Vita da specializzando in Chirurgia: il primo giorno ‘sopra i ferri’

"ANSIA, EMOZIONE E... PUZZA!": IN SALA OPERATORIA CON UN NEO-MEDICO

Medici chirurghi Tutti crediamo di avere una conoscenza sommaria di come si presenti una sala operatoria, grazie alle innumerevoli serie televisive a tema medico che spopolano. I più sfortunati ne hanno una conoscenza autentica avendo interpretato lo scomodo ruolo del paziente, sotto i ferri al centro della squadra di chirurghi in camice verde e mascherina.
Pochissimi però sanno come si sta dietro quelle mascherine.
Cosa si prova ad avere sotto di sé una persona viva, più o meno aperta, e a doverci mettere le mani sapendo di non poter sbagliare nulla? E peggio che mai, com’è quando a sentire tutto questo è uno studente specializzando al suo primo ingresso nella fatidica sala?

“ANSIA, EMOZIONE E… PUZZA!” – “Il primo ingresso in sala operatoria è un insieme di diverse e potenti emozioni – spiega Marina, specializzanda al primo anno di Chirurgia generale a Parma -. C’è sicuramente tanta ansia, anche se le prime volte si fa da semplici assistenti di un chirurgo più esperto. Per prepararsi si ripassa fino all’ultimo la tipologia d’intervento, le diverse complicazioni possibili, cosa si deve fare, in modo da poter svolgere il proprio ruolo alla perfezione. Una volta in sala, però, c’è anche una grande soddisfazione: ho studiato moltissimo e affrontato severe selezioni per poter entrare lì dentro, dove posso realizzare il mio sogno di tutta una vita, poter usare le mie conoscenze medico-chirurgiche per aiutare chi ne ha bisogno. E poi, beh… c’è l’odore. L’odore che emana un corpo umano è davvero fortissimo. Hai presente l’odore ferroso che si percepisce quando esce il sangue dal naso? Moltiplicalo per mille volte, aggiungi eventualmente altri umori del corpo, in base a dove si opera, e avrai un’idea di cosa si sente in sala operatoria. È davvero penetrante, all’inizio continui a sentirlo nelle narici dopo ore che hai finito l’intervento e sei uscito dalla sala”. Insomma,il primo ingresso in sala operatoria è una bomba di aria mefitica diretta contro un giovane in pieno stato d’ansia. Non sembra una cosa per tutti. “Sì, è un primo impatto molto forte, senza dubbio – conferma la giovane dottoressa – infatti può succedere che la prima volta il neo-medico abbia un crollo. Ho colleghi che sono dovuti uscire momentaneamente dalla sala perché non ce la facevano proprio più e ho sentito perfino di uno che è svenuto. Per fare chirurgia ci vuole stomaco, diciamo che la sconsiglio a chi ha problemi già al banco della carne al supermercato!”
Per fortuna non per tutti l’impatto è così traumatico. “La prima volta che mi sono trovata davanti a un addome aperto ho provato più meraviglia che disgusto – racconta Marina -. Vedere l’intestino che cammina, sapere che quando sentiamo la nostra pancia borbottare in realtà avviene proprio quel movimento che hai sotto gli occhi… lo trovo molto affascinante.” E all’uscita dalla sala operatoria tutto lo stress (e non solo quello) viene a galla. “Ci si sente stanchi e… affamati! Un’operazione può durare anche svariate ore e ovviamente non c’è possibilità di fare pausa e prendere un caffè. Si è tutti concentrati il più possibile su quello che si sta facendo, al massimo concedendosi una fugace bevuta d’acqua. L’adrenalina di avere letteralmente sotto mano la salute del paziente ti permette di non sentire nulla finché sei dentro, ma una volta fuori c’è il crollo“.

Dottori medicinaCOME CI SI ARRIVA – Per arrivare in quella sala operatoria, la formazione di un futuro chirurgo è lunga e difficile. Prima di tutto, come risaputo, c’è da passare lo scoglio del numero chiuso delle facoltà universitarie di medicina. Se si viene ammessi ci sono da affrontare sei anni di studio prima della laurea, uno dei cicli universitari più lunghi dell’istruzione italiana. Conclusi i sei anni (teorici, nella pratica spesso qualcuno in più) non ci si può affatto rilassare. Un semplice laureato in medicina può fare la guardia medica, il medico sportivo o poco altro. Bisogna specializzarsi, cioè frequentare una delle numerose scuole di specializzazione medica che attraverso l’esperienza pratica in una struttura ospedaliera formano il neo-medico in una delle mille branche della medicina moderna. Anche qui ritorna il numero chiuso ed estremamente più ristretto: se, ad esempio, ogni anno l’Università di Parma accoglie oltre duecento matricole aspiranti medici, sono soltanto nove gli specializzandi che accederanno alla scuola di Chirurgia generale di Parma. Dopo ulteriori cinque o sei anni si può finalmente partecipare ai concorsi per le Asl pubbliche o tentare la strada della sanità privata.
Ma dopo la prima volta in sala operatoria, tutto sembra in discesa.

 

di Andrea Prandini

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