Fogliazza: “È un privilegio spendere il mio tempo facendo quello che amo”

PADRE A TEMPO PIENO E VIGNETTISTA: GIANLUCA FOGLIA RACCONTA LA BELLEZZA DEL SUO MONDO A DISEGNI

Gianluca Foglia, classe 1971 come lui stesso specifica ironicamente, quasi fosse un brand, è innanzitutto marito e papà a tempo pieno di due bambini. “Essere padre è la cosa più bella che mi sia capitata nella vita, dai miei figli imparo ogni cosa”, confessa Fogliazza, nome con cui Gianluca è conosciuto nel mondo delle vignette e non solo. Le sue giornate hanno il ritmo della lentezza che i suoi figli gli hanno insegnato tra colazioni familiari, silenzi ristoratori, passeggiate al parco e disegni. “Ho lavorato in fabbrica per anni, ma amo disegnare sin da quand’ero piccolo, ho sempre voluto che un giorno diventasse il mio mestiere” ammette, mentre racconta, chiedendo che gli sia dato del tu, come ha fatto a realizzare questo sogno e quali sono i suoi progetti presenti e futuri.

Da dove è nato il tuo soprannome e quanto c’è di Gianluca in Fogliazza?

“Il nome Fogliazza è nato in fabbrica: è stato lì che i miei colleghi mi hanno dato questo appellativo, in senso affettivo e non dispregiativo. Questo mi ricorda ogni volta che non bisogna mai prendersi troppo sul serio nella vita. Gianluca Foglia e Fogliazza sono la stessa persona. Il secondo, ovviamente, lo uso per motivi di marketing, perchè funziona sicuramente meglio: Fogliazza, 1971. Suona bene, no?”

FogliazzaRaccontaci: qual è la giornata tipo di un vignettista? E soprattutto, si può vivere ‘dignitosamente’ disegnando?

Io faccio il papà a tempo pieno, poi disegno. Di solito mi sveglio presto, godo di una mezz’ora di assoluto silenzio e preparo la colazione per i miei due figli che poi vanno a scuola. Loro hanno già imparato a riconoscere che il lunedì è un giorno particolare, in cui bisogna lasciarsi alle spalle la tranquillità del fine settimana per ricominciare. Dopo la colazione li accompagno a scuola e torno a lavorare. Il mio lavoro mi permette di avere orari abbastanza flessibili e rimandare il rimandabile. Ad esempio lavoro al mattino, ma quando i bambini tornano a casa il mio tempo lo dedico a loro, per poi riprendere dopo cena; questo ovviamente non vale per quei momenti in cui ho delle scadenze e quindi tempi più stretti. Non ‘campo’ di sole vignette, campo di disegno declinato in diverse forme.”

A proposito dei tuoi figli: quanto ti ispirano nel disegnare e da dove trai di solito ispirazione per i tuoi lavori?

“I miei figli così come i loro amici: mi ispirano quasi nella totalità. Loro mi danno il ritmo della vita, mi hanno insegnato il bello della lentezza. Mi ispirano molto perché dai bambini costantemente vengono fuori pillole di saggezza: basta soltanto ascoltarli, osservarli, capire le domande che fanno. Io senza i bambini sarei sicuramente perso.”

Quando è nata la passione per il disegno? E come hai iniziato a disegnare vignette?

“Ho un ricordo di quando alle elementari tutte le mattine avevo la necessità di mettermi a disegnare in classe. La mia maestra aveva colto che per me era una necessità e mi lasciava finire concedendomi tre o quattro minuti in più per terminare e poi iniziare la lezione. Ho iniziato con le caricature, disegnavo sulle magliette dei miei compagni copiando i personaggi dei fumetti che leggevo. Mi dava soddisfazione, apprezzavo molto la lentezza che mi concedeva. Ho continuato a disegnare perché non avevo voglia di lavorare e speravo di fare questo come mestiere. Inizialmente avrei voluto fare lo scrittore: da ragazzo ho letto molto di Kundera e credevo che potesse bastare per fare di me uno scrittore. Ovviamente sbagliavo. Così ho iniziato a lavorare in fabbrica e ho anche fatto il facchino per un po’. La passione però non è mai scomparsa.”

