“Metti via quel cellulare”: l’appello di Aldo Cazzullo ai figli (suoi e non)

NELL'ULTIMO LIBRO UN DIALOGO TRA GENERAZIONI SULL'USO PERVASIVO DEL CELLULARE

aldo cazzullo“Non è possibile che, quando andiamo in pizzeria, anziché i vostri volti mi veda sempre i vostri cellulari. Non è possibile che, quando entriamo in un albergo, come prima cosa voi due, Rossana e Francesco, chiediate la password del wi-fi”. Un tormento quotidiano per ogni genitore. Anche per Aldo Cazzullo, giornalista del Corriere della Sera ma soprattutto papà di Rossana e Francesco, 19 e 21 anni, con il quale riesce a comunicare solo tramite smartphone (“quando rispondono!”). Di questo tratta il suo ultimo libro ‘Metti via quel cellulare’, edito Mondadori e presentato lo scorso 13 ottobre alla Feltrinelli di via Farini insieme al direttore della Gazzetta di Parma Michele Brambilla. Un confronto aperto tra il giornalista e i suoi due figli sul difficile rapporto che gli adolescenti di oggi hanno con il proprio cellulare

“SIETE LA GENERAZIONE CON LO SGUARDO BASSO” – Nodo centrale del libro è proprio l’utilizzo dello smartphone e come questo abbia cambiato il modo di interagire, rapportarsi e informarsi dei giovani con il mondo esterno. Cazzullo cerca di analizzare tutti quei pro e contro di questo strumento, criticandolo apertamente e mostrando la sua preoccupazione nei confronti di una realtà, quella virtuale, metti via quel cellulareche sta prendendo il posto della vita reale. I suoi interrogativi trovano però risposta, all’ interno del libro spesso, grazie alle risposte prontamente date dai giovani Rossana e Francesco Cazzullo. Un lavoro a sei mani, spiega durante la conferenza, perché “se avessi fatto il libro da solo sarebbe stata semplicemente una predica, uguale a tutte quelle che faccio sempre ai miei figli”. “Questo invece – spiega l’autore – è un dialogo: io faccio un’invettiva ma i miei figli mi rispondono”. Due generazioni a confronto dunque: quella del giornalista, cresciuto con i racconti del nonno sulla prima guerra mondiale, una cultura appresa rigorosamente dai libri e le partite guardate allo stadio; e quella dei suoi figli, che nel libro rispondono: “Non è vero che il telefonino ci isola dal mondo, ce lo crea. Possiamo decidere di stare soli, oppure possiamo decidere di stare con gli altri. Possiamo spegnerlo e uscire con gli amici o confrontarci con gli stessi stando a casa. Ormai è indispensabile, per studiare, per leggere, per scrivere”. Un dialogo ironico che non trova una verità definitiva in nessun punto di vista. Una strada percorsa su due rette parallele, quella della catastrofe generazionale e quella dell’opportunità moderna, senza riuscire ad incontrarsi. La presentazione si conclude con lo stesso monito che il giornalista lancia col libro, non solo ai suoi figli ma a tutta la loro generazione. “Mettete via quel cellulare, non bruciatevi davanti ai video giochi e non andate tutti il giorno in giro con le cuffiette”. Li esorta a non rinunciare alla gioia di leggere un libro vero e ad avere una buona conversazione, non attraverso le chat di un cellulare. “Salvate i rapporti umani, con i vostri amici, la vostra famiglia, i vostri professori”.

L’ECCEZIONE CHE NON CONFERMA LA REGOLA – ‘Metti via quel cellulare’ è un libro-partita, dove il lettore è necessariamente portato a tifare per uno dei due schieramenti, quello dei genitori o quello dei figli. Delle verità quelle scritte da Cazzullo, ma anche molti luoghi comuni che vedono il giovane di oggi come un essere ameba risucchiato completamente dalla rete. Un soggetto passivo che passa le sue giornate con la testa china sulla schermo, spesso privo di capacità logica e argomentativa perché troppo lontano dalla vita reale che lo circonda. E con una formazione blanda, perché la maggior parte di essa arriva proprio dalla rete, molto più che dai libri o dalla cultura familiare. “Ci descrive tutti come degli ignorantoni da tastiera, interessati molto più ad un post di Belen che ad un romanzo della Austen”, commenta  Alice, 23 anni, alla fine dell’incontro. Appoggia le tesi di Francesco e Rossana Cazzullo, criticando il giornalista per il suo proseguire per generalizzazioni. “Io, come molti miei amici, non passiamo la vita con in mano il cellulare. Non posto ossessivamente le mie cose su Facebook e non parlo con i miei genitori tramite WhatsApp. Utilizzo entrambe e vedo nella rete un infinito potenziale per il futuro, ma continuo a preferire il cinema allo streaming. E se non ascolto i miei nonni leggere Leopardi è solo perché non lo conoscono a fondo nemmeno loro”, riferendosi alla critica mossa da Cazzullo. Alice non è un’eccezione alla regola, perché per tanti giovani che vivono una relazione ossessiva con il proprio cellulare, ve ne sono altri che lo dimenticano ancora sul comodino prima di uscire. “E sono convinta che anche negli anni 80 c’erano giovani che passavano la loro giornate a pancia all’aria. Soltanto che adesso lo fanno guardando lo schermo di un pc. Ma che differenza fa?”.

ALDO CAZZULLO – Attualmente tra le firme di punta del Corriere della Sera, Cazzullo inizia la mia propria carriera giornalistica nel 1988 come si praticamente nel giornale torinese La Stampa. Nel 2003, passa al Corriere come inviato speciale ed editorialista e, da quest’anno, anche curatore della sezione ‘Lettere’. Per il giornale ha seguito i più importanti eventi italiani ed internazionali, come i fatti del G8 di Genova, la morte di Lady Diana e l’omicidio di Massimo D’Antona e Marco Biagi, oltre che le elezioni degli ultimi presidenti di Francia, Spagna e Stati Uniti.  Ha intervistato innumerevoli uomini politici italiani, oltre che personalità quali Steven Spielberg, Keith Richards e Bill Gates. Attraverso la scrittura aggiunge una finalità in più alla sua professione: “Nei miei libri – spiega Cazzullo durante l’incontro in libreria – cerco di restituire agli italiani un’Italia spensierata, bella e del quale esserne fieri“.

 

di Elena Brozzetti

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