Sognava le Olimpiadi, ora è campione italiano di magia: Vanni De Luca, professione mentalista

CRESCIUTO AL FIANCO DI RAUL CREMONA, L'ANNO PROSSIMO SARA' IN TOURNÈE CON 'PRODIGI, LE MAGIE DELLA MENTE'

Se pensate che essere multitasking sia una caratteristica delle sole donne, allora non avete ancora conosciuto Vanni De Luca, mentalista di professione. Sabato 1 aprile, per il festival Street Magic, ha incantato Parma con il suo numero Le Meraviglie multiple, durante il quale declama la Divina Commedia mentre svolge un cubo di Rubik e un sudoku. Ventinove anni, di Pavia, Vanni (vincitore dei campionati italiani di magia nel 2016, ex aequo con Jonny Magic) ha intrapreso questa carriera dieci anni fa, quasi per caso, dopo un infortunio che gli è costato la carriera nel judo agonistico. “Sono un ragazzo normalissimo” dice. Il suo segreto? Solo duro lavoro.

È più corretto definirti un mago o un mentalista?

“Mentalista perché, a dispetto di come siamo abituati a pensarlo oggi, negli Anni ’20 era colui che attraverso memoria oppure le proprie capacità podo-manuali era in grado di intrattenere il pubblico. Precursore fu Harry Kane, un mentalista in grado di scrivere cinque frasi contemporaneamente su cinque lavagne tenendo i gessetti con le mani, i piedi e la bocca. Era una vera piovra: da lì è nata la mia passione verso il mentalismo vecchio stampo. Quello unico, vero e originale”.

vanniCome ti sei avvicinato a questo mondo?

“Io ero un atleta agonista di judo, volevo diventare carabiniere per poi partecipare un domani alle Olimpiadi. Purtroppo l’accesso all’arma mi è stato negato per via di un infortunio alla spalla, così mi sono innamorato del mondo della magia e delle tecniche di memorizzazione”.

Hai frequentato qualche scuola per formarti come mago?

“Sinceramente no. Ero molto vicino al Club Arte Magica di Milano, dove Raul Cremona per un anno mi ha preso sotto la sua ala e mi ha insegnato un po’ di rudimenti della magia. Poi da autodidatta ho iniziato a intraprendere un percorso multidisciplinare suonando strumenti musicali, camminando sui vetri, trafiggendo il mio corpo… Diverse cose insomma”.

In un’intervista a Repubblica dici che il tuo lavoro è dato soltanto dal duro allenamento. In cosa consiste? Quante ore al giorno ti alleni?

“È una cosa che sconsiglio a chiunque voglia avere una vita sociale attiva. È un allenamento proprio come quello di un atleta, addirittura ci sono dei campionati mondiali di memoria. Mi alzo tutti i giorni e ripeto in loop la Divina Commedia mentre faccio cose di poco conto, come preparare la colazione. Poi inizio a memorizzare stringhe di numeri e risolvo il cubo di Rubik: è tutto allenamento quotidiano”.

Questo amore per la Divina Commedia da dove nasce?vanni e diviva

“Nasce a Torino in seguito ad un incontro illuminante con Saulo Lucci, un grande dantista. Un giorno mi invita a teatro e mi dice che farà la Divina Commedia introdotta dalle canzoni di Battisti, che a me piaceva e lui lo sapeva. Però odiavo la Divina Commedia, lo ammetto. Lì ho avuto l’illuminazione: potevo finire o per odiare Battisti o per amare Dante. È successa la seconda cosa”.

Quanto hai impiegato a impararla tutta?

Quattro anni. Alcuni ci mettono anche meno. Io faccio un numero di multitasking dove la Divina Commedia interviene assieme ad altri due elementi e ho dovuto memorizzarla mentre facevo altro. Ho dei punti di riferimento e quindi per ogni canto alle volte ci metto anche quattro o cinque volte in più rispetto che studiarlo normalmente”.

Fare il mentalista è il tuo solo lavoro o ti occupi anche di altro nella vita?

“Ormai è diventato il mio lavoro a tutti gli effetti: un mentalista è anche un attore, quindi ho avuto il piacere e il privilegio di avere una piccola tournée teatrale quest’anno che ha fatto da vetrina. L’anno prossimo sarò sui palcoscenici d’Italia con ‘Prodigi’, uno spettacolo scritto da Davide Calabrese e Fabio Vagnarelli degli Oblivion, un gruppo teatrale che va davvero per la maggiore qui in Italia”.

Hai fatto tanta gavetta?

Parecchia. Se posso dare solamente un messaggio: quando uno è stanco di fare una cosa e pensa che un’altra sia la sua strada, deve mollare immediatamente, anche a costo di rimetterci economicamente. Mi spiego meglio: io facevo l’agente immobiliare, non mi piaceva come lavoro, non mi dava il guadagno giusto e così ho iniziato a esibirmi in strada. Prima ai semafori, facendo quelle poche cose che Raul mi aveva insegnato i primi anni, poi declamando la Divina Commedia. Si è aperto un panorama del quale avevo paura, ovvero il giudizio degli altri, ma poi la strada diventa un meraviglioso filtro naturale, nonché una palestra per selezionare davvero le persone che ci tengono e sono allineate alla poesia”.

Mentre esegui un numero esiste un rapporto con il pubblico?

“Il pubblico è parte integrante di quello che faccio: io memorizzo cose, però ho bisogno di qualcuno che me le chieda. È un po’ come fare l’esame all’università e non avere l’insegnante che ti fa le domande. Oltremodo l’interazione con il pubblico è divertente: si diverte in maniera un po’ arcigna a mettermi in difficoltà, però è sempre fatto tutto in virtù di un gioco bilaterale”.

Preferisci fare spettacoli a teatro oppure esibirti in strada?

“Questa è una bella domanda, perché in realtà il teatro è arrivato dopo la strada. Quando ci ritorno è un po’ un tornare alle origini, come quando ci si permette una vacanza. Per me il teatro è lavoro e la strada è la vacanza: ho bisogno di ricaricare le batterie in strada per poi andare a teatro e cercare di far divertire le persone”.

VANNI_460x210CHai qualche abitudine particolare prima di esibirti? Fai qualcosa di scaramantico?

“Medito. Medito molto perché le persone sono autorizzate a mettermi in difficoltà in qualsiasi modo possibile. Mi prendo una quindicina di minuti per rilassarmi e avere le sinapsi belle pronte per scattare“.

Cosa cerchi di comunicare al pubblico quando ti esibisci?

“Forse l’unico messaggio che arriva, e spero arrivi tutte le volte, è che io sono un ragazzo normalissimo: non nasco un idiot savant, non ho particolari autismi. Ho semplicemente scritto un percorso personale di studio e l’ho fatto diventare la mia vita. Quindi tanto lavoro”.

C’è bisogno di portare un po’ di magia in giro per il mondo?

“Ce n’è davvero tanto bisogno. Non sono un mago, però la magia può essere anche un fiore che nasce o sentire la corda di una chitarra che suona. E se lo stupore generato da una memoria così allenata può generare magia, allora viva!”

di Alice Sedda e Martina Innocenti

1 Commento su Sognava le Olimpiadi, ora è campione italiano di magia: Vanni De Luca, professione mentalista

  1. Davvero un ottimo percorso per un mentalista. Il fatto che artisti come questi diventino popolari e calchino le tavole dei teatri, rafforza la credibilità e la richiesta di altre esibizioni anche per i colleghi. Davvero un grande in bocca al lupo.

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