Quanto c’è di te nelle tue vignette? A volte il disegno sembra un autoritratto, in base a cosa scegli di cosa disegnare e se ‘esporti’ direttamente o meno?fogliazza2

“Innanzitutto a me interessano più i temi sociali che politici. Mi interessa molto più la realtà locale perché mi riguarda: questa è la città in cui sono nato e in cui vivo da sempre e spesso quando ne parlo ne divento protagonista. Poi ovviamente non ci vuole molto ad individuare temi per cui è necessario andare oltreoceano, come relativamente alla elezioni di Trump: proprio stamattina ho disegnato una vignetta che lo vede con Putin ad un barbecue e arrostiscono la colomba della pace. Rappresentare me stesso mi aiuta ad essere quello che sono: normale. Che bisogno c’è di inventare qualcosa quando la realtà va già bene così com’è? Il mio slogan è ‘Lei non sa chi sarò io’: è un concetto che non può essere smentito e che è molto ottimistico.”

Come vedi l’evoluzione del fumetto oggi? Ad esempio Zerocalcare, così come Gipi, hanno reso popolare il genere avvicinandolo al mondo del romanzo. Cosa ne pensi?

“A me piace sottolineare che un maestro come Will Eisner ha creato l’espressione ‘arte sequenziale’ per dare nobiltà al fumetto, mentre in Italia si continua a parlare di trama del fumetto. Poi è successo che personaggi come Zerocalcare sono riusciti ad allargare il pubblico di riferimento e restituire una storia che è di tutti. Nel caso specifico di Zerocalcare e del suo Kobane Calling, è stato molto emozionante trovare un capitolo sull’Oltretorrente di Parma, che è casa. Mi ha ricordato la nostra storia. Io spero che questi non siano casi isolati. Certo è che la cultura diffusa non agevola molto la comprensione del talento narrato attraverso i disegni. Ci sono troppi libri in giro, troppe pubblicazioni, festival… questo non aiuta un talento ad emergere. Ma non è il caso di Zerocalcare che per fortuna ci è riuscito.”

Secondo te quanto i social hanno agevolato la diffusione del fumetto? Come hai detto tu stesso internet ha concesso a tutti un palcoscenico: questo è sempre positivo?

“Restando su Zerocalcare posso fare un esempio emblematico. Internet è un mondo virtuale, quello che conta sono le fondamenta della vita reale vissuta nel mentre. Se tu non passi prima dal reale è difficile arrivare alla gente così come ha fatto lui, che da Rebibia a Kobane ha raccontato storie di gente vera. Arrivare sui social è una conseguenza, è un’esplosione, ma tutto ciò che c’è su internet esiste già nella realtà ed è questo che conta.”

La satira può essere considerata oggi un mezzo efficace per ‘denunciare’ la politica? Ad esempio, il caso
Trump ha dimostrato che nonostante la satira sia stata spietata nei suoi confronti, è comunque stato eletto presidente.

“Credo che il problema sia che le cose non sono più incisive come un tempo. Soprattutto è cambiato il modo di confrontarsi. Questo ha modificato il nostro stile di vita perché la rapidità rende tutto meno duraturo, meno penetrante. Come un acquazzone su una montagna: scivola via. Citando la Bibbia, non si è più abituati a ‘mettere a riposo i campi per farli crescere’. Così è anche per la satira, temo: ad alcune idee non si dà il tempo di ‘decantare’ e non riescono più ad emergere perché le proposte sono troppe e si susseguono rapidamente.”

Hai mai avuto problemi per una vignetta?

