Trentasei domande in 45 minuti: basta questo per innamorarsi?

ESPERIMENTO DI INTIMITA' ARTIFICIALE FALLITO: TROPPO BELLO PER ESSERE VERO

Immaginate la scena: lei arriva, suona al campanello, le apri, si lascia scivolare il cappotto dalle spalle, lo adagia distrattamente sul divano, la fate accomodare su una sedia per poi consegnarle un A4 con 36 domande da farsi reciprocamente, facendo partire un cronometro per segnare 45 minuti. Il risultato sperato? Lei si innamorerà di voi, voi vi innamorerete di lei. Magia? Psicologia spiccia? Ma soprattutto, funziona?

UN ESPERIMENTO SCIENTIFICO –  È il 1997 quando un gruppo di ricercatori, capitanati dallo psicologo Arhur Aron, pubblicano uno studio sul Personality and Social Psychology Bulletin dal titolo ‘Experimental Generation of Interpersonal Closeness’. Scopo del saggio è presentare una metodologia pratica “for creating closeness in an experimental context“. Cioè generare ‘vicinanza’ tra due persone in un contesto che non fosse classico ma descrivibile in chiave sperimentale. Poco poetico detto così, vero? Ed è il motivo per cui un annetto a questa parte gran parte della stampa italiana titolava parlando delle Esperimento domande con le quali trovare l’amore. Peccato che nella seconda pagina dello studio compaia, mesto e lapidario: “We should also emphasize that the goal of our procedure was to develop a temporary feeling of closeness, not an actual ongoing relationship“. Ma la nomea questo test l’avrebbe guadagnata anche per un risvolto inaspettato: secondo Vice una coppia si sarebbe addirittura sposata finito il questionario! E nel saggio i ricercatori ne parlano, ma non rispetto all’esperimento descritto nello studio, quanto a una versione precedente, dal contenuto diverso e dalla durata di un’ora e mezza, il doppio in pratica. Per queste 36 domande gli autori si sono ispirati -questo è vero- a quello studio precedente, con lo scopo però di poter svolgere l’esperimento in una classe con degli studenti. Per di più i partecipanti, gli assidui frequentatori dei corsi del professor Aron, prima della versione aggiornata del ‘questionario’ dovevano compilare un pre-questionario attraverso il quale i ricercatori avrebbero deciso come accoppiarli. Mi sento responsabile di aver infranto i vostri sogni ma, come era prevedibile, NO, non potete innamorarvi di qualcuno in 45 minuti con 36 domande. Purtroppo non funziona così.


MA ALLORA CHE SENSO HA?
– La collega, pure carina, che mi ha aiutato a scoprirlo è Veronica. Appartamento pulito di fresco per visite genitoriali da sfruttare, salotto arredato con cavalletti e telecamerematte per testimoniare l’esperimento, manco fosse il set di un porno low-budget, e si comincia. Alcune premesse che credevamo importanti per l’esperimento sono state disattese fin dal principio. Una su tutte il limite di tempo, che è stato prima sforato, poi doppiato. Conoscenza approssimativa tra di noi, legata all’aver rotto la finestra del salotto della suddetta ragazza pochi giorni fa per una cena di redazione, parto svantaggiato ma le sfide, si sa, sono ancora più coinvolgenti. Le domande sono divise in tre sezioni, entrando sempre di più sul personale, ma in un modo ‘strano’, vien quasi da dire, come se l’intimità fosse innescata non tanto dalle domande in sé ma dal contesto disarmato in cui ti fanno stare mentre rifletti su ciò che vorresti dire. Così, partendo da “Se potessi scegliere tra qualsiasi persona al mondo, chi inviteresti a cena?” si arriva a “Condividi un problema personale con il tuo partner e chiedigli aiuto per risolverlo“, passando per  “Condividi con il tuo partner almeno cinque qualità positive reciproche”, con annesso complimento agli occhi della collega, per non essere scontati. Nel mezzo, in quelle due ore, ci siamo raccontati chi siamo, chi eravamo e cosa saremmo voluti diventare, un accenno ai rimpianti, fino a trovarci deragliati dall’elenco verso la trentaduesima domanda, mentre le telecamere morivano una ad una e le due ore diventavano quasi tre.

Non riesco a togliermi dalla testa l’idea che, a prescindere da qualsiasi considerazione sull’aspetto sentimentale, proporrei questo scambio di domande a ciascuna persona che conosco, perché nel bene o nel male temo sia innegabile: finite quelle 36 domande, finito il giro negli intricati meandri del nostro labirinto cranico, non si può rimanere indifferenti alla persona che abbiamo di fronte. Persona che inevitabilmente finiremo per guardare con occhi diversi rispetto a quelli che indossavamo qualche ora prima.

di Matteo Buonanno Seves

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