Il gioco disciplinato della musica: studiare al Conservatorio Arrigo Boito

DIETRO LE QUINTE DI UNO DEI MAGGIORI ISTITUTI DI FORMAZIONE MUSICALE IN ITALIA E IN EUROPA

CIMG2502“Il Conservatorio Statale di Musica Arrigo Boito di Parma, Istituto di alta cultura, di seguito denominato Conservatorio, è sede primaria di alta formazione, specializzazione, ricerca e produzione, nonché di definizione, costruzione e aggiornamento delle specifiche figure professionali di grado superiore, nel settore artistico-musicale”. Così si apre lo statuto del Conservatorio parmigiano intitolato ad Arrigo Boito dal 1919. Andando ancora più indietro, fu la duchessa Maria Luigia a decidere, ben 111 anni prima, nel 1818, di far impartire lezioni di canto a un gruppo di orfani ospiti dell’Ospizio a cui furono adibiti la Chiesa del Carmine e il Convento che ancora oggi ospitano la Scuola, “per potersene servire nelle diverse funzioni che hanno luogo nella sua Cappella di Corte”. Fino a diventare Scuola di Musica con un vero e proprio regolamento nel 1825 e poi Conservatorio di musica statale, nel 1888, anno in cui è stato aggiunto a quelli già esistenti di Milano, Napoli e Palermo.

LA SCUOLA – Ma la vera e propria svolta per la Scuola si verificò nel 1977, anno in cui prese il via a Parma, primo in Italia, il “Liceo artistico quinquennale a indirizzo musicale”: da lì, seguendo altre esperienze sperimentali,  venne elaborato un modello formativo rivolto alla fascia d’età liceale. Solo dopo 34 anni di sperimentazione, il Liceo Musicale di Parma, si è trasformato in uno dei Licei Musicali che la riforma Gelmini del marzo 2010 ha istituzionalizzato definitivamente. Ceni R.“A livello istituzionale -spiega Riccardo Ceni, che dal novembre 2016 è direttore del Conservatorio Boito funziona esattamente come l’università: c’è il livello accademico con triennio e biennio, con la differenza è che il biennio non è ancora ordinamentale, nonostante sia un titolo valido anche a fine dei concorsi pubblici. Ci sono poi master di perfezionamento post lauream di primo e secondo livello, e il settore dei corsi pre-accademici che per ora non hanno una durata prestabilita o un limite d’età e preparano al livello accademico. Avvieremo poi anche un corso in collaborazione con il professor Angelo Farina del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Parma, che si terrà alla Casa del suono.”
“C’è  – continua – un disegno legislativo in corso per normare anche il percorso pre-accademico. Questo da un lato è un vantaggio, dall’altro è un grandissimo, enorme, terribile svantaggio perché la musica si impara da piccoli: l’idea di avere un tempo prestabilito in cui esaurire la propria preparazione prima della maggiore età, per un musicista non ha nessun senso” e aggiunge “l’età massima per iniziare sono i 10-11 anni, non più tardi. A sopperire a questa fascia d’età dovrebbero pensarci le scuole medie musicali ma purtroppo questo al momento non accade”.
Nell’anno accademico 2016-17 ci sono stati 986 iscritti, e 150 tra docenti in organico e a contratto. Gli studenti stranieri sono 228, provenienti da 35 diverse Nazioni, tra cui i Paesi esteri più rappresentati sono nell’ordine: Cina, Corea del Sud, Giappone, Federazione Russa, Spagna. Rispetto alla media nazionale dei conservatori italiani, che conta il 10% di studenti stranieri, a Parma gli stranieri sono circa il 20%, quindi il doppio.

a. boitoMa nonostante le similitudini con il mondo universitario, non mancano alcune differenze: “Abbiamo poche aule e quindi pochi spazi anche per i ragazzi, ed è difficile ricevere grandi aiuti dal Ministero. Le nostre entrate dipendono quasi interamente dalle tasse, come in ambito universitario, ma la legge di bilancio quest’anno ci ha messo in difficoltà e ci siamo dovuti un po’ ingegnare. Devo dire che se da un lato il principio di equità della legge di bilancio e il principio della progressività della contribuzione sono sacrosanti, è anche vero che l’università ha accesso a un fondo compensativo per eventuali perdite mentre tutto il settore dei conservatori e dell’alta formazione artistica e musicale no” spiega il direttore, esprimendo un certa preoccupazione nei confronti del governo che mette a rischio il futuro di istituti di questo tipo. Un altro problema che persiste, a dispetto dell’alto numero di iscritti, è la lontananza che ancora si percepisce tra il pubblico e questo genere di cultura musicale. Come spiega Ceni “è soprattutto una questione di abitudine: in Germania e Austria la musica classica è molto più presente nell’ambiente quotidiano, qui no ed essendo l’uomo abitudinario è chiaro che diventa faticoso avvicinarsi a una cosa che non si conosce e che necessità più impegno all’ascolto. La musica è un gioco disciplinato da regole e come tutti gli altri giochi è divertente ma c’è anche da faticare per chi ascolta e per chi pratica e il conservatorio è ancora il posto migliore in cui ‘giocare’. Anche perché in francese ‘giocare’, ‘suonare’, ‘recitare’ in francese, inglese e tedesco rispondono ad unico verbo.”

