“Non c’è grande politica senza mito”: Cacciari e l’utopia europea

OSPITE DELL'UNIVERSITÀ DI PARMA, IL FILOSOFO HA PARLATO DELLA SUA VISIONE D'EUROPA, TRA IDEOLOGIA E SCIENZA

Europa senza utopieSi festeggiano quest’anno i 60 anni dalla conclusione dei Trattati di Roma: un’occasione particolare per parlare di Europa assieme a Massimo Cacciari, professore Emerito di Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. L’incontro si è svoltò mercoledì 24 maggio nell’Aula magna dell’Università alla presenza della professoressa Laura Pineschi, presidente del Centro Studi in Affari Europei e Internazionali dell’Ateneo, e del direttore scientifico della Fondazione Collegio Europeo di Parma Marco Baldassari. Titolo dell’incontro ‘Europa senza utopie’, il primo di un ciclo di incontri intitolato Il senso dell’Europa: sessant’anni del processo di integrazione europea’, che proseguiranno in autunno.

UTOPIA EUROPEA – Dopo la caduta del muro di Berlino, l’idea di un’Europa unita e forte era la speranza di molti. “Potevamo diventare un esempio di sviluppo, di democrazia e crescita” afferma Massimo Cacciari. L’elemento mancante era un’utopia, un simbolo che diventasse la base per questo progetto politico. Utopia inteso non come immaginazione, ma visione politica che nasce dalla realtà che ci circonda e che tende verso il futuro. Elemento fondamentale che non dimentica gli imprevisti e i pericoli che si possono incontrare lungo il cammino. “Pensano ancora che ci possa essere una grande politica senza mito, ma mai ci sarà. L’amministrazione e la burocrazia sono essenziali nell’organizzazione politica contemporanea. Il burocrate è un elemento essenziale, ma la politica non può ridursi a ciò” continua Cacciari. Fare politica significa orientare verso il futuro, convincersi di lavorare per un progetto idealizzato. Ma come rappresentare questa visione se ci atteniamo solo ad una visone razionale? “La figura del futuro è esprimibile solo in termini mitici. È un rischio, non è calcolabile. Non è rassicurante né pacifico.” Un esempio semplice: la stanza che ci circonda è razionalmente calcolabile, il futuro che quella stanza conterrà, no. Altro elemento che andrebbe scardinato nel discorso di Cacciari è una visione distorta del nostro passato: “La figura del futuro è stata presentata come una estrapolazione del passato. Ci è andata bene prima, continuerà ad andare bene. Non c’è cosa più falsa”. Le regole economiche sulle quali abbiamo basato il nostro progetto politico europeo sono queste, quindi seguendole miglioreremo. Ma il futuro non è calcolabile in termini matematici. Resta l’incognita della creazione del mito: “Come si poteva elaborare questo mito? Solo sula base della conoscenza attiva della genesi del nostro presente. Conoscenza di ciò che ti ha generato. Memoria attiva, non di un’idea, di un contenitore” afferma Cacciari, sottolineando come alla nascita del concetto di Europa ci sia stata solo una giustapposizione di correnti di idee, non la creazione di una unica.

IMG_3678IL SAPERE COME NUCLEO – L’utopia, in quanto progetto, nasce dalla consapevolezza del nostra memoria. Di ciò che abbiamo, del nostro sapere: “Un nesso tra sapere e potere: un sapere che non è più astratto ma che vuole potersi realizzare” spiega il professore. Ciò che ha sempre caratterizzato la nostra storia è il progresso in tutti i campi scientifici, l’epoca delle scoperte, anche in un periodo considerato buio come il Medioevo. “Al centro dell’organizzazione politica deve esserci la scienza, la conoscenza che può. Lo Stato deve promuovere il ‘cervello sociale'” sottolinea Cacciari. Senza lo sviluppo di ciò non resta che burocrazia fine a se stessa. Nel contesto mondiale attuale, un singolo Staterello non può nulla, anche se forte in certi ambiti. Lo Stato stesso, nel momento in cui tralascia il progresso scientifico per la mera burocrazia, è solo fine a se stesso: “Lo Stato deve essere visto in funzione di questo, non fine a se stesso. È legittimo finché garantisce libertà di ricerca scientifica, non solo astratta, ma fattuale”. Conoscenza che si allaccia alle critiche molto spesso rivolte alla democrazia quando diventa espressione di un popolo incosciente della realtà che lo circonda: “Chiedere che chi va alle urne sia preparato non significa chiedere che sia lo Stato a sviluppare queste competenze?”. La mancanza di conoscenza non è imputabile solo alla massa, ma anche alla mancanza di una politica che lo mette al centro del suo programma.

