Legge 194: a Parma 7 obiettori su 27 medici dirigenti

"LA NORMA E' PERFETTA MA VA APPLICATA CORRETTAMENTE": PAROLA AGLI ESPERTI

dottore.medicoVentitré. E’ il numero delle strutture ospedaliere che una signora padovana ha dovuto consultare prima che le venisse riconosciuto il diritto di interrompere volontariamente una gravidanza. Un diritto acquisito per legge, garantito dalla norma n.194/1978 sulla ‘tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza’, ma che di fatto in Italia non trova la giusta applicazione. A salire sul banco degli imputati è l’articolo 9 della suddetta legge, il quale cerca di garantire una eguale libertà di scelta a chi decide di interrompere la gravidanza e a chi, in nome del suo credo religioso, rifiuta di mettere in pratica tale decisione. Ma i fatti del San Camillo di Roma, l’ospedale che nel novembre del 2015 ha indetto il primo concorso pubblico per dirigenti medici riservato ai soli dottori non obiettori (fatto per garantire il normale svolgimento del servizio di interruzione volontaria di gravidanza in risposta all’elevato tasso di obiettori presenti nella struttura, circa l’80%) mostrano una situazione totalmente diversa.

OBIEZIONE E NON: UN PO’ DI CHIAREZZA – “Obiettore di coscienza è colui che può rifiutare di entrare nelle pratiche specifiche che riguardano l’interruzione di gravidanza. È necessario però fare un po’ di chiarezza, perché del termine obiezione di coscienza se ne fa, oggi, un grande abuso“. A specificarlo è la dottoressa Silvana Agatone, presidente di Laiga, Libera Associazione Italiana Ginecologi non Obiettori, che dal 2008 combatte per le giusta applicazione della legge 194. Secondo quanto specificato all’articolo 9, l’obiezione di coscienza non riguarda solo la categoria dei medici ginecologi, ma si estende a tutto il personale ospedaliero, il quale può essere esentato dallo svolgere qualunque pratica affine o in preparazione all’interruzione, esonerandosi da qualunque assistenza antecedente e conseguente all’intervento. “L’interpretazione che viene data a questo precetto -spiega la ginecologa- è però totalmente sbagliata: non si può fare obiezione su degli atti che non sono determinanti, unici e irripetibili per l’interruzione di gravidanza”. Il lavoro fatto dal personale ospedaliero (come anestesisti, infermiere e ostetriche) durante la fase di preparazione all’intervento di interruzione è, di per sé, lo stesso svolto in maniera affine in moltissime altre operazioni di natura differente. “Una anestesista svolge la funzione di addormentare il paziente prima dell’operazione, ma l’atto dell’addormentamento di per sé non determina l’interruzione di gravidanza. In questi casi -continua- l’obiezione non è in alcun modo legittima“. Anche la categoria dei farmacisti si arreca, erroneamente, il diritto di obiezione di coscienza durante la somministrazione della pillola del giorno dopo. “Questi non possono in alcun modo rifiutarsi di vendere un farmaco dietro prescrizione medica e, in tema di contraccezione di emergenza -specifica Agatone- anche in questo l’obiezione non ha alcun valore, poiché tale tipo di pillola non provoca aborto, ma stoppa solo l’ovulazione“. Chi invece può appellarsi al diritto di obiezione è il personale medico ospedaliero occupato con le interruzioni di gravidanza di tipo farmacologico, rifiutandosi di somministrare alla paziente la pillola abortiva Ru486.

