Sondaggi elettorali: dove e perché sbagliano

SOTTO ACCUSA DOPO I FLOP PER LA BREXIT ED ELEZIONI USA. COSA ASPETTARSI PER IL REFERENDUM COSTITUZIONALE?

elettori alle urneTempo di campagne elettorali, tempo di sondaggi. Numeri e statistiche invadono giornali, tv e siti per intere settimane, prevedono nomi, prefigurano i dati attesi. Eppure, fosse stato per i sondaggi, Hillary Clinton sarebbe l’attuale presidente americano, la Gran Bretagna non penserebbe di uscire dall’Europa, il Movimento Cinque Stelle non avrebbe invaso il Parlamento italiano dopo le elezioni del 2013. Previsioni sconfessate che lasciano – non poco – perplessa l’opinione pubblica.

COME FUNZIONANO – I sondaggi contribuiscono a rendere ‘permanente’ una campagna elettorale. Con lo spazio acquisito spopolano in rete, sui giornali, in tv e oggi rappresentano uno dei principali strumenti del marketing politico. “Il pregio di un sondaggio – spiega Luca Sabatini, docente di statistica e sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Università di Parma – è quello di essere molto meno costoso (in termini economici e di tempo) di un censimento: se un sondaggio su 1000 casi (persone) si può concludere in 2/3 giorni, il censimento di una nazione si può protrarre anche per un intero anno”.  Il sondaggio è, ad oggi, il modo più veloce di connettere realtà e percezione.
“Ce ne sono di diversi tipi – aggiunge Paolo Ferrandi, docente e giornalista de La Gazzetta di Parma – ognuno realizzato per rilevare un diverso contenuto informativo, necessario per poter meglio condurre e impostare una campagna elettorale”. Il Benchmarkin è quello condotto subito prima o subito dopo l’annuncio di una candidatura e ha lo scopo di identificare il potenziale elettorato. Il sondaggio follow-up viene condotto durante una campagna elettorale allo scopo di verificare il gradimento ottenuto da una certa proposta e l’efficacia del messaggio. I tracking polls, infine, sono sondaggi condotti a intervalli regolari per tutta la durata della campagna.

sondaggio elezioni usa 2016DOVE SBAGLIANO – Eppure le aspettative vengono deluse e succede sempre più spesso che i sondaggi non prevedono più. Dove sbagliano? “Qui abbiamo parecchie variabili che remano contro – osserva Sabatini – La prima riguarda la frammentazione dei mezzi di comunicazione tra le persone. Fino a vent’anni fa esisteva solo la telefonia residenziale: tutti gli abbonati erano presenti sugli elenchi del telefono e la copertura della popolazione era assicurata (o quasi). Con l’introduzione della telefonia mobile e di internet, la possibilità di raggiungere le persone pur essendo teoricamente cresciuta, per gli istituti di ricerca è drammaticamente diminuita (e diventata più costosa)”. Dunque troppo spesso i sondaggi raggiungono solo chi è disponibile a rispondere alla telefonata a casa, rappresentando così solo una fetta dell’elettorato, un campione non rappresentativo della popolazione. Può accadere inoltre che i rilevamenti siano resi inattendibili dalla tendenza degli elettori a cambiare idea all’ultimo momento o dalla decisione di non recarsi al seggio dopo aver accettato di indicare la propria scelta. “In parte si tratta di un fenomeno recente – continua Sabatini – in parte è amplificato dalla presenza costante di sondaggi sui mass media che inevitabilmente portano a una gran confusione tra i non addetti ai lavori”. Per il docente, quello della stampa è un uso “bulimico e schizofrenico” dei sondaggi: “Ne abusa, poi li sconfessa e torna nuovamente ad abusarne. Un paradossale circolo vizioso”.

