Tinder, una storia vera: tre appuntamenti-test per lui e per lei
ESPERIMENTI ED ESPERIENZE DENTRO L'APP DI INCONTRI
La domanda attraversa la redazione come un coltello scoccato con slancio e va a piantarsi dritta in fondo alla stanza: “Qualcuno di voi usa Tinder? Dobbiamo scriverci un pezzo.”
Alziamo lo sguardo con circospezione, nessuno si sbilancia, non ci facciamo avanti.
Ed è proprio qui che merita di iniziare questo articolo, con quell’alone pruriginoso che avvolge questa applicazione, Tinder, nata come ‘luogo di incontri’ per facilitare quelli che, un po’ per timidezza, qualche batosta di troppo o semplicemente meno animali sociali del dovuto, cercano alternative per rimediare un appuntamento. Funzionerà?
LUI – Download completato, collego il profilo di Facebook e scelgo qualche foto. E già qui, per l’amor del cielo, iniziano le prime ansie: “Ok, foto profilo, ma quale? Escludiamo la pancia che non fa mai bene, quello scatto perfetto in bianco e nero dell’amico fotografo va sicuramente per primo, questa sdraiato coi pantaloni sgargianti che fa molto alternativo, quella col libro perché è un’ottima scelta se non hai degli addominali scolpiti. E magari evitiamo il petto nudo che il vello brunito ormai non piace così tanto…” Ah, pronto. Eh, magari fosse così facile, perché ci sono anche 500 caratteri a disposizione per raccontarsi. “E mo’ che dico?”. Giuro, è un’arte quella di esprimersi in quella manciata di caratteri, perché è tutto un funambolico percorso per mettere in chiaro che sei un ragazzo sensibile e profondo ma hai anche un pene e vorresti usarlo.
Ma ormai è fatta, il profilo è completo e cominciano i primi like. A tappeto. Indiscriminatamente. Sembrano tutte bellissime. Dopo qualche minuto ricordo che la pesca a strascico è poco ecocompatibile e cerco di darmi un contegno, inizio ad apprezzare qualche riga di simpatica biografia anche se devo dire che, raccogliendo un po’ di pareri qua e là, sembrerebbero più gli uomini a dilungarsi che le ragazze. Non vi state chiedendo il perché?
Passano un paio di giorni ed eccolo, arriva, accompagnato da mille promesse di notte infuocate, almeno nel mio cranio, il primo match. Ragazza più piccola, pare timida, dopo uno scambio canonico propongo un cambio di piattaforma, finiamo a parlare su Whatsapp. Due giorni dopo smette di rispondere ai miei messaggi. Ego sotto le scarpe, autostima a pezzi, complotti su come Tinder piloti i match per farti incontrare solo stronze.
Stai già per mollare tutto quando uno degli ultimi match sembra svoltare nella giusta direzione: la conversazione si fa sempre più aperta, con una escalation vietata ai minori che mi lascia intuire che forse l’app non fa poi così schifo. Una sera più tediosa del solito prendo il telefono e mi lancio, le chiedo se vuole venire da me. Accetta. Sono talmente preso alla sprovvista che la mezzora successiva la trascorro mettendo in ordine quel disastro ambientale che è camera mia, doccia vigorosa, mutande e calze pulite, ego eretto. Ci sono. Quando la vedo realizzo che le foto erano abbastanza oneste: capelli lunghi rasati ai lati, inchiostri intricati sulla pelle, ci sono alcuni dettagli che proprio mi piacciono e giusto per non dare adito ad alcun tipo di equivoco metto su la moca da sei. La mattina dopo la riaccompagno alla macchina: dopo quel giorno non l’ho più sentita.
Ancora scombussolato dall’esperienza precedente e con un ego ringalluzzito mi ritrovo di nuovo sull’app, giorno dopo giorno scorro volti, scollature e biografie, tra le quali spicca la femme fatale che cerca un secondo ragazzo per chiudere un triangolo. Bello ma anche no, grazie. I match continuano a capitare,ma tutti si arenano ben presto quando risulta chiaro che non rispecchio il tipo di principe azzurro che alcune ragazze vorrebbero trovare su Tinder. Tranne per una, parecchio carina a dirla tutta, con cui comincio un fitto scambio di messaggi immaginando che si debba nascondere qualche tipo di inghippo: “Ok, devo confessartelo, ho un ragazzo da quattro anni.” Nel labirinto morale che mi si pare di fronte ci sono un sacco di strade meravigliose ma poco percorribili, lei mi fa presente che la responsabilità non sarebbe mia, che già nel momento in cui si era iscritta su Tinder era chiaro che qualcosa non funzionasse con il suo attuale ragazzo ma cavolo, davvero voglio regalare questa sensazione a qualcun altro?
Decidiamo di vederci comunque, io sono in completa paranoia, lei veramente carina, cerco di venire a patti con i differenti me stesso ma non c’è nulla da fare. Per le strade della città stiamo stretti l’uno all’altro tanto da ritrovarci a correre alla disperata ricerca di un parco. E fu così che capimmo che a B**** non ci sono spazi verdi sufficientemente appartati. Col dramma consumato a metà, si ritorna verso casa.
