovesiviene dotato di gabinetti di fisica, teatri di anatomia e di una Scuola Veterinaria.

Con Maria Luigia d’Austria l’Università aumenta ulteriormente di splendore. All’Ateneo vengono infatti aggiunti il Dipartimento di Chimica farmaceutica e di Ostetricia e viene potenziata la scuola di Veterinaria; qui insegnano il filologo Mazza, l’orientalista De Rossi, il medico Rubini, il fisico Melloni, il letterato Giordani, il fisiologo Tommasini ed altri ancora. Con i moti del 1831, a cui aderiscono diversi studenti e docenti, tra cui Melloni, la duchessa decide di sospendere l’attività dell’Ateneo, trasferendo a Piacenza la facoltà di Giurisprudenza e dividendo in due rami quella di Filosofia. L’attività riprende nel 1859, anche se vede notevolmente modificate alcune facoltà.

Ma i cambiamenti sono continui, essendo l’Unità alle porte. “Dal 1861 fino ai giorni nostri abbiamo un’Università che cambia notevolmente – spiega il professor Genovesi, curatore della parte più moderna del volume -. Un dato per comprendere il cambiamento può essere il numero degli iscritti che, nel passaggio dal ducato al regno, era sui 300 studenti, in conformità con l’idea dei percorsi elitari riguardo allo studio”. Con l’Unità bisogna riformare il sistema Universitario per conformarlo così con quello nazionale in cui l’Ateneo di Parma si ritrova classificato come minore, ricevendo così meno finanziamenti.
Questo aspetto negativo rafforza il supporto della cittadinanza nei confronti del proprio Ateneo, al fine di difenderlo e valorizzarlo. I contributi forniti grazie alla simbiosi con la classe dirigente cittadina vertono soprattutto  a finanziare corsi previsti dal piano di studi nazionale ma non supportati finanziariamente dallo Stato.
“Con il passaggio al nuovo secolo siamo sui 600 studenti, per incrementarsi notevolmente nel 1946, diventando 3000. Con gli anni ’60, per via dei cambiamenti di quegli anni che hanno portato a una riorganizzazione più democratica delle università e un’impostazione meno legata a schemi ottocenteschi, c’è stato un aumento incredibile: dai 9000 ai 18000 studenti”. Naturalmente questo ha comportato un ulteriore investimento, per adattare le strutture: “Si è trattato di un riconvertirsi, senza perdere nulla nei confronti della ricerca. C’è stato stato il bisogno di ritarare il ruolo dell’istituzione.”

di Marco Rossi

 

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