Barbara Barbieri: “Non vorrei stare in nessun altro posto se non qui, nella mia cucina musicale”

IMPEGNATA NEL SOCIALE, 'OPERAIA DELLA MUSICA', DIRETTORE ARTISTICO E TITOLARE DELLO SHAKESPEARE

Un sorriso accogliente e un tatuaggio in testa. Ecco le prime cose che colpiscono della cantante Barbara Barbieri quando apre le porte dello Shakespeare Live Restaurant Cafè, di cui è direttore artistico dal 2012 e da poco anche titolare. Originaria di Monza, Barbara è arrivata a Parma nel 2004, in un momento delicato della sua vita in cui aveva smesso di cantare. “L’esperienza di Sanremo mi ha fatto conoscere una parte del mondo musicale che non mi piaceva e piuttosto che lamentarmi ne sono uscita -racconta-. Da lì è partita una ricerca interiore e un giorno mi sono guardata allo specchio e mi sono chiesta: ‘Ma tu, Bibì, cosa vuoi fare nella vita? Vuoi cantare o vuoi diventare ricca e famosa?”E così Bibì, come la chiamano gli amici e il suo compagno, ha scelto di cantare, perchè diventare famosi non è una scelta soggettiva, dipende da qualcun altro. “Mi sono sempre definita un’operaia della musica, spesso ho preferito lavorare piuttosto che fare provini o apparizioni in tv. Ed ecco che sono arrivata qui, allo Shakespeare.” Ed è proprio questo il posto in cui si trova ogni giorno a pranzare, in quella che lei stessa definisce la sua ‘cucina musicale‘.

barbara barbieri shakeTi piace cucinare?

Invidio molto chi sa lavorare con le mani. Io non so farlo, potrei far danni in questa cucina (sorride). Però sono fortunata, perché qui posso godere degli chef che ci lavorano: amo la cucina ‘handmade’, fatta di cose semplici ma di sostanza, di passione e genuinità“.

Parliamo di te come cantante: sei una professionista e vivi del tuo lavoro. Quando è nata la passione per il canto?

“In realtà non lo so. Credo sia nata con me: mia madre dice che cantavo fin da piccolissima. Poi, senza neanche scegliere, mi sono trovata nel coro della chiesa evangelica che frequentavo. All’età di 18 anni, quando era ormai diffuso il karaoke, ho iniziato a cantare in compagnia, ma non avevo immaginato quello che sarebbe successo dopo. Ho sempre avuto molta difficoltà ad approcciarmi alla gente anche per via del mio aspetto particolare, ma ne ho sempre avuto una gran voglia. E’ successo per caso, ad un certo punto la musica ha preso il sopravvento nella mia vita e io gliel’ho lasciato fare. E’ diventato il mio lavoro, ma, come dico sempre, il mio lavoro bello”.

Ci sono diversi modi di far musica e tu non hai scelto il palcoscenico, ma gli spazi dello Shakespeare per esibirti. Credi sia questa la tua dimensione o punti a diventare famosa?

“Te lo dico sinceramente: io oggi sono molto felice e appagata. Lo Shakespeare è diventato il mio mondo completo, perchè qui c’è la musica, il buon cibo, il buon bere e la gente. Tutte cose che amo. E’ un micromondo perfetto e non avrei potuto desiderare di più. Sai che non esiste un altro posto in cui vorrei stare? Ad oggi diventare famosa significherebbe lasciare tutto questo. E io non voglio farlo, non voglio rinunciare alla mia vita”.

Togliamo il tuo ruolo da direttore artistico, togliamo anche quello da imprenditrice: si vive di sola musica?

“Bella domanda, io ho vissuto di sola musica per vent’anni. Tutt’oggi lo faccio ancora, anche se non è più il mio lavoro primario. Secondo me è importante essere critici verso se stessi, io per esempio sono andata a lavorare per tutti in qualsiasi posto mi abbiano chiamato. E’ difficile oggi sostenersi e vivere di sola musica per via della burocrazia fiscale, che rende tutto così complicato. Si è un po’ artisti, un po’ liberi professionisti: ecco, mi piacerebbe che dal punto di vista fiscale fosse più semplice”.

