Dentro gli Usa di Trump: “Paura e confusione ma italiani ben visti”

I NOSTRI IMMIGRATI ITALIANI RACCONTANO LA LORO AMERICA, TRA TIMORI, SPERANZE, ACCUSE, CONSENSO

Trump_signing_order_January_27È la mattina del 27 gennaio e gli aeroporti di tutto il mondo sono in subbuglio: Trump ha firmato un ordine esecutivo che impedisce l’accesso per 90 giorni ai cittadini provenienti da sette Paesi a maggioranza musulmana: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. Chiunque provenga da questi Paesi, anche se possessore della green card, è fermato alla frontiera aeroportuale, o peggio ancora ammanettato, senza sapere quale sarà la sua fine. Il decreto colpisce anche migliaia di richiedenti asilo per 120 giorni e, nel caso dei siriani, per un tempo indefinito.
Ora la situazione si è stabilizzata: venerdì 3 febbraio il giudice federale James Robart di Seattle ha accolto la richiesta degli Stati di Washington e Minnesota bloccando l’ordine esecutivo temporaneamente. Il Dipartimento di Giustizia, con Trump in prima fila, ha presentato ricorso alla corte d’Appello di San Francisco per bloccare l’azione legale: le loro motivazioni non sono sufficienti. Il provvedimento è annullato. Ma Trumppromette già un Muslim Ban 2. Anche l’Italia, con i suoi milioni di espatriati fin dai primi del ‘900, è stata protagonista dell’ascesa della prima potenza mondiale. E oggi, cosa ne pensano i nostri connazionali che abitano in America della nuova amministrazione Trump? Qual è il loro status di ‘immigrati’?

UN’ALTRA AMERICA – Martina vive in America da tre anni, stabilendosi prima in Texas, poi in Minnesota. La sua America è molto diversa da quella che la stampa e la televisione italiana raccontano: “Quando sono arrivata, mi aspettavo un’America diversa, progressista e socialmente aperta”. Invece le cose stanno in un altro modo. Le differenze razziali ci sono e si vedono nella quotidianità, come nella semplice iscrizione a scuola: “Quando iscrivi tuo figlio a scuola devi segnare a quale razza appartiene. Se bianco, nero, ispanico, nativo. È una cosa radicata nella cultura americana”. Non è una questione legata all’essere straniero, che molto spesso viene vista come una cosa ‘cool’, ma alla ‘razza’. “Questa situazione non si è venuta a creare con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca:  c’era anche prima durante l’amministrazione Obama. La differenza è che Trump parla così perché deve arrivare alle fasce più basse, ma così fPROTESTE MUSLIM BANacendo legittima le frange estremiste“.
Riguardo al ‘Muslim Ban’, la cosa che ha preoccupato di più anche lei è stato l’aver colpito anche persone con la green card, l’autorizzazione a vivere sul suolo americano per un periodo illimitato. In quel modo passava il messaggio che chiunque potesse esserne vittima, andando a toccare gli americani in prima persona: “Prima della politica viene la vita quotidiana ed è per questo che gli americani protestano. Se non avesse toccato anche quelle persone non si sarebbero viste manifestazioni così ruggenti”. Come italiana non si sente minacciata, anzi crede che molte delle cose che Trump dichiara siano solo parole al vento. La paura è rivolta al clima sociale che può solo peggiorare, le differenze razziali inasprirsi, i muri tra concittadini innalzarsi sempre di più, senza doverne costruire uno vero sul confine messicano.

Anche a Miami, dove vive Valentina, si respira la stessa aria: “La percentuale di latino americani è il 70%, si parla più spagnolo che inglese. Puoi quindi immaginare quanti immigrati legali, illegali e quante famiglie miste abitino nell’area metropolitana e a Miami beach”. Si tratta di persone che vivono negli States da anni, lavorando e pagando le tasse come chiunque altro. “C’è confusione e paura, tutti ne parlano. Molti non avevano preso seriamente le parole di Trump in campagna elettorale“. Valentina si trova lì con un permesso di soggiorno per motivo di studio, ma non sa cosa potrà accadere in futuro: “Il mio ragazzo è messicano. Viviamo assieme da un anno, ma non sappiamo come finirà. Forse saremo costretti a dirci addio un giorno perché dovrà tornare nel Paese dove è nato”. Come loro, ci sono migliaia di altre famiglie nella stessa situazione: “Nelle metropoli il problema è più sentito, ma negli Stati centrali, dove Trump ha avuto la meglio, buona parte della popolazione è americana, per cui credo che la cosa non tocchi loro così da vicino come qui“.