L’unione tra Stati non va interpretata come distruzione dei particolarismi, bensì “decostruzione statuale di tutti quegli aspetti che non può più controllare”. Identificare delle individualità universali, invece di continuare in questa organizzazione liquida in cui nessuno riesce ad esprimersi. Funzioni specifiche per il bene del tutto. “L’idea di solidarietà federale non si è realizzata. L’assetto attuale non regge più” afferma Cacciari. Bisogna cambiare rotta. Forse le nuove generazione capiranno questa esigenza, poiché capaci di guardare il mondo con un occhio diverso. Resta però lo scontento generale, dimostrato dall’ascesa di correnti populiste in tutta Europa: “Tutt’altra cosa l’ideologia: un’idea che strumentalizza la realtà che mi circonda. Sono idee al servizio di una causa, non un’idea che coinvolge – continua Cacciari – Il populista tecnicamente indica il popolo, ma il popolo non c’è. Il popolo non è una moltitudo. È qualcosa di concreto, non di astratto. La politica è populista quando dice «C’è il popolo e io lo guido». Non dice che il popolo è complesso e all’interno di questa complessità io decido, scandisco delle gerarchie delle priorità. Questa è fare politica”. È un’ideologia, non un mito. E nessuno ne è esente. 

Aula magna CacciariGUARDARE ALLE NOSTRE RADICI – La memoria di ciò che siamo stati è fondamentale. L’Europa è stata centro di cultura e scoperte, madre della democrazia che tuttora ricerchiamo. La conquista ne faceva parte, ma siamo arrivati ad un punto in cui siamo capaci di discernere ciò che dovremmo continuare a perseguire e ciò che dovremmo abbandonare: “Lo sappiamo che i cannoni non servono” dichiara Cacciari, ma non possiamo relegare aspetti della nostra identità per errori commessi in passato. Anche il concetto di ‘multiculturalismo’ è proprio della nostra cultura, come sottolinea il filosofo ricordando che “la nostra forza nel tempo è stata quella di tradurre”. Tutto ciò con cui entravamo in contatto veniva assorbito. Dalla riscoperta del classico, alle culture straniere. Multiculturalismo significa conoscere, essere curiosi nei confronti di altro che non avevamo visto prima. Pensate alla figura di Saladino, posto da Dante nel Limbo tra i valorosi non cristiani: il contatto di culture lontane che attraverso la conoscenza ne riconoscono il valore cavalleresco, anche se su fronti contrapposti.

Queste le sfide, queste le prospettive. “Non sono pessimista – sottolinea Cacciari – ma questo è ciò che abbiamo di fronte. Il problema va affrontato. La parola utopia non deve fare ridere o intimorire: non è semplice astrazione e nemmeno immaginazione. È ciò che ci spinge ad intraprendere una strada, coscienti dei pericoli e dei sacrifici che potrebbero incontrare.”

 

di Carlotta Pervilli

1 Commento su “Non c’è grande politica senza mito”: Cacciari e l’utopia europea

  1. attanasio mozzillo // 30 maggio 2017 a 20:20 // Rispondi

    molto bello. Sarebbe possibile vedere un video dell’avvenimento ?? Grazie

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