Microcredito: come funziona la piccola, grande risposta alla crisi
ASSOCIAZIONI COME TRAMPOLINO DI LANCIO ALL'IMPRENDITORIA PER CHI E' RIFIUTATO DALLE BANCHE
Carlo, 45 anni circa, parrucchiere. Dopo aver studiato a Londra e a New York, ha sempre lavorato e gestito diversi saloni. In seguito a una difficoltà personale, ha lasciato il lavoro per quasi 8 anni. Un percorso mediamente lungo, con tante insicurezze dettate dai lunghi anni di inattività. Ora, grazie ad un finanziamento di 15.ooo euro, ha un salone di bellezza tutto suo, inaugurato nel 2015, con un target medio-alto e due dipendenti.
Alfonso, 40 anni, fino a qualche tempo fa faceva l’autotrasportatore. ‘Faceva’ finché non ha cambiato vita: con un finanziamento di 60.000 euro ha aperto una macelleria un po’ particolare: fornisce carne ‘pensata’ per le diverse etnie presenti in città. Ha avuto la lungimiranza di reinventarsi, facendo anche un corso di formazione da macellatore. Così oggi nel quartiere Pablo vende carne a prezzi competitivi.
Sono solo alcune delle storie di coloro che sono riusciti ad avviare un’attività, diventando completamente indipendenti e a ricominciare una vita da zero, grazie ad un particolare espediente economico chiamato microcredito.
IL MICROCREDITO. COS’E’?– “Si tratta di un modello di finanziamento – spiega il professor Alessandro Arrighetti, docente di Cooperation and competition among firms nell’ateneo parmigiano – dedicato a persone in difficoltà dal punto di vista finanziario e senza garanzie, che non sono quindi in grado di ricevere finanziamenti in un sistema di credito standard. Quando andiamo in banca per chiedere un finanziamento, vengono richieste delle garanzie che le persone molto povere non hanno. Il microcredito nasce da un’intuizione di Muhammad Yunus, un professore di economia del Bangladesh, che si rese conto che, fornendo a persone indigenti un piccolo credito, si può ottenere un beneficio rilevante in termini di sviluppo. In moltissimi casi viene dato prevalentemente alle donne ma in Italia è spesso concesso anche agli uomini. Il microcredito è un credito, un prestito che non viene dato sulla base di garanzie di tipo economico ma su garanzie di carattere sociale. Ma come può una persona accedere a questo tipo di finanziamento nel territorio di Parma? A chi si può rivolgere?
‘DIAMO CREDITO A QUANTO VALI’– Ricrediti è un’associazione che fa da accompagnamento a coloro che vogliono richiedere un finanziamento ma che per varie ragioni non sono ‘bancabili’, cioè autonomamente non riuscirebbero a ottenere un finanziamento bancario. Si tratta di persone che sono in situazione di difficoltà, che non possono dare garanzie o che hanno dei pregressi di mancati pagamenti. Storie complesse che non renderebbero facile l’accesso al credito bancario. “Ogni esperto di Ricrediti veniva da esperienze di cooperazione internazionale – ha dichiarato Monica D’Imperio, coordinatrice e fondatrice dell’associazione – e dopo mesi di ricerca abbiamo visto che il bisogno di questo tipo di aiuti finanziari era necessario anche sul nostro territorio. Cominciava il tempo della crisi del 2009. Parma era un territorio ricco che però iniziava a far fatica, perché non si era preparati ad un tasso così alto di povertà. Così abbiamo illustrato la nostra idea ad alcuni enti e Fondo Cariparma è stata la prima che ci ha creduto e ha partecipato creando un fondo di garanzia per i nostri prestiti, a cui poi si è aggiunta anche Banca Popolare Etica. Nel 2012 abbiamo cominciato a erogare i primi finanziamenti: un budget di 25.000 euro destinato alle imprese e un di 10.000 euro per le emergenze“. Per prestiti alle emergenze si intende, ad esempio, finanziamenti a famiglie indigenti rimaste senza servizi, come luce, acqua e gas, senza un reddito fisso e senza la possibilità di pagare le bollette.
COME FUNZIONA – “Spesso le persone che si rivolgono a noi hanno solo un’idea dell’impresa che vorrebbero realizzare – continua – la maggior parte dei nostri clienti sono staccati dal mondo del lavoro, quindi forniamo innanzitutto una formazione minima di quattro incontri per poter avere un’idea più o meno chiara su cosa vuol dire gestire un’attività.” In media l’associazione eroga 160.000 euro all’anno di finanziamenti dai fondi messi a disposizione delle banche aderenti. Una richiesta su sette. I richiedenti che restano fuori, vengono messi in contatto con altre associazioni, in modo tale da creare una rete che fornisca loro i servizi di cui hanno bisogno gratuitamente. “Abbiamo fatto un lavoro di valutazione del progetto Ricrediti e i risultati sono positivi. L’andamento è molto favorevole, c’è un tasso di mancato rimborso del 11% che per questo tipo di progetti è del tutto normale“, ha dichiarato Lucia Poletti, docente di Economia degli intermediari finanziari a Parma, oltre che collaboratrice di ‘Ricrediti’.
IL TARGET DEI RICHIEDENTI– Alcune persone vengono a conoscenza dell’associazione perché mandate da altri gruppi di volontariato: il Cav, Centro di Aiuto alla Vita, alcuni dalla Caritas, qualcuno dalle parrocchie. Un altro punto di contatto è la Cgil, con la quale c’è una partnership, oppure, molto più semplicemente, i passaparola. I richiedenti non solo stranieri, ma anche italiani. “Durante la prima fase a richiedere il prestito erano soprattutto stranieri, circa il 70% – continua a spiegare Monica – ma già nella seconda fase del 2016, l’ 80% erano italiani. Volendo dare una spiegazione del perché la situazione si sia così ribaltata, potremmo dire che ora cominciamo a vedere i risultati della crisi cominciata anni fa”. “Un dato curioso- continua- è che le donne riescono ad estinguere il prestito completamente a differenza dell’uomo. La donna, anche se in difficoltà economiche, non ha il tempo di andare al bar o in giro, ma resta a casa per badare alla prole oppure per sbrigare le faccende domestiche, che sono un vero e proprio lavoro. Quindi, al netto, non hanno il tempo per spendere soldi. Ovviamente non è il caso di generalizzare, però le percentuali parlano da sole”.
L’OCCIDENTE E IL “VIZIO” DELLE NORMATIVE– Per gli stranieri, inoltre, c’è spesso la difficoltà di arrivare da un contesto di informalità da un punto di vista economico. “Quando ero sulle Ande – racconta ancora Monica- è successo che una signora ha chiesto un prestito di 40 dollari da estinguere in due anni con una rata di un dollaro al mese, per poter produrre focaccine in casa e venderle nel quartiere, cosa che le avrebbe fornito un minimo di reddito. In italia, e non solo, non si può fare, ci vogliono delle formalità e nel nostro contesto è una problematica”.
“Ci sono persone che hanno delle abilità che però non sono traducibili in un’attività redditizia o professione. Questo vuol dire – conclude Monica – che quelle persone, non potendo vivere della propria professione, per quanto umile, utilizzano i servizi forniti dall’ente comunale o nazionale che finanziariamente si traduce in costi spropositati. Informalmente, invece, riuscirebbero a gestire portando a casa 3-400 euro. Il fatto di dover normare tutto secondo me è un problema dell’occidente, un limite. È una riflessione che, a mio avviso, andrebbe fatto in un momento in cui i bisogni sono tantissimi e le risorse poche.”
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