Pensiero confermato anche da Lorenzo, studente italiano in Wisconsin con il programma Intercultura: “Nel cittadina in cui vivo hanno votato tutti per lui, ma quando affronti il tema (e ti assicuro che ne parliamo spesso) ti rendi conto che sono solo degli ignoranti, dei contadini“.

UNA NUOVA VITA – Di altro avviso è la testimonianza di Katiuscia, riminese, trasferitasi a Buford, in Georgia, con l’intera famiglia il 27 settembre scorso. Sarà perché è li da poco e all’inizio tutto può sembrare fantastico, ma dalle sue parole traspare quanto sia felice ed entusiasta della sua nuova casa: “Siamo stati accolti nel migliore dei modi. Tutti sono stati, e sono ancora, molto cortesi e gentili con noi“. Ricordare i primi giorni dopo aver varcato la soglia della sua nuova casa la commuove, ma soprattutto essersi sentita accolta e ben voluta fin da subito. Parlando con i conoscenti americani, ha capito come la migrazione europea sia ben vista, una ricchezza: “Gli italiani sono molto apprezzati, sia per le loro capacità che per la cultura che ci portiamo dietro”, soprattutto quella culinaria. Nel giro di poco tempo è riuscita ad aprire una sua attività di catering e personal chef, seguendo tutto l’iter burocratico americano: “Da immigrata ritengo sia giusto dover rispettare le loro leggi. Ho dovuto dimostrare di voler stare lì e di non essere un peso“. Sul tema dell’ immigrazione, anche in America le persone si lamentano del trattamento riservato ai rifugiati, “ai quali viene garantita una casa, dei soldi, un lavoro. È questo che fa arrabbiare gli americani”. Gli stessi rifugiati sono presi di mira, perché “non capisco come possano lasciare le loro famiglie in quelle zone e venire qui a bighellonare. Questo bisogna controllarlo“. Che le cose stiano effettivamente così, oppure siano molto più complesse di come vengono raccontate, non basta a far cambiare idea: Trump è la soluzione, l’uomo dal pugno di ferro. Questo tipo di politica, però, porta a farsi delle domande sulle possibili conseguenze: “C’è chi dice che questo atteggiamento nei confronti dei musulmani potrebbe diventare una bomba ad orologeria perché si sentono messi da parte. A me, sinceraLittle Italymente, dispiace per gli onesti. Certo, quando sono in giro, mi guardo attorno e penso che non potrei tornare a casa, ma potrebbe accadere anche in Francia o Germania” afferma Katiuscia.
Un’altra cosa che la lascia alquanto pensierosa è l’aver imposto il blocco delle frontiere a pochi Paesi: “Non capisco perché siano stati esclusi paesi come quelli del Nord Africa, Marocco e Tunisia. Forse bisognava applicarlo anche per loro.”In quanto immigrata, Katiuscia non ha paura, non vede perché dovrebbe: ” Trump è circondato da un entourage con il quale lavora e si confronta, facendo ciò che aveva promesso in campagna elettorale”, che lo si voglia accettare o no. “Ama il suo popolo e si è messo nei suoi panni. I suoi modi sono quelli che sono, ma l’abito non fa il monaco“.
Si dovrebbe fare lo stesso anche in Italia, essere più rigidi nei controlli e negli accessi: “Rimini è diventata invivibile. Qui, invece, sono molto più rigidi e, anche nel caso delle vaccinazioni, ti impongono di farle”. La contea dove vive resta comunque un paradiso: “Il clima qui è molto tranquillo, al punto che non se ne parla mai di politica. Ci sono delle contraddizioni, come non poter abbracciare o baciare in pubblico un compagno di scuola, ma aver la possibilità di comprare un’arma al supermercato. Ad ogni modo, non mi sono mai sentita straniera”. Il fatto di essere cittadini italiani ci garantisce, molto spesso, di essere trattati con i guanti di velluto. Non solo discriminazioni razziali, ma anche diverse categorie di immigrati.

Quello che è certo, e gli ultimi avvenimenti lo hanno dimostrato, è che tutto può cambiare nel giro di 24 ore. Un documento così agognato come la green card diventare carta straccia, la tua vita stravolta nel giro di poco. Bisogna solo sperare che il presidente in carica in quel momento consideri ancora il nostro Paese dalla parte giusta del mondo.

di Carlotta Pervilli

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*