Dopo l’uscita di ‘Caramelle al veleno’ non hai scritto altri pezzi. Come mai hai smesso? A quale dei tuoi pezzi sei particolarmente legata? 

“Ho scritto l’ultima canzone, ‘Caramelle al veleno’, che dà il titolo all’album e ad un progetto che porto nelle scuole, e sono molto legata a questo pezzo. C’è un rapporto di odio/amore che mi ricorda sempre chi sono stata e mi contrappone a quella che sono oggi. E’ una canzone che ho scritto in un momento delicato, in cui non stavo bene, ma oggi la riascolto spesso perchè mi rappresenta e mi tiene in guardia: non sono più quella Barbara, soffrivo di disordini alimentari che mi hanno portato al sovrappeso e questo pezzo è il simbolo di quello che potrei essere e che non vorrei più essere. Perchè ho smesso di scrivere? Non mi piaceva più quello che scrivevo, perchè obbligare la gente ad ascoltare qualcosa che non piace neanche a me?”

Sei impegnata nel sociale e parlavi di un progetto legato alle scuole. Di cosa si tratta?barbieri barbara

“Di un progetto che amo molto e che mi ha fatto crescere, un recital dove parlo delle dipendenze attraverso la musica. Penso che la musica abbia un fortissimo potere comunicativo e riesce a toccare ogni sensazione: spirituale, fisica, uditiva, visiva. La musica è potente. Domenica scorsa, per esempio, abbiamo fatto questo spettacolo qui allo Shakespeare: vedere persone attente e silenziose che condividevano un pensiero e che poi hanno continuato a parlare di questa cosa mi ha fatto sentire utile. Credo che non ci sia cosa più bella e soddisfacente”.

Prima hai fatto riferimento al passato e a momenti delicati della tua vita: chi era Barbara prima e chi è adesso?

“Prima era una ragazza e una bambina molto insicura, spaesata, che si sentiva diversa dagli altri. Sono nata con questa patologia ai capelli. Quella Barbara c’è ancora ma è consapevole di essere originale. Provo molto affetto e stima per me stessa, spiritualmente sono sempre io, sono sempre stata gentile, dolce, e a differenza di prima mi lascio cadere nella culla degli errori senza essere troppo cattiva. Oggi sono sicuramente più sicura e quindi più serena“.

Quanto ti ha aiutato la musica in questo percorso di crescita?

“Totalmente. Devo tutto alla musica, mi ha insegnato a farmi conoscere dagli altri, cosa che prima mi faceva paura. Grazie al progetto ‘Caramelle al veleno’ mi sono confrontata con un’età, l’adolescenza, che mi ha fatto molto male. La prima volta che l’ho fatto ho avuto paura per le critiche, che ci sono state tutte, ma poi è nata l’unione tra di noi proprio grazie alla musica. Comunicare con gli altri mi piaceva già tanto, ma la musica mi ha aiutato a farlo senza inibizioni e senza paura. Mi ha permesso di venir fuori e di farmi ascoltare. Poi ci sono persone a cui son piaciuta, altre a cui non sono piaciuta, persone che mi hanno voluto giudicare e altre che mi hanno apprezzato”.

Hai partecipato a Sanremo Giovani. Quanto è cambiato il festival nel tempo, considerando che è stato rimpiazzato dai talent, perdendo un po’ il suo ruolo da trampolino di lancio?

“Mi fai una domanda difficilissima (ride), ma dico quello che penso, così non sbaglio. Credo che i talent siano un bel trampolino di lancio, credo siano sovrasfruttati e sopravvalutati, ma sicuramente hanno un impatto mediatico importantissimo, sono una bella gettata di promozione. La qualità? Non so, ho sentito belle cose e altre un po’ discutibili. E’ comunque una bella vetrina, io lo farei fino a 20-25 anni massimo. Sono stata invitata a fare i provini di X factor e Italia’s got talent ma ho rifiutato, è stata una mia scelta perchè ho costruito qualcosa nella mia realtà che ho piacere di tenermi. In età adulta può diventare un’arma a doppio taglio e spero che i giovani siano più puliti di quello che sembrano”.

barbara barbieri.1Oggi è importante costruirsi un personaggio per non cadere nell’anonimato. Secondo te, quanto questo fa di un cantante un artista?

