Moto Gp, dentro il cuore parmigiano della Clinica Mobile

STORIE DI PADDOCK CON MICHELE ZASA E GUIDO DALLA ROSA PRATI


Ingresso  'Poliambulatorio Dalla Rosa Prati'
Due grandi giraffe di bronzo sovrastano l’ingresso del Poliambulatorio Dalla Rosa Prati. “La storia di queste giraffe è curiosa, ma è anche utile per far capire come sono realmente”. A parlare è il ‘patron’ di casa, il dottor Guido Dalla Rosa Prati, che ha scelto di posizionare all’entrata del suo poliambulatorio proprio quelle due statue perchè, al ‘Mercante in Fiera’, erano quelle che attiravano maggiormente l’attenzione degli acquirenti. “Ho seguito il mio istinto, e lo stesso ho fatto quando ho deciso di intraprendere l’avventura della Clinica”. La personalità di questo medico e imprenditore di Parma emerge in fretta: “Il dottor Zasa lavora quotidianamente sul campo e si occupa di tutto il paddock, mentre io gestisco la parte manageriale e di sviluppo di questa piccola azienda che, grazie agli investimenti, sta cambiando volto, sta crescendo e si sta autosostenendo”. Da un lato, un giovane medico ‘rampante’; dall’altro, un medico con la passione per lo sport e la sanità: un connubio perfetto per guardare avanti e accettare le sfide.

 

GLI INIZI – La Clinica Mobile nasce nel 1977 per soccorrere i piloti infortunati durante le gare motociclistiche. Fin dalla sua fondazione la Clinica è stata diretta dal dottor Claudio Costa che però, il 17 marzo 2014, ha lasciato il mondo delle corse e ha designato come suo successore Michele Zasa, parmense. Con la nuova direzione è cambiata anche la sede della Clinica, che è stata trasferita a Parma. Il dottor Zasa, classe ’79, ha studiato e si è laureato nella facoltà cittadina animato da una grande passione per l’emergenza pre ospedaliera che va di pari passo con quella per i motori. “Ho iniziato a lavorare nel circuito di Imola, occupandomi di emergenza, nel team di soccorritori che facevano capo al dottor Costa e, da quel momento, ho seguito un percorso che mi ha portato fino alla MotoGP”. La responsabilità assunta dal dottor Zasa richiede poliedricità e plasmabilità: “È necessario sapersi inventare ogni giorno e trovare soluzioni sempre efficaci in funzione dei ritmi frenetici ai quali sei sottoposto durante la gara, senza tralasciare una buona forma atletica: in mancanza di scooter e bicicletta, capita di dover correre per il paddock, quindi è necessario tenersi allenati”.

Lo staff è composto da 8 medici, di cui 6 addetti alla fisioterapia e 2 autisti preposti alla guida dei camion con cui la Clinica transita per l’Europa seguendo Moto GP, Moto 2, Moto 3 e Super Bike; la volontà di Zasa e colleghi è anche quella di aggiungere un ulteriore fisioterapista per il prossimo anno a causa dei numerosi interventi fisioterapici: gli infortuni più frequenti che Zasa ed il suo staff gestiscono, infatti, sono quelli che colpiscono spalla, piede, caviglia, clavicola, mano e polso dei piloti. E mentre questi ‘eroi’ gareggiano per la vittoria, il dottor Zasa e colleghi ‘corrono’ su e giù per il paddock per aiutarli in qualunque momento: “Quando le cose vanno bene facciamo circa 300 interventi di fisioterapia e 120 di medicina generale a weekend, quando vanno male ne facciamo rispettivamente circa 460 e 130-140″; e anche se “in moto si cade sempre e capita di farsi male”, negli ultimi 10-15 anni sono state compiute grandi migliorie su tute, stivali, guanti e caschi garantendo una sempre più progressiva sicurezza ai piloti e riducendo sensibilmente il tasso di mortalità in pista.