“Sono sempre stato molto attento, mi sono sempre fatto molti scrupoli: se un’idea la si può esprimere senza scadere nel volgare è così che va fatto. Mi è capitato, però, di avere dei riscontri spiacevoli. Qualche anno fa collaboravo con Polis Quotidiano ed era appena cambiato il direttore del giornale, quando Vignali è diventato sindaco. Dopo aver disegnato una vignetta su di lui, sono stato convocato e ripreso perché la vignetta in questione era ritenuta troppo volgare. Ovviamente io ho spiegato che la volgarità non era e non è nel mio stile, ma che come autore satirico ho il dovere di attaccare il potere quando necessario. Anni fa ho disegnato per la campagna elettorale di Pizzarotti, realizzando vignette gratuitamente per loro. Il mio errore è stato non accattare il potere in quel caso, perché ad oggi, quando mi trovo a criticare il Movimento, diventato Effetto Parma, avverto un forte senso di antipatia nei miei confronti. Per cui anni fa quella vignetta sancì la rottura di una collaborazione duratura ed oggi vengo ancora criticato per la mia satira politica.”

Di recente è stato a Parma il presidente del Consiglio Matteo Renzi e tu hai commentato la sua visita con una vignetta: in base a cosa decidi su quali elementi fare leva nel urlo fogliazzamomento in cui devi disegnare?

“Il processo creativo nel mio caso deve tenere conto di diverse situazioni: i bambini sono a scuola? Mia moglie ha bisogno di me? La mia famiglia? Ecco, in base alla situazione cambiano i tempi: una buona vignetta può nascere in un minuto, a volte in molto più tempo, altre ancora l’idea viene accantonata perché non funziona. Nel caso di Renzi ho scelto di rappresentare me stesso perché la situazione mi era vicina, con accanto un bambino (compagno di classe di mio figlio). La prima bozza, quando l’ho riguardata dopo appena cinque minuti, non mi ha soddisfatto. Non basta fare riferimento ad una notizia che in quel momento è in voga, bisogna trovare la giusta chiave di lettura: così ho disegnato l’urlo di Munch come reazione alla visita di Renzi a Parma e l’idea mi è sembrata vincente.”

Oggi invece a quali progetti stai lavorando?

“A diversi progetti. Ho imparato però negli anni a non avere paura nè del sovraccarico nè dei momenti vuoti che inevitabilmente arrivano e durante i quali è utile riaprire vecchi cassetti e rispolverare idee. Di recente ho portato avanti nella scuola dei miei figli il progetto ministeriale ‘Libriamoci’: ho diviso i bambini in gruppi e assegnato loro un numero, così mentre leggevo toccava a loro improvvisare una colonna sonora ad hoc quando interpellati. Lavorare con i bambini è bellissimo e spontaneo. Poi al Ridotto del Teatro Regio parteciperò al ‘ParmaJazz Frontiere Festival’ con quattro straordinari strumentisti, tra cui cito solo il batterista Oscar Abelli, che suoneranno jazz mentre io disegnerò un po’ per ripicca, fingendomi disturbato da loro. Poi ci sono i progetti di teatro civile, sempre coi bambini, e molti lavori a titolo gratuito come quello con i ragazzi di ArtLab per la cui squadra di calcio antirazzista ho fatto uno striscione. Poi c’è anche il nuovo progetto con Maurizio Chierici e Fabio Manenti, ‘Per fortuna sono bianco‘: giornale online pubblicato su Facebook, per cui disegno una vignetta o anche più, praticamente ogni mattina.”

Ad oggi, te la sentiresti di consigliare a un bambino o un ragazzo che ha la passione per il disegno di perseverare con l’intento anche di farne un lavoro o può essere solo un hobby?

“Io consiglierei a chiunque di lottare per i propri desideri. Che sia disegnare, aprire un bar, fare il parrucchiere… insomma, qualsiasi cosa sia, bisogna tener presente che il lavoro occupa la maggior parte del tuo tempo, quindi è un privilegio poterlo spendere facendo quello che ami. Ad oggi posso dire che la vita di ognuno deve essere il più vicino possibile a quelli che sono i propri sogni: la mia è anche meglio.”

di Fiorella Di Cillo, Felicia Vinciguerra

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