“A posteriori ti dico tanto. Io stessa penso che se mi fossi resa conto di quanto potesse essere forte e di impatto la mia immagine non ne avrei così sofferto. Me ne sono resa conto tardi, quando la gente per strada mi riconosceva, grazie per esempio alle ospitate da Maurizio Costanzo. Sono orgogliosa della mia testolina pelata: mentre prima cercavo di nasconderla al mondo, oggi mi accarezzo e dico ‘grazie anche a te per quello che sono oggi’. Viviamo in un momento di grande impatto in cui l’immagine è tutto. Se l’artista riesce a conciliarla all’umanità e alla dolcezza credo che abbia vinto”.

Parliamo di te come direttore artistico. A distanza di quattro anni, com’è cambiato lo Shakespeare? E’ il prodotto di come tu concepisci la musica?

“E’ cambiato tanto, prima era un po’ più ingessato, adesso anche con l’arrivo di giovani collaboratori è diventato più positivo e dinamico, ed è cambiato anche nella difficoltà del servizio, perchè quando sono arrivata ho rivoluzionato un po’ tutto. Cerchiamo di soddisfare ogni esigenza e io mi diverto molto. Devo lavorare ancora tanto per far capire a tutti che cos’è questo locale: c’è chi ne ama la parte live, chi il bar, chi la ristorazione. Ma lo Shakespeare è tutto questo ed è difficile farlo capire”.

Qual è il taglio con cui scegli gli artisti da far esibire? Segui più le esigenze del pubblico o i tuoi gusti personali?

“Cerco di non farmi troppo influenzare dai miei gusti, la musica esiste per tutti. La gente qui non sta zitta, ascolta e commenta, per questo ci sono artisti troppo teatrali e discorsivi che per esempio qui non vanno bene. In generale mi piacciono gli artisti che hanno rispetto del luogo, che sanno ad esempio dosare i volumi, che hanno la capacità di dialogare col pubblico. Mi piace chi viene qui col sorriso e sposa un progetto. Chi utilizza questo posto per insegnare musica, farci dei laboratori: questo è lo Shakespeare e il micromondo di cui ti parlavo”.

Qual è il tuo artista preferito all’interno del panorama italiano?

“A me piace tutta la musica italiana, difficile sceglierne uno solo. Mi piace Ligabue per come scrive i testi, la Nannini per la sua capacità di estremizzare alcune note in modo elegante e aggressivo nello stesso tempo. Mi piace Antonacci perchè ha un modo di parlare delle donne dolce e pragmatico. Non ho molta conoscenza dei nuovi artisti, ma sto bene così. Mi piacciono molto alcuni rapper, per esempio Fabri Fibra per la sua capacità di essere fuori dagli schemi, anche se a volte esagera con le parolacce. E poi, ad esempio, non sono molto d’accordo con il filo, passami il termine, decadente. Questo continuo parlare di politica che non funziona, povertà, emarginazione: mi piacerebbe anche sentire qualcosa di più profondo. De André o De Gregori ne dicevano di cose pesanti, però riuscivano ad equilibrare i testi e calibrare le musiche. Ecco, io amo moltissimo Mannarino, riesce a dirti le stesse identiche cose con parole diverse: ‘Me so ‘mbriacato’ è una canzone d’amore, ha il ritmo della ballata, ma non dice mai una volta ‘ti amo’. Se il mio compagno mi dedicasse questa canzone, io sarei felicissima”.

Cosa offre l’esibizione live in più? 

“Sicuramente il contatto col pubblico. Io faccio molta fatica a registrare, perchè mi muovo molto come fossi in un live. Quando canto mi sento nuda, mi piace molto, per me è un godimento dell’anima. L’emozione è sempre diversa, dal vivo sei quello che sei, a volte sei arrabbiata, a volte triste, altre volte malinconica. C’è un filtro ad un certo punto, che è la musica, dove anche la tristezza diventa emozione, dove qualunque cosa lasci va bene, purché provochi un turbamento.”

 

di Felicia Vinciguerra e Jacopo Orlo

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