L’arte irrealizzata o irrealizzabile ha un suo museo: benvenuti nel MoRe
UTOPIE, OPERE CENSURATE PRIMA DELLA NASCITA, SEMPLICI IDEE RIMASTE SULLA CARTA... LA GALLERIA DELLE OPERE MAI ESISTITE
Quanti progetti iniziamo senza portarli a termine? Eppure possiamo negare che, per esempio, il corso di laurea da cui ci siamo ritirati non sia comunque una parte della nostra vita? Per gli artisti è lo stesso: per ogni opera che portano a termine, che finirà esposta nei musei o comunque verrà conosciuta dal pubblico, ce ne sono molte altre che rimangono incompiute: progetti, modellini, idee, lampi di genio che rimarranno nello studio dell’artista ma che sono importanti per ricostruire il suo percorso artistico. Da questa riflessione nel 2012 è nato, all’interno del Capas, il MoRE Museum.
OPERE IRREALIZZATE – “Il MoRE si occupa di selezionare e conservare le opere irrealizzate dell’arte contemporanea dal secondo dopoguerra in avanti” spiega Marco Scotti, dottorando in Storia dell’Arte presso l’Unipr e uno dei fondatori del progetto. “Non si tratta semplicemente di opere incompiute. Magari sono state completate, ma non sono mai state esposte al pubblico per scelta dell’artista o per censure o perché semplicemente erano state realizzate per concorsi senza però vincerlo. In altri casi le opere erano progetti utopici, irrealizzabili nella pratica, oppure erano proprio esercizi teorici sul tema dell’irrealizzabile”. Le opere della loro collezione possono essere le più varie, riproducendo la multiformità dell’arte contemporanea. C’è per esempio la ‘Rotonda di Verduno, un progetto architettonico di Valerio Berruti per abbellire una rotonda della città di Verduno (CN) rifiutato dall’amministrazione locale; molto diverso è Lion walking freely in the Louvre, idea volutamente utopica e mai realizzata di Braco Dimitrijević di liberare un leone per le sale del museo parigino.
LA RICERCA – I curatori del MoRE si occupano in prima persona di ricerca e selezione delle opere. Continua Scotti: “Vogliamo mantenere un’impostazione accademica del progetto, a differenza di altre organizzazioni che si occupano del tema delle ‘opere irrealizzate’. Ad esempio c’è la Agency of Unrealized Project di Hans Ulrich Obrist, uno dei più grandi curatori del mondo, che si basa sul modello di wikipedia: chiunque può aggiungere la scheda della propria opera irrealizzata direttamente sul loro sito. Ha gli stessi vantaggi e difetti della celebre enciclopedia web: una rapidissima crescita ma anche un impossibile controllo sui contenuti. Per il MoRE preferiamo essere noi a contattare gli artisti e vedere se e quali opere vogliono condividere con noi, documentando con precisione ogni cosa. La nostra ambizione è anche di poter essere un giorno un sito di riferimento per ricerche universitarie, quindi dobbiamo mantenere un’accuratezza dei contenuti. Con il tempo comunque, capita sempre più spesso che siano gli artisti a sentire parlare di noi e siano loro a proporsi; ovviamente non rifiutiamo mai anche se controlliamo ogni acquisizione. Il mese scorso siamo stati addirittura invitati in Croazia dal Museo dell’arte contemporanea di Zagabria per registrare opere irrealizzate di svariati artisti locali, sia dell’era del regime jugoslavo sia della Croazia moderna”.
MUSEO DIGITALE – Il MoRE è un museo digitale. Esiste solo in versione virtuale, all’indirizzo web www.moremuseum.org, e tutte le opere sono registrate con una propria pagina nel sito, corredata quando possibile di foto di modellini o scansioni di manoscritti. “L’idea di un museo digitale – spiega Scotti – è in parte giustificata dagli ovvi risparmi in termini di costi e spazio che un museo materiale avrebbe. Però principalmente l’abbiamo fatto portando avanti una precisa idea di un museo di nuovo tipo, una sorta di esperimento artistico esso stesso. Di solito le versioni digitali di musei materiali sono un semplice elenco della collezione di opere. Nel MoRE vogliamo provare a sfruttare le opportunità che fornisce un database digitale. Ad esempio ogni opera è registrata in una categoria che indica il motivo per cui è rimasta irrealizzata. Ci sono quelle per ragioni logistiche, finanziarie, ideologiche, abbandono volontario da parte dell’artista… in questo modo si possono visionare soltanto le opere di una determinata categoria o ‘motivo di irrealizzabilità’. Un’altra suddivisione è quella per artista. Ogni volta che registriamo la prima opera di un artista, ne creiamo anche la pagina dedicata con una biografia e i collegamenti a tutte le sue opere registrate nel nostro museo. Infine abbiamo la geo-localizzazione, quando possibile ogni opera è riconducibile al suo luogo d’origine tramite Google Maps. Inoltre, quando possibile, nelle didascalie delle opere ci sono link a siti esterni per dare ulteriori spiegazioni”.
LA TONNARA UMANA E ALTRE OPERE – Una delle opere più inquietanti del museo è la ‘Camera della morte‘ di Luigi Presicce. Si tratta del progetto di riprodurre con esseri umani la tonnara siciliana di Favignana, l’antico sistema di reti dove i tonni nuotano spontaneamente verso la rete finale, la ‘camera della morte’ , dove avviene la mattanza finale. L’opera di Presicce vuole trasformare il ruolo dell’uomo da cacciatore a preda, da carnefice a vittima provocando alienazione e trauma. Piuttosto facile è capire perché l’opera si trova nel museo delle opere irrealizzate. Altrettanto strano, anche se meno truculento, è l’opera ‘Meteorite al contrario‘ di Davide Bertocchi, il progetto di lanciare nello spazio un masso terrestre in modo da farlo diventare un meteorite che ha iniziato la sua corsa da un pianeta anziché terminarla. Poi c’è ‘Tiramolla 92‘, dove Liliana Moro voleva far passare un cavo d’accaio attraverso tutto il museo Neue Galerie di Kassel per farlo arrivare fino alla sua automobile fuori dall’edificio. Non tutte le opere però sono rimaste su carta perché nate come utopie: nel caso di ‘Il fiore e la pietra‘ di Debora Hirsch il motivo per cui questa scultura non è stata realizzata a Torino è una molto prosaica mancanza di fondi comunali.
di Andrea Prandini
Scrivi un commento