LEI – Quarantotto ore fa, non avevo ancora mai usato l’applicazione per incontri Tinder. In un’era a così alto tasso di comunicazione online, mi era già capitato di creare contatti in rete e di conoscere quelle persone dal vivo solo in seguito. Ne erano nate amicizie, flirt, addirittura una relazione importante. Ma in quanto ad applicazioni create con l’unico scopo di organizzare incontri tra individui che potrebbero piacersi, ero vergine.
Si dice anche che per le ragazze sia più facile trovare qualcuno interessato ad approfondire la conoscenza iniziata via chat. Avendo alle spalle la poca esperienza accumulata in queste ultime ore, posso dire che sembra essere la verità. Non mi sono serviti sforzi eccessivi, una volta entrata nel meccanismo, per rimediare qualche appuntamento.
Il primo mi è stato proposto dopo un paio d’ore. Dopo qualche scambio di messaggi in merito a “come stai?”, “di dove sei?”, “che cosa studi?”, ben presto Andrea, ventunenne, studente fuori sede e amante del cinema, è passato a indagare i miei piani per la serata. Ci siamo dati appuntamento in centro per bere qualcosa e poco dopo le nove stavamo passeggiando per via Farini. Io devo ammettere di aver perso gran parte della mia timidezza all’inizio delle superiori, quindi uno dei primi aspetti che non ho potuto fare a meno di notare è stato il suo iniziale disagio. Andrea mi ha confessato di essere alla sua prima esperienza su Tinder, anche se ha preferito non dare soddisfazione ai miei tentativi di approfondimento a riguardo. A quanto pare, Tinder è fatto per essere sfruttato, non discusso. Anche se lo si nasconde sotto un velo di spontaneità e audacia, un senso ancestrale di vergogna rimane a galleggiare, ma dopo aver saputo che la mia situazione era la stessa, parlare è sembrato risultargli un po’ meno difficoltoso. Abbiamo trascorso un paio d’ore senza concedere grandi intervalli all’imbarazzo, chiacchierando un po’ di tutto – ex comprese – il che ci ha sciolti più di qualsiasi commento su cinematografia e letteratura di vario genere.
È stato sulla via del ritorno che l’esigenza principale di chi frequenta Tinder – almeno per fama – si è fatta strada con una certa insistenza. Per tre volte Andrea mi ha chiesto se volessi ‘salire da lui’, facendomi presente il suo interesse e sottolineando i suoi intenti con un poco velato “Insomma, sai a cosa serve Tinder…”.
La sventurata non rispose. Però è stato divertente.
Per il secondo appuntamento mi sono fatta avanti io, nella migliore tradizione femminista, suggerendo a Luca una colazione assieme dopo diversi messaggi in merito alle occasioni di svago che Parma offre ai giovani. Lui, un ventisettenne del sud Italia dai modi gentili e un tono di voce flebile come una preghiera, doveva andare a lavoro, così siamo stati insieme solo una mezz’ora e abbiamo chiacchierato di come si presenta Parma agli occhi di chi ci si è trasferito da poco. È stato uno scambio di opinioni davvero piacevole e, forse per mancato interesse, forse perché osare alla luce del sole è più difficile, forse per la differenza di età tra Andrea e Luca, il nostro incontro si è concluso pacificamente, senza pressioni. E, almeno da parte mia, con il sincero piacere di aver trascorso qualche decina di minuti a conoscere Luca con la stessa tranquillità con cui uscirei a prendere un caffè con un compagno di corso.
Davide, occhiali da vista e capelli rossi di stampo irlandese, è stato il più spigliato e, devo ammetterlo, l’unico la cui strategia avrebbe potuto funzionare. È stato coraggioso, ma senza strafare. Ha puntato sull’ironia. Mi ha fatto ridere ed è stata davvero un’ottima mossa. Opinioni politiche a parte, si è trovato due o tre volte sul punto di farmi desiderare di approfondire. Peccato che fosse così meraviglioso solo in chat.
Una volta ritrovatici faccia a faccia si è trincerato dietro il suo sorbetto e mi ha fatto esaurire gli argomenti di discussione alla velocità dello scioglimento del gelato. E dire che, quando mi impegno, non la smetto più di blaterare.
Sì, Davide ha sicuramente battuto ogni record per quanto riguarda le pause fastidiose all’interno di un discorso. Anche nel salutare è rimasto pacato e spaurito. “Be’, allora ciao”. Mah.
Forse la causa predominante che spinge le persone a iscriversi a Tinder non riassume interamente i tipi di incontri che l’applicazione può offrire, dopotutto. L’occasione fa l’uomo ladro – e anche la donna non è esente dal detto, ne sono convinta. Ma se le sfaccettature delle persone che si incontrano grazie a Tinder sono infinite com’è naturale che sia, siamo sicuri che ci sia dietro sempre e solo il sesso?
di Alessandra Rizzoli e Matteo Buonanno Seves
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