“SIAMO CONSIDERATI DEI DELINQUENTI” – La scelta di essere un non obiettore, sottopone molti medici a continui giudizi da parte ++ ABORTO: CONSULTA NON TOCCA LA LEGGE 194 ++di altri colleghi obiettori. “Tra il personale sanitario che gira intorno al medico non obiettore ci sono dei veri e propri boicottatori -spiega la dottoressa Agatone-. Basti pensare alle situazioni in cui il medico non obiettore manca e il personale ospedaliero se ne frega della persona che deve subire l’intervento inventando mille scuse“. La presenza di pochi medici non obiettori, obbliga i ginecologi che lo sono a doversi spostare in più ospedali della regione per garantire un corretto funzionamento del servizio di interruzione di gravidanza. Non solo: “Il ginecologo non obiettore, in una situazione in cui è l’unico a svolgere questa pratica, viene in qualche modo sollevato dal suo lavoro di ginecologo a tutto tondo, per dedicarsi necessariamente al servizio di interruzione di gravidanza. È giusto che un ginecologo che svolge in suo lavoro in modo completo venga pure penalizzato?

Per combattere questa discriminazione, l’associazione Laiga, in tema normativo, ha già presentato numerose proposte. Prima tra tutte la necessità di avere negli ospedali pubblici almeno il 50% dei medici e primari di ginecologia non obiettori. Inoltre, bisognerebbe “dare dei bonus economici o importanti riconoscimenti ai medici non obiettori” e istituire “un archivio nazionale nel quale è scritto chiaramente se un ginecologo è o non è obiettore”. In riferimento all’ormai nota 194, la presidente di Laiga poi precisa: “La  legge è perfetta così com’è, non va in alcun modo cambiata. Anzi, dobbiamo salvaguardarla da questo particolare momento politico. Va solamente interpretata e applicata nel modo corretto”.

“IL MIO LAVORO È FAR NASCERE I BAMBINI” – L’obiezione di coscienza però rimane anch’essa un diritto stabilito dalla legge. Troppe volte viene additata con eccessiva leggerezza di bigotteria, conformismo, se non addirittura di oscuri interessi economici. Invece si tratta, in molti casi, di una scelta personale legata alla propria etica, un’operazione difficile sia da ricevere sia da effettuare. “Il mio discorso è molto semplice -testimonia il dottor Giuseppe Crovini dell’unità operativa di Ostetricia e Ginecologia all’ospedale Di Vaio di Fidenza– e, diciamolo chiaro, non c’entra nulla con motivi religiosi. Ad oggi l’interruzione volontaria di gravidanza è possibile entro novanta giorni dal concepimento, quindi fino alla dodicesima settimana. A quel punto, però, il nascituro è già quasi completamente formato, si può muovere, reagisce agli stimoli. Per quanto mi riguarda è già un bambino e visto il mio compito è far nascere i bambini e non impedirglielo, mi sono rifiutato a norma di legge di effettuare interruzioni volontarie di gravidanza”.

salapartoOBIEZIONE IN DATI – Al 2017, secondo i dati della Ausl, la questione dell’obiezione non è troppo rilevante a Parma. Su un totale di 27 dirigenti medici di ostetricia e ginecologia, soltanto 7 sono obiettori di coscienza. Si tratta quindi del 25%, una percentuale rilevante ma incapace di influenzare la regolare applicazione della legge 194. Un dato molto più basso della media nazionale: secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero della Salute ad aprile scorso, nel biennio 2014/2015 la percentuale dei medici obiettori italiani supera il 60%: il primato spetta al Molise con il 93,3%, seguito subito dopo dalla Basilicata con il 90,2% e dalla Sicilia con l’87,6%. Nelle altre regioni il tasso di obiettori supera abbondantemente il 60%, tranne in Friuli-Venezia Giulia e in Toscana, dove si supera il 50%. Chiude la classifica la regione più piccola d’Italia, la Valle D’Aosta, con una percentuale nettamente inferiore rispetto alle altre: 13,3%. L’Emilia-Romagna vede circa la metà del proprio personale ospedaliero essere obiettore di coscienza: 53,1% medici ginecologi obiettori e 32,5% medici anestesisti obiettori. Secondo quanto riportato nella relazione sull’interruzione volontaria di gravidanza, presentata nel settembre 2016 dall’assessorato regionale delle politiche per la salute, nel 2015 la città con il dato più allarmante è Ferrara, con il 58,6 % di obiettori nella Ausl e ben l’80,0% nell’agenzia ospedaliera universitaria.

di Elena Brozzetti e Andrea Prandini

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