Quanti, dove, come e con quali spese: così funziona la macchina dell’integrazione a Parma

IN CITTA' UN MIGRANTE OGNI 260 ABITANTI

Migranti parmaSono 746 i richiedenti asilo ospitati a Parma, secondo gli ultimi dati della Prefettura. Un migrante ogni 260 abitanti, virgola più virgola meno. Il capoluogo ospita quasi la metà dei 1609 profughi accolti dalla provincia parmigiana nel suo complesso. In totale, nel Parmense, troviamo il 14% di tutti i migranti dell’Emilia Romagna; rispetto alle quote previste ci sono 280 persone in più, per sopperire alle mancanze e alla scarsa accoglienza di altre province della regione . Ma qual è di preciso il percorso che da Lampedusa porta a Parma?

“IL BIVACCO IN PILOTTA? NON POSSONO FARE ALTRO!” – Dopo la primissima accoglienza nei luoghi di sbarco, solitamente a Lampedusa o comunque sulle coste siciliane, i migranti vengono smistati nei vari Hub regionali. Da qui vengono, tramite le Prefetture, ulteriormente distribuiti nelle varie province e nei comuni italiani. “Il preavviso dalla Prefettura è veramente minimo – dice l’assessore parmigiano al welfare Laura Rossi – questioni di pochi giorni. È quindi impossibile dire quanti migranti si aggiungeranno nei prossimi mesi al migliaio e mezzo che già il territorio di Parma accoglie, lo sappiamo volta per volta. La città farà comunque la sua parte, così come in questi ultimi anni si è fatta generosamente carico di una quota superiore rispetto a quanto previsto. Questo impegno supplementare è dovuto sia a problematiche oggettive di alcune province emiliane, pensiamo a quelle ancora alle prese con la ricostruzione dal terremoto, sia purtroppo a scarsa volontà politica di alcune amministrazioni. Nei giorni scorsi abbiamo avuto un incontro a livello regionale fra i vari rappresentanti che dovrebbe riequilibrare le cose”.
Migranti ParmaUna volta arrivati nella città ducale, i richiedenti asilo si trovano di fronte a due diversi tipi di accoglienza: lo Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e i Cas (Centri Accoglienza Straordinaria). “In origine, parlo degli anni precedenti all’attuale ‘emergenza migratoria’, l’accoglienza era interamente gestita dallo Sprar – spiega Chiara Marchetti del Ciac (Centro Immigrazione Asilo Cooperazione) – che con una collaborazione tra noi del Ciac e il Comune riusciva a garantire una serie di diritti e di opportunità ai migranti. Il problema è che lo Sprar ha capacità di gestire non più di 200 persone; visti i numeri molto superiori degli arrivi, si è reso necessario aprire anche i Cas”. Questi Cas sono gestiti dalla Prefettura con l’aiuto di cooperative o enti privati e, di fatto, sono le strutture al centro di quasi tutte le polemiche sui migranti. Gran parte delle proteste della cittadinanza, alcune anche a Parma come quella del 2015 a Baganzola dove c’è il principale Hub cittadino, sono portate contro questi Centri d’accoglienza che sorgono improvvisamente per le città italiane. Le Prefetture infatti sono costrette a muoversi velocemente per trovare il posto dove alloggiare i migranti assegnati loro e a volte si vedono costrette ad agire di forza, utilizzando edifici privati o riempiendo il più possibile quelli già in uso. Vengono ricavati spesso da strutture private, appartamenti o alberghi, e si occupano di fornire vitto e alloggio ai rifugiati mentre la loro domanda d’asilo viene esaminata dalle autorità italiane. “Questi centri d’accoglienza – afferma ancora Chiara – pur con tutta la buona volontà non riescono a garantire altro che vitto, alloggio e al massimo un insegnante di italiano non qualificato. I migranti ospitati possono stare oltre un anno in questi centri senza vere possibilità di integrazione, formazione o anche solo di una qualunque attività per impegnare il proprio tempo. I famosi ragazzi di colore che bivaccano alla Pilotta, per esempio, sono tutti ospiti di Cas che trascorrono così la loro libera uscita diurna, perché non hanno proprio la possibilità di fare altro: né corsi di formazione, né corsi di lingua, né trovare un lavoro, con la costante possibilità del respingimento della domanda d’asilo”.