IL RUOLO DEI SONDAGGI NELLA STAMPA – “Per i giornalisti – spiega Ferrandi – il sondaggio assume una funzione ancora più significativa: uno dei frame più utilizzati per fare articoli durante una campagna elettorale è quello degli horse race (‘corsa dei cavalli’), secondo il quale le elezioni consistono nella gara tra i diversi contendenti. Quindi sapere chi è in testa è molto utile: per i giornalisti diventa una news“. Tramite questi schemi narrativi, precostituiti in frames, si riesce ad attrarre l’attenzione del pubblico. Quello della corsa dei cavalli si basa su un approccio personalizzato alla politica: i candidati sono più ‘facili’ da comprendere, meno astratti delle ideologie. In due parole, si vendono meglio. “E’ un vero e proprio genere giornalistico – continua il giornalista de La Gazzetta – la stampa costruisce una narrativa sul sondaggio, anche a livello sociologico”. E’ plausibile supporre, dunque, che il fattore personale sia diventato centrale nella scelta di voto dei cittadini perché su di esso i mass media forniscono un’enorme mole di informazioni.
“Utilizzare dati e tabelle va sempre più di moda: è il fenomeno del data journalism“, osserva Ferrandi. Vere e proprie inchieste giornalistiche portate avanti con il rigore del metodo scientifico, realizzate con gli strumenti della matematica, della statistica e delle scienze sociali e comportamentali, che sono applicate alla pratica del giornalismo. Si basa sull’utilizzo di grandi quantità di dati, sia di nuova acquisizione che già disponibili, e si riferisce a ogni parte del processo di stesura di un articolo: dalla ricerca di informazioni all’invio di e-mail per effettuare sondaggi. Così funziona la teoria, ma nel panorama del giornalismo italiano, che uso si fa di questi strumenti? “I giornali italiani, in realtà, non investono abbastanza nella ricerca di dati statistici e nella formulazione di sondaggi“, conclude però Ferrandi.

IL FUTURO DEI SONDAGGI – Dati gli ultimi flop, in cui i dati previsti si sono rivelati diversi da quelli reali, il maggiore scetticismo da parte dell’opinione pubblica nei confronti dei sondaggi potrebbe cambiare il ruolo che essi hanno per la stampa. “Potrebbe accadere – commenta Ferrandi – ma non nel breve termine. La stampa dovrebbe porre l’attenzione sul margine di errore di un sondaggio e non darlo come una notizia certa: questo comporterebbe anche una maggiore autorevolezza della notizia”. Una questione di chiarezza, in fondo. Una comunicazione più limpida, che non tratti i dati attesi come dati già certi. “Trump non aveva tutti i torti a mettere sotto accusa la stampa – osserva Ferrandi -: i sondaggi lo hanno sempre dato per sconfitto e questo avrebbe potuto influenzare il parere degli indecisi. Ma la tecnica del vittimismo ha in realtà giocato a suo favore“. Perché lui alla fine le elezioni le ha vinte sul serio. E, stando ai dati attesi, nessuno era riuscito a prevederlo. Avverrà lo stesso con il referendum costituzionale del 4 dicembre? “É tutto da scoprire. I sondaggi danno il vantaggio per il ‘no’, ma come sempre bisogna considerare una serie di fattori che potrebbero cambiare le carte in tavola“, commenta poi Ferrandi. Quali sono questi fattori? “Il numero degli indecisi, ad esempio, risulta ancora oggi molto alto, quindi questo potrebbe comportare un capovolgimento del risultato: avere le opinioni degli indecisi, in un sondaggio, è sempre distorcente. Un altro fattore determinante potrebbe essere quello del voto degli italiani all’estero, negli ultimi giorni un tema scottante ma di cui i sondaggi non tengono conto”. Insomma, nonostante le previsioni, ci si deve aspettare di tutto. “Prudentemente – spiega Sabatini – nel periodo del ‘silenzio’ imposto dalla legge sulla par condicio (che parte due settimane prima del voto) i sondaggisti hanno iniziato a mettere le mani avanti sostenendo che il margine si sta riducendo. In sostanza, se vince il no ci avevano azzeccato, se vince il sì lo avevano previsto negli ultimi giorni. Un nuovo miracolo italiano”. 

 

di Vincenza Di Lecce

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