Sesso all’Università: scandalo per la lezione (troppo) a luci rosse

MATRICOLA DENUNCIA TUTTO SU FACEBOOK. PROFESSORE RISCHIA LA SOSPENSIONE DALL'INCARICO.

Ecco, niente calze a rete e niente seni prosperosi. Nessun amplesso tra le aule dell’università. Dispiaciuti? Dispiace anche a me.
Quanto avreste apprezzato una notizia del genere, eh? Immagino abbastanza, un po’ per malizia e un po’ per pettegolezzo. Diciamo che alla maggior parte dei lettori queste robe piacciono. Gratificano, quasi. E più ci penso, e più sono contento di aver scritto questo articolo.  Non già per avervi preso in giro, me ne guardo bene dal farlo. Ma perché vorrei farvi riflettere su un tema importante.

Sebbene adesso infastiditi o divertiti, sicuramente qualche minuto fa c’era tra voi chi era pronto a sentenziare. Sesso e scandalo tra commenti. Sesso e scandalo tra condivisioni. Sesso e scandalo dappertutto. Un indomabile desiderio di dire la vostra. E perché sarebbe successo? Perché spesso, troppo spesso, l’articolo non viene letto per intero. Ci si ferma al titolo. A volte, ma solo se il cielo è troppo nuvoloso per sognare, si legge anche l’occhiello. E si è già pronti a giudicare.

Tra il sole forte dei suoi raggi e l’acqua salata del Mediterraneo a fare da cornice, su questo tema le vacanze 2017 sono state travagliate e (appunto) pigre: nulla s’è mosso.
Ricordo un aneddoto molto vicino nei tempi: La Repubblica.it condivide un articolo sul candidato alla presidenza siciliana: “Polemica su Cancelleri: idea medievale della donna”
Le urla dei commenti Facebook tutte a tacciare Repubblica.it di faziosità politica. “Che titolo è? Ma che articolo è? Questo è un giornale del pd!”. Quest’ultima, in particolare, l’affermazione fra le più gettonate.

A mio avviso, anche in quest’ultimo ed ennesimo caso, ci sono due momenti. Anzitutto il titolo. E non avrei nulla da dirvi: fatto per incastrare, sembra raggiungere il suo fine senza alcun ostacolo.
Il titolo, così diretto, così forte, non voleva suggerirvi un fatto, una sintesi di notizia. Ma spingervi ad aprire una notizia. Aizzare gli animi. Insomma: se il titolo s’è fatto informazione, non è colpa della connessione internet lenta a caricare le pagine quanto più di chi legge solo quello.
In seconda battuta, il contenuto dell’articolo. L’ho letto. L’ho riletto. Quanto è utile sapere che diverse deputate del Pd – come riportato dal giornalista di Repubblica – si siano infuriate all’affermazione del candidato Cancelleri, per cui è un bene che “sia una donna a guidare l’agricoltura perché come la terra dà i frutti”?
Il giornalista ha il dovere di raccontare quello che accade; alcuni hanno trovato la frase offensiva? Benissimo, diciamolo! Altri, l’hanno trovata educata? Bene, diciamo anche questo!

Ciò che voglio dire è che un articolo sta sempre in mano al lettore. Oggi più di ieri, di lettori ce ne sono tanti; e ognuno di loro, a modo suo, vuole sfuggire al giornalista. Per questa ragione, la sua maturità conta tantissimo. La sua ‘responsabilità di lettore’ non va dimenticata. Di fronte a questa regola, i titoli fanno la loro: fungono da anticamera della notizia tappezzata di malizia. Lercio.it docet.

Dove voglio arrivare? Ad un dolce, tenero promemoria.
Appena all’inizio di un altro e nuovo anno, ParmAteneo si preoccupa dei suoi lettori: di responsabilizzare loro e allo stesso tempo noi, giornalisti di domani: un click in più o in meno non fa la differenza, imparare una professione e la sua etica, sì.
Lo scorso anno le nostre notizie (vere!) le hanno lette in molti. Tanti, tantissimi. E questo è il traguardo più bello: per noi e per chi non si è fermato al titolo.
Per questo nuovo anno, vi chiediamo di continuare a essere dei lettori responsabili, per nulla pigri. Sempre più equilibrati ma sempre più audaci. Siate affamati di informazioni. Siate politicamente faziosi, purché le vostre idee siano sane, ma siate senza partito davanti a qualunque tipo di articolo. Sempre insegnano qualcosa.
Continuate a leggere Parmateneo in piena fiducia. Perché chi scrive ama la verità. La bugia del titolo per noi non è una necessità. La bugia del contenuto, se in buona fede, resta un errore grande. Non va commesso più di una volta, ma in quanto errore di un giornalista è un errore umano. Gli errori iniziano alla conoscenza, salvano dal rischio di commetterne altri.
Come ad esempio l’errore di non aver letto quest’articolo per intero, commentare sotto ‘Sesso all’Università’, o pensare che sia solo una bufala. Chi lo sa, magari in questo momento …

 

di Carmelo Sostegno

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