VITA DA CONSERVATORIO – Sono ben 109 i corsi attivi (suddivisi tra i vari livelli) e vanno dalla direzione d’orchestra al canto rinascimentale e barocco fino a pianoforte, violino, arpa, basso, clarinetto, flauto, percussioni e moltissimi altri strumenti tra cui, naturalmente, la voce. E proprio canto lirico è il corso di studi che ha intrapreso Antonio Mandrillo. conservatorio1Classe 1996 e originario della provincia di Taranto, frequenta oggi il secondo anno del corso triennale: “Ho iniziato ad avvicinarmi al mondo della musica quando avevo 17 anni, per via di una ragazza che cantava e con cui immaginavo di cantare come nei musical. Non avrei mai pensato, però, al mondo del canto lirico e invece eccomi qua” racconta. Antonio ha studiato in un primo momento all’istituto musicale di Taranto ‘Giovanni Paisiello’, fino a quando, finito il Liceo, ha dovuto scegliere cosa fare. “Ero circondato da amici che volevano studiare in questa o quella università ma io non amo molto lo studio se non legato a una forte passione com’è quella del canto. Quando frequentavo ancora il Liceo fu la preside della scuola che, commossa dopo una mia esibizione, si offrì di pagarmi il primo anno in conservatorio a Taranto. Quella è stata una delle prime volte in cui ho capito che forse più che un hobby, potevo farne la mia professione. Quando ho tentato il concorso per accedere al conservatorio non ci speravo troppo e anche i miei genitori erano un po’ scettici: poi mi sono classificato primo su quasi 200 candidati e all’improvviso è diventato tutto reale”.
Diversa è invece la storia di Elyar Tahouri, studente trentenne di canto che viene dall’Iran: “A me piaceva la musica sin da piccolo ma in Iran non esistono scuole di alta formazione musicale. Ho studiato in Iran, mi sono laureato in ingegneria e contemporaneamente prendevo lezioni private di Tar, uno strumento simile alla chitarra”. Solo nel 2013 si è trasferito a Parma che ha scelto per la sua fama e perché aveva amici già qui: “Non mi sono pentito della scelta però ho riscontrato alcuni problemi: le aule sono poche e piccole, quindi zero tempo per prenotarle per le prove e in più spesso i docenti non rispettano gli orari di lezione o di prove e quindi ci mandano via e dobbiamo arrangiarci. Io non posso cantare in casa tutto il giorno, ho un coinquilino e sarebbe problematico.” Di questo problema è certamente consapevole la direzione, che specifica però che le lezioni hanno la precedenza sulle ore di studio individuale degli studenti: “Gli orari di lezione possono infatti essere modificati in base alle esigenze didattiche. Inoltre per risolvere i problemi degli allievi, è in corso la predisposizione di un nuovo sistema di prenotazione delle aule e sta cercando nuovi ambienti per garantire gli spazi necessari a un’attività didattica in continua crescita.”
Ma com’è l’approccio per uno straniero? “Un altro problema è la lingua: inizialmente ho avuto problemi, come moltissimi studenti orientali che vengono qui. Per entrare in conservatorio basta un livello di conoscenza dell’italiano di livello B1 ma in realtà non è abbastanza. In conservatorio ci sono dei corsi ma sono corsi base e non servono a molto, infatti alcuni studenti si laureano senza conoscere bene la lingua e gli insegnanti si trovano a dover dividere le lezioni tra gruppi italiani e stranieri”. Elyar, dopo aver seguito due anni di triennio, è passato al biennio: “Sono ormai prossimo alla laurea e probabilmente continuerò a studiare musica, magari iscrivendomi ad una Accademia di alta formazione” .

CIMG2381Soprattutto tra i più giovani, sono molti gli studenti a scegliere di frequentare parallelamente l’università, ma non tutti: “Studiare in conservatorio non è così diverso dall’università sia come impegno che come struttura: ci sono i crediti (si chiamano però Cfa – crediti formativi accademici), i semestri e gli ‘appelli’ d’esame (che comprendono solfeggio, canto, armonia, poetica e così via). La differenza fondamentale è che ci sono molti corsi individuali con maestri ad hoc, e soprattutto moltissima pratica, tant’è che parallelamente allo studio ci esibiamo per associazioni, compagnie e nei teatri”. Ma secondo Elyar non è esattamente così: “Le occasioni sono poche e soprattutto per pochi, e sicuramente non bastano per allenarsi a sufficienza al futuro”. Scegliere di fare della musica la propria vita, presenta anche, come racconta Antonio, numerose sfide nella vita quotidiana: “Quando torno a casa mi capita spesso di sentirmi dire che in fin dei conti cantare non è un mestiere oppure che sono bravo proprio come quelli de ‘Il Volo’ e probabilmente succede perché soprattutto nei paesini di provincia c’è poco approfondimento. Qui invece, soprattutto in Emilia c’è una cultura teatrale e musicale diffusissima e ben approfondita: ecco perché ho scelto Parma. E poi perché ho pensato che D’Annunzio avesse ragione nel dire che bisogna vivere la propria vita come fosse un’opera d’arte: la musica, in un certo  senso, mi rende immortale.

 

di Fiorella Di Cillo

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