“Create, osservate, vivete il vostro tempo”: a lezione da Peter Greenaway

INTERVISTA AL REGISTA GALLESE NOMINATO PROFESSORE AD HONOREM DELL'UNIVERSITÀ DI PARMA

“Il cinema è morto, lunga vita al cinema!” Così Peter Greenaway, regista, pittore e sceneggiatore gallese, ha iniziato la sua lectio magistralis mercoledì 28 settembre all’Università di Parma, dopo aver ricevuto il titolo di professore ad honorem in Arti Visive dal rettore Loris Borghi. L’artista poliedrico, con una parlata chiara e pungente e una mimica tipica di chi ha quotidianamente a che fare col mondo dello spettacolo, si è soffermato sul rapporto tra il cinema e ‘le quattro arti’ (pittura, architettura, letteratura, teatro), per poi arrivare alla nozione più generale di creatività. Dov’è finita la nostra creatività? Esiste un modo per recuperarla?

PERCHÉ PETER GREENAWAY? – Non è sempre immediato riuscire a individuare, tra i tanti artisti del mondo contemporaneo, il genio. Figurarsi se si tratta di un professore ad honorem col quale i giovani studenti dell’Ateneo parmigiano avranno modo di confrontarsi durante la propria esperienza universitaria. Ma per il rettore Borghi non c’è alcun dubbio: Peter Greenaway è un protagonista prestigioso del mondo delle arti visive, la sua originalità sta nella magistrale capacità di far dialogare diverse dimensioni artistiche ed è segnata da una costante tensione sperimentale, nella quale la storia dell’arte è sempre stata un punto di riferimento fino ad oggi”. Dello stesso parere Michele Guerra, docente di Storia e Critica del cinema, il quale aggiunge: “Il regista ha fornito allo spettatore strumenti interpretativi nuovi per riflettere sull’immaginario e sui sistemi di strutturazione del caos e del disordine non soltanto del mondo reale, ma anche al di sotto e al cuore della creazione artistica”.

Greanaway“IL CINEMA È MORTO, LUNGA VITA AL CINEMA”- Formatosi come pittore al Walthamstow College of Art, Greenaway si avvicina al mondo del cinema dopo aver visto il film ‘Il settimo sigillo’ di Ingmar Bergman. Nonostante sia destinato a essere ricordato come uno tra i più rivoluzionari registi dell’età contemporanea, sostiene fermamente che “la pittura è la più pura e autentica delle arti e non è possibile fare cinema senza prima essersi avvicinati a un’opera di Rembrandt, Da Vinci o Caravaggio“. Sono loro il punto di riferimento da cui dovrebbe ripartire l’arte cinematografica, che ha dimenticato l’immagine vera e propria per sottomettersi al testo. 

“Il cinema è morto – spiega Greenaway- perché la società contemporanea ha scelto una visione del reale basata sul testo, ogni singolo film che vedete è basato su centoventi anni di testi illustrati. Testo! Testo! Testo! Non credo abbiate mai visto alcun tipo di cinema fino ad ora”. Questo modus operandi ha portato a una progressiva fossilizzazione della disciplina, facendo perdere allo spettatore la capacità di acuire il proprio sguardo su ciò che lo circonda e relegandolo a un unico punto di vista: quello logico-testuale. “Noi dobbiamo cancellare questo schema -continua il regista- e portare il cinema fuori dai cinema, sperimentando continuamente e sfruttando pienamente le nuove tecnologie che ci permettono di fare un grande passo avanti in questo senso”. Ma in che modo? “Probabilmente -sostiene- il pubblico non è ancora abituato a questo, ma io voglio dimostrare che si può fare un cinema nuovo: non narrativo, multi schermo e presente. Questo significa che un film per essere tale non deve necessariamente raccontare una storia, anzi: non deve proprio farlo, non deve stare all’interno di una cornice visiva. E deve esistere oggi, nel nostro tempo. Abbandoniamo la logica e impariamo finalmente a guardare“.

L’APPELLO AI GIOVANI – Ma cosa consiglierebbe Peter Greenaway a un giovane appassionato che decide di intraprendere la carriera cinematografica? “Non fatelo! Scordatevelo!” dice scherzosamente ai presenti in sala, che occupano la maggior parte dei banchi dell’Aula Magna. Ma non è altro che una provocazione, che vuole spingere le ‘nuove leve’ a superare la logica imposta dall’industria cinematografica contemporanea e reinventarla con nuovi schemi. “Negli ultimi decenni -dice- sugli schermi delle vostre sale sono stati proiettati film di grande successo come Harry Potter o Il Signore degli anelli, ma questo non è cinema, è letteratura, testo. Cancellate tutto! Riappropriatevi della vostra creatività, usate le nuove tecnologie in modo creativo, prendete in mano una videocamera e create. Lasciate perdere le riprese del mondo come lo conosciamo, l’hanno già fatto. Provate invece a guardarvi attorno e vivere appieno il vostro tempo“.

Peter Greenaway‘GIOVANNA D’ARCO’ AL FARNESE – “È stato affascinante” racconta Greenaway, a proposito del lavoro al Teatro Farnese, che lo ospita già dalla scorsa settimana per dirigere, assieme all’olandese Saskia Boddeke, l’opera lirica ‘Giovanna d’Arco’, in programmazione al Festival Verdi fino al 20 ottobre. “Ho visitato il Teatro Farnese molti anni fa -racconta- e ora ci sto lavorando per girarci un film. Penso che il modo in cui vogliamo organizzare l’opera sia molto interessante: è la storia di Giovanna d’Arco, bruciata viva dagli inglesi, quindi credo che partiremo proprio da qui, inizieremo con una storia ambientata nel XVI secolo. Dopodiché prenderemo come altro punto di riferimento il XVII secolo, anno in cui nasce il Farnese, e successivamente il XVIII secolo, quando Verdi scrisse quest’opera eccezionale. L’ultima parte si concentrerà sul XXI secolo, il nostro, per cui sarà inevitabile l’uso di tecnologie online all’avanguardia. Racconteremo questa storia combinando forme e modalità diverse  e per questo credo che sarà molto emozionante e interessante. Abbiamo scelto un ‘vecchio prodotto’ -conclude-, ma l’esploreremo attraverso una lingua assolutamente nuova“.

di Francesca Matta

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