Chiude il Vivo: “Per un centro slot? No, per carne marcia”

E INTANTO IN VIA D'AZEGLIO UN UOMO RISCHIA DI MORIRE TRA L'INDIFFERENZA

Supermercato VivoVia D’Azeglio è cambiata e continua a cambiare. Alla sera, desolata o quasi mentre appena un anno fa era colma di ragazzi di ogni genere e parte del mondo. E forse anche di giorno, con l’imminente chiusura del supermercato Vivo, tra i luoghi simbolo della via.

CHIUSO PER “CARNE MARCIA” – L’Oltretorrente si prepara a veder sparire un punto di riferimento fondamentale, un servizio che andava incontro a famiglie, studenti e anziani e che  il 24 dicembre chiuderà a discapito di lavoratori e cittadini. Una vigilia triste. Fortemente contrariarti, alcuni residenti hanno organizzato una raccolta firme in favore della permanenza del supermercato. Al banchetto danno l’allarme: “Il Vivo è un servizio importante. La sua mancanza alimenterà il degrado, soprattutto in primavera e in estate andrà sempre peggio. Il quartiere ha zone di spaccio, lo sanno tutti.”
Le motivazioni della chiusura non sono ancora chiare: gira voce di una sua trasformazione in centro slot. Là dove adesso ci sono salumi e verdura potremo vedere cambiamonete e videolottery di ogni genere, peggiorando ulteriormente il presidio sociale della via e la qualità dei suoi frequentatori. Eppure, la voce sarebbe infondata e la verità sarebbe un’altra, perfino peggiore. Un dipendente del supermercato, che preferisce non svelare la sua identità ma la cui testimonianza è ben registrata, rivela infatti: “Si pensa che sorgerà una sala slot perché una volta un investitore cinese aveva pensato di rilevare un bar della zona per metterci le macchinette, qualcuno che lo sapeva ha cominciato a dirlo. Il Vivo ha cominciato a perdere clienti a causa di problemi di gestione. Abbiamo perso tutta la clientela della mattina. Se vendi per un anno della carne marcia è ovvio che i clienti si stufano. C’era il pollo che puzzava. Tu spenderesti i tuoi soldi in un posto che ha il pollo marcio? Il titolare lo sapeva, per un anno ha fatto finta di niente, noi scattavamo le foto e ce le scambiavamo. Lui non ha mai fatto niente.”
Solo un sfogo di frustrazione? Sta di fatto, però, che effettivamente da qualche tempo la macelleria del supermercato risulta chiusa “per nuova gestione”, a voler credere ai cartelli. Anche se appare quantomeno sospetta l’idea di una nuova gestione per un supermercato in chiusura.
Chissà allora se i tanti che hanno firmato la petizione rivorranno “l’inchiostro indietro” nel caso in cui le forze dell’ordine confermassero la gravità della denuncia.

MORIRE D’INDIFFERENZA AL VENERDI’ SERA – Lo scorso 9 dicembre, alle 01.30 circa, nelle vicinanze dell’ormai ex Surfer’s Den, altro punto di riferimento della via perduto, un uomo di mezza età era steso sul marciapiede privo di sensi. Non era il classico clochard; in mano aveva il telefono, collegato a delle cuffie, e il portafogli, al collo una coroncina di fiori come di chi ha fatto baldoria. Forse troppa. La temperatura di quel venerdì sera era particolarmente bassa, circa due gradi, e le mani dell’uomo, abbandonato a se stesso da chissà quanto, erano viola. Steso a terra, contorto dal freddo, faticava a respirare. Lungo la strada passava poca gente, sufficiente però ad aiutarlo, a evitare che morisse di freddo;  eppure quei pochi preferivano ignorarlo. Uno sguardo a qualche metro di distanza e avanti per la loro strada.
Fortunatamente, grazie alla segnalazione di ‘un gruppo di samaritani’ rimasti colpiti da quell’uomo ormai gelido, il 118 è potuto intervenire provvedendo a far sì che tutto si concludesse per il meglio. Logico porsi dei dubbi: se quei ragazzi non avessero dato l’allarme, per quanto tempo sarebbe rimasto lì? La via sempre più vuota e la temperatura sempre più gelida lo avrebbero inghiottito?
Domande che rimandano a una più grande: con la movida decimata dalla celebre ordinanza e l’inverno che incalza, è ancora presente un presidio sociale in via D’Azeglio?