Per quanto accaduto a Simoncelli durante il Gran Premio della Malesia nel 2011, per Zasa e colleghi non solo il peso medico è stato considerevole ma anche quello umano: “All’epoca non ero presente in pista, ma mi trovavo al centro medico. Nei momenti critici si cerca di mantenere la massima lucidità e di procedere come automi ma in quel caso, quando non c’è stato più nulla da fare, mi ha preso un grande sconforto”.
Il rapporto che si instaura fra medico e piloti è delicato: gli ingredienti fondamentali sono la fiducia e la massima disponibilità. I membri della Clinica fungono da ‘psicologi’ dei piloti, e per ottenere tale grado di intimità è ovvio che la figura del medico assuma una connotazione ancora più privata. Zasa chiarisce la natura di questa ‘famiglia’: “Il paddock è un piccolo villaggio di 2000 persone e la disponibilità della Clinica è massima nei confronti di tutti, dal campione di MotoGp al cuoco o al meccanico, e questo i ragazzi lo notano e lo apprezzano”.
Per quanto riguarda, invece, il rapporto con i media Zasa spiega: “Non è semplice da gestire. Il nostro ruolo non ci permette di dare notizie relative alla privacy del pilota, prima di tutto per deontologia, e poi per obblighi contrattuali concordati con società importanti (prima fra tutte Dorn, che organizza il motomondiale), per cui dobbiamo stare attenti. È una situazione che vivo tranquillamente, in fondo basta avere buon senso e chiedere sempre il permesso ai piloti prima di rilasciare dichiarazioni”.

La Clinica Mobile parla parmigiano: il gruppo di specialisti che raccoglie comprende lombardi, romani, soprattutto emiliani, ma fondamentalmente la Clinica è parmigiana: “Per noi è una soddisfazione e anche una responsabilità, perché comunque rappresenti l’immagine di una città che – nonostante qualche parentesi negativa legata alle vicissitudini degli ultimi anni – è fatta di grandi eccellenze, e devi tenerne alto il nome, sperando anche che dalle realtà imprenditoriali e dalla popolazione di Parma cresca la curiosità verso di noi e il mondo delle moto”.

 

PROGETTI FUTURI – Un servizio di elisoccorso durante il periodo inglese, nel bel mezzo della campagna e con la neve che inizia a cadere; un congresso a Montecarlo in compagnia del professor Casati, che definisce il suo maestro, scomparso nel 2007; il tragitto in aereo da Barcellona verso il circuito di Assen, in gran segreto, con Jorge Lorenzo dopo l’infortunio, per permettergli di ‘provarci ancora’: sono queste le tre immagini con cui il dottor Zasa sceglie di descrivere la sua carriera fino a questo momento, nonostante il suo sguardo sia costantemente rivolto al futuro. “C’è ancora tanto da fare per proseguire bene come abbiamo fatto quest’anno”, aggiunge. “La volontà è quella di assumere personalmente le redini di alcune attività sia in MotoGP sia in Super Bike, ma il linea di massima siamo sulla buona strada. L’ideale sarebbe seguire la salute e la tutela del pilota fin dalle fasi iniziali e non solo quando si infortuna o quando gli viene un raffreddore; è logico che questi ragazzi sono tutti seguiti dal loro staff personale, ma avere un nostro raccordo che dialoga con quest’ultimo potrebbe essere utile: visite medico-sportive, esami del sangue, consulenze alimentari e quant’altro ci aiuterebbero.”

Il legame più forte della Clinica Mobile resta quello instaurato con la MotoGP e la SuperBike, nonostante siano arrivate proposte per aprirsi ad altri sport: “Sono da valutare, ma il nostro cuore resta legato lì”, conclude Zasa, confermando la celebre frase del dottor Costa che descriveva così la sua Clinica Mobile: “Questa clinica è la casa che abbiamo donato agli eroi del mondo mitologico del motociclismo”.

 

di Elena D’Avino, Darika Fuochi, Marica Musumarra, Francesca Ponchielli

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