Ossessione tv: quando la dipendenza è ‘seriale’

NETFLIX, STREAMING E MARATONE. GUARDARE SERIE NON È PIÙ UN PASSATEMPO

Penny serie tvC’è chi si allena tutto l’anno per affrontare la maratona di New York e chi invece la maratona la corre per mestiere, durante le gare di atletica leggera. E poi c’è chi per affrontare una maratona ha bisogno solo di un computer, una connessione internet decente e magari bibite e cibo. E via al Binge Watching.
Cos’è? E’ la pratica del guardare più episodi di una serie televisiva in rapida successione; da qui l’utilizzo del termine ‘binge’, che in inglese indica l’impulso irrefrenabile ad assumere velocemente grandi quantità di cibo, l’anticamera a una vera e propria dipendenza.
Non molto tempo fa il New York Times ha pubblicato gli studi del dipartimento di ricerca del FX Network nei quali si attesta che nel 2015 sono state circa 409 le nuove serie televisive scritturate tra televisione, via cavo e servizi online: un numero sempre in crescita. Così come quello dei fan, a volte letteralmente ossessionati.

gilmore-girlsSINTOMATOLOGIA DI UNA DIPENDENZA – Viviamo un’attualità frettolosa fatta di passatempi che diventano esigenze impellenti. E’ il caso delle serie tv: secondo una statistica rilasciata da Netflix, circa il 70% delle persone che raggiungono un episodio-chiave completano poi la visione dell’intera stagione. Ci vogliono almeno dai 2 ai 6 episodi per creare un’empatia affettiva verso i personaggi di una serie e da lì diventarne dipendenti. Secondo i ricercatori Kubey e Csikszentmihalyi autori di un libro a riguardo già nel lontano 2003, chi trascorre più di 4 ore al giorno davanti alla tv, o in questo caso davanti al pc, sviluppa sintomi molto simili a quelli di chi abusa di alcol, sostanze o ha altri tipi di dipendenze con conseguenti importanti conseguenze sul piano sociale, personale e lavorativo.
Specie sui giovani: “Nel periodo che va dalla pubertà ai 20 anni – sostiene la dott.ssa Roberta Carbone, psicologa-psicoterapeuta cognitivo-comportamentale – si presentano cambiamenti sostanziali e sistematici del funzionamento del cervello, particolarmente sensibile agli stimoli provenienti dall’ambiente. Mi è capitato di incontrare ragazzi e adulti che rimanevano spesso svegli fino a notte inoltrata davanti alla tv per vedere numerosi episodi della loro serie preferita. Il piccolo schermo si è imposto a tutti gli effetti come una sorta di agenzia di educazione, in grado di condizionare l’apprendimento di norme, valori e modelli. L’individuo riduce drasticamente le attività di svago alternative alla televisione, diminuiscono le interazioni sociali, compare una sorta di crisi d’astinenza accompagnata da irritabilità e nervosismo se si è impossibilitati a guardare la tv, si presenta confusione tra realtà e finzione televisiva.”

Quello che succede è molto semplice: i personaggi della serie tv prescelta diventano veri e propri amici con cui condividere gioie, dolori (basti pensare a una qualsiasi puntata di Black Mirror che da tre stagioni fornisce materiale di riflessione per settimane) e lutti (come nel caso di Game of Thrones o The Walking Dead che hanno educato i propri fan a soffrire spesso e in silenzio). Intanto la vita reale si allontana sempre di più perché si è più impegnati a calcolare i momenti della giornata da dedicare al recupero di puntate appena uscite o lasciate indietro. L’unità del tempo diventano i 40 minuti circa di un episodio.
Subentra poi l’insensata eccitazione dovuta all’uscita di una nuova puntata e il terrore degli spoiler, considerati peccato mortale nonché motivo per mettere fine a un’amicizia, fino alla depressione dovuta alla cancellazione di una serie. Ma perchè questo legame ossessivo? Colpa – o merito, dipende da che lato la si guardi – di una tecnica sempre più usata dagli sceneggiatori: il cliffhanger, o più tradizionalmente ‘colpo di scena‘, proprio sul finale che sarà risolto e completamente svelato solo nella puntata successiva, lasciando lo spettatore a una sofferente attesa. Come in amore, un po’ bisogna patire.

Serie-tvFEBBRE DA SOTTOTITOLI – “Io (Elposa) e Fawed – i nickname dei gestori del sito Subspedia, che si occupa di sottotitolare in italiano le serie tv d’oltreoceano e non solo – abbiamo deciso di fondare il nostro sito nell’ottobre del 2011 perché ci
piaceva sottotitolare. Neanche nelle nostre più rosee aspettative credevamo di raggiungere questo numero di follower: quasi 74.000 su Facebook!
Seguiamo le dirette solo come semplici fan. L’indomani mattina accediamo alla puntata in lingua originale e ci lavoriamo. Siamo circa 250 a gestire la piattaforma. Le più scaricate, e lo dico avendo davanti il numero di download totali delle serie che facciamo, sono: al primo posto Grey’s Anatomy, al secondo Pretty Little Liars e al terzo How to Get Away With Murder“.
Ma qual è il rapporto che si crea con chi usufruisce del sito? “Spesso ci capita di ricevere messaggi in cui fan poco pazienti che se la prendono con noi perché credono che ci siano serie con alta priorità e altre con bassa priorità: non è affatto così. Ogni serie dipende dal suo revisore: ad esempio se il revisore di una serie ha un esame e non può rilasciare i subs prima di una determinata ora, è giusto che lo si rispetti. Una volta c’erano meno serie tv . Ora i siti americani ci mostrano trailer, trame, foto che suscitano un’elevata curiosità e giustamente (e fortunatamente!) noi dobbiamo e possiamo soddisfare questa curiosità che poi si trasforma quasi sempre in passione sfegatata se non qualcosa di più.”

“ABBIAMO UN SACCO DI SERIE IN COMUNE” – Socialmente parlando, però, non è tutto così negativo come potrebbe friends-serietvsembrare: un altro fenomeno in diffusione è la cosìddetta ‘tele-amicizia‘: quel legame quasi istantaneo che si instaura tra due persone che hanno in comune l’amore per una o più serie televisive. E’ la storia di come il ‘cosa fai nella vita?’ sia stato brutalmente sostituito dal ‘quali serie tv guardi?’.
Quando l’esperienza ‘seriale’ viene condivisa, si arricchisce inoltre di un aspetto ludico e di un senso di scambio e partecipazione ad attività comuni: battibecchi competitivi, congetture e previsioni. Durante queste accese discussioni sui Sette regni, i vichinghi, o le sfacciate detenute vestite d’arancione, si amalgamano elementi immaginari con frammenti di vita vissuta, ricavando schemi di azione e strategie di sopravvivenza adattabili al proprio mondo di riferimento. Tutto intorno comincia ad assomigliare alle immagini viste sul piccolo schermo ma stabilire che queste forniscano o meno modelli di comportamento adeguati per il mondo dell’esperienza attuale, è una questione tutt’altro che scontata.

 

di Fiorella Di Cillo

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