VIADAZEGLIOBYE BYE MOVIDA – La strada si svuota presto, i negozi chiudono e solo le luci degli street food etnici tengono compagnia ai pochi passanti rimasti. A risentire di questa situazione sono soprattutto i baristi, gli stessi investiti dalle tante passate polemiche sulla movida. Qualche anno fa i loro locali accoglievano molti clienti, anche troppi: la strada era affollata al punto da impedire la regolare circolazione stradale. Ed ecco che scatta l’ordinanza fatale.
“Ho iniziato la mia attività nel 2011 e quest’anno sono andato via – racconta Mirko, ex proprietario del Surfer’s Den -. Qua è cambiato molto. Prima era una via popolata, piena di studenti e non solo. Oltretorrente è quartiere storico: il cuore della città. Ha avuto molti alti e bassi. Durante le prime movide c’è stato un periodo particolarmente alto. Mi piaceva molto. Io sono particolarmente legato al quartiere e mi dispiace davvero tanto per la situazione.”
Ma cosa è successo? “Gli affari sono andati male, l’indotto in generale è calato. Non voglio dire che è colpa del Comune o di chissà chi, però se cala l’affluenza della via nei punti focali allora è naturale che cali anche tutto il resto. È fisiologico. Dopo qualche mese dal calo dei punti chiave anche le altre attività hanno visto gli effetti della mancanza di persone. Se la gente vede che la via è vuota si chiede il motivo: perché frequentare una zona desolata quando posso andare in centro o altrove? L’ordinanza del Comune e le proteste dei cittadini hanno influito molto sulle condizioni della via“. E riguardo al futuro: “È impossibile che vada peggio di così, abbiamo toccato il fondo. Ci sarebbe bisogno di qualche iniziativa in più, magari del Comune o dei residenti. Se una cosa la si lascia andar male allora peggiorerà costantemente: in maniera esponenziale. È così con tutto”.

Residenti che però probabilmente non vogliono saperne di organizzare eventi. Non tutti, infatti, si lamentano dell’assenza di movida. C’è chi l’ha mai vista di buon occhio. Questioni di inquinamento sonoro e non solo: “Noi non riusciamo né a guardare la televisione, né a conversare né a dormire – afferma Gabriela Moroni, membro tra i più attivi del Comitato Strada D’Azeglio -. L’Arpa, l’agenzia regionale incaricata del controllo e del monitoraggio dell’ambiente, ha misurato 80 decibel quando le norme ne stabiliscono 45.”
Maria Teresa Boella, altra attivista del Comitato, aggiunge: “Con la movida non riusciamo a condurre una vita normale. Nel senso che non possono svolgere le normali attività domestiche. La movida è una limitazione alla nostra vita, a tal punto che quando è possibile andiamo via da casa. Uscire significa imbattersi in vomito, urina, escrementi di ogni genere. Oltre a bicchieri e bottiglie abbandonate. Tutto quello che accade in un locale non insonorizzato e fuori dallo stesso locale limita la nostra libertà e i nostri diritti”.
Un malcontento esasperato che ha portato 17 residenti a intraprendere le vie legali contro il Comune di Parma. Questi cittadini contestano la mancata gestione del fenomeno ‘movida’ da parte dell’Istituzione e i danni da questa provocati: l’inquinamento sonoro e la svalutazione degli immobili. “Dopo una situazione di disagio che si protrae da tempo – commenta Antonio D’Aloia, avvocato della parte civile e docente di diritto Costituzionale dell’Università di Parma – i cittadini hanno deciso di intraprendere azioni legali nei confronti del Comune. Abbiamo convenuto in giudizio il Comune per evitare la condizione di festa costante della via. Sono problemi che vanno avanti da anni e che hanno dato luogo a una serie di segnalazioni, richieste di intervento, esposti alle autorità competenti e così via. Questa istituzione, in quanto proprietario delle aree pubbliche, è responsabile di tutte le azioni illegittime che avvengono sul suolo pubblico“. Le vie legali sono state intraprese circa un anno fa e la prima udienza era prevista per il 5 aprile, poi slittata a ottobre.
Sono i tempi della giustizia, non sempre in linea con quelli del mondo: se nel frattempo il commercio muore, via D’Azeglio nelle mani di chi resta?

 

di Fabio Manis

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