Migranti Parma CIACLE INIZIATIVE PER L’INTEGRAZIONE – Se e quando la domanda d’asilo viene accettata dall’Italia, il rifugiato può finalmente passare al cosiddetto secondo livello dell’accoglienza, gestito perlopiù dallo Sprar. Qui si riesce a dargli servizi migliori e adatti alle sue esigenze, seguendolo passo passo nel difficile percorso di integrazione. A Parma un’importante progetto in questo senso è stato “Una città per l’asilo”, progetto inzialmente basato su un bando biennale 2014-2016 e poi rinnovato secondo una nuova modalità: non più per bandi a scadenza fissa, ma un impegno continuativo sottoposto a controlli ministeriali. Il progetto, il migliore tra i 400 presentati al Ministero dell’Interno, prevede un percorso di assistenza psicologica, consulenza giuridica, corsi di lingue, formazione professionale oltre a vitto e alloggio per un periodo tra i 6 mesi e 1 anno. Inizialmente rivolto a 34 migranti, il numero è più che raddoppiato per la bontà dei risultati. Il costo complessivo, secondo l’assessore Rossi, è poco meno di un milione di euro l’anno, in gran parte finanziato dallo Stato centrale. Gli effetti? “A essere onesti – dichiara l’esponente del Ciac – sono sia buoni sia cattivi.  Buoni perché comunque alla fine del percorso il rifugiato ha imparato la nostra lingua sia orale sia scritta, è riuscito a inserirsi nel mercato del lavoro, ci assicuriamo proprio che venga regolarmente assunto, è consapevole dei suoi diritti e dei suoi doveri, è in grado di svolgere le sue attività quotidiane in maniera autonoma. Cattivi perché è un equilibrio fragilissimo e il motivo è presto detto: la mancanza di lavoro per tutti. Una volta scaduto il contratto che riusciamo a fargli avere, di pochi mesi come del resto è per i giovani italiani, la sua condizione rischia di precipitare. Insomma, se per un ragazzo nato in Italia è difficile trovare uno stipendio, figuriamoci per un migrante che oltre alla lingua e alla buona volontà ha poco da offrire a livello di qualifiche. E’ infatti un mito, almeno per l’immigrazione dall’Africa, che siano tutti ingegneri o laureati in fuga, piuttosto il contrario. Quindi è facile si ritrovi senza lavoro e, privo dei ‘paracadute sociali’ dei suoi coetanei italiani come la famiglia, rischia di ricadere nel gorgo dello sfruttamento, dei lavori in nero o peggio“.
Proprio per cercare di creare questi ‘paracadute sociali’ e per spingere ulteriormente l’integrazione è stato sviluppato il progetto ‘Rifugiati in famiglia’. Una decina di richiedenti asilo è stata ospitata da altrettante famiglie del territorio parmigiano, con un contributo di 300 euro per le spese del nuovo membro del nucleo famigliare. I risultati sono stati positivi e, addirittura, in alcuni casi la convivenza è proseguita oltre il periodo concordato.

PROFUGHI A CASA LORO (CON 2000 EURO) – C’è poi un’ultima opportunità per i migranti. Quello di, ironicamente, obbedire alle richieste di Salvini e compagni e di tornare a casa loro. In 40, tra i 1609 profughi arrivati a Parma e provincia negli ultimi 4 anni, hanno scelto questa strada. Ovviamente c’è un incentivo: il ritorno a casa è accompagnato da un finanziamento a fondo perduto di ben 2000 euro, 400 euro in contanti subito e 1600, sottoforma di beni e servizi, una volta ritornati al proprio Paese. I fondi per questa iniziativa vengono tutti dall’Unione Europea, essendo estesa a livello internazionale, e il loro uso è controllato dalla Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), un’agenzia collegata all’Onu. Proprio il confronto col resto d’Europa è però inclemente con la nostra Italia: i 3000 richiedenti asilo italiani che hanno scelto il ‘ritorno volontario’ ci pongono tra gli ultimi come numero di optanti; se appare difficile raggiungere i 50.000 auto-rimpatriati della Germania, visto il numero maggiore di profughi accolti, sicuramente si può eguagliare l’Austria che con un numero minore di migranti ospitati ha visto 5000 ritorni volontari. Questa opzione andrebbe molto potenziata, dato che soddisfa tutte le parti in causa. È però vietata a coloro che hanno subito un provvedimento di espulsione, anche se si trovano ancora all’interno dell’Unione.

 

di Andrea Prandini

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*