Parma razzista: impossibile affittare per lo studente del Camerun

LA STORIA DI C. E LA NOSTRA PROVA SUL CAMPO

affitti-stranieri91Date una spiegazione e una soluzione a questo ragazzo, e pure belle grandi. Perché C., del Camerum, stava per rinunciare agli studi. E non può accadere un’altra volta.

C. è un ragazzo alto, possente, ventiquattro anni appena compiuti ma qualche ruga prematura in viso, la pelle tanto scura, parla bene l’italiano.
Per alcuni anni ha vissuto con la sua famiglia a Bergamo e i primi di settembre ha superato i test di medicina nella nostra Università. A dire la verità Parma non era la sua prima scelta, eppure per circa tre settimane C. ha fatto del treno e delle strade parmigiane una piccola dimora. Si alzava alle cinque del mattino, arrivava in stazione puntuale alle sei, e dopo tre ore di viaggio finiva per vagare tra gli stretti borghi del centro, via D’Azeglio, via Mazzini, a volte strada Langhirano, a volte anche sotto la pioggia, a volte anche senza pranzare. Non proprio la vita universitaria che ti immagini.
Alle 17 ritornava a Bergamo. Ogni giorno.

I corsi di medicina in via Volturno erano già iniziati, ma C. per quelle tre settimane poteva seguirli solo alla mattina. Il pomeriggio no. Perché C. a Parma non aveva ancora una casa e non riusciva a trovarla: “Qualunque soluzione sarebbe andata bene – spiega -, non avevo strane pretese, chiedevo solo un tetto”.
Pazienza, calma: ottobre è da sempre un mese difficile per trovare casa. Per lui soprattutto: “Ho incontrato un bel po’ persone, non tutte si sono mostrate davvero disponibili. Non voglio generalizzare, ma su dieci persone cinque mi hanno chiesto la nazionalità prima di incontrarmi, e non credo per curiosità”.
Il colore della pelle come biglietto da visita, i lineamenti del viso come chiavistello della porta di casa. C. racconta che alla parola Camerun finiva per seguire una cascata di scuse del tipo: “Non affittiamo più”, “Abbiamo già occupato l’appartamento”, oppure un secco e inspiegabile “Mi dispiace, affittiamo solo alle femmine”.

medicina_facolta_parma“La prima volta che arrivai a Parma – racconta – ero con un gruppo di miei connazionali. C’era anche un ragazzo del Ghana. Ci rivolgemmo all’ufficio accoglienza e orientamento dell’Università, trovammo il numero su internet, e quest’ultimo ci mise in contatto con un agente immobiliare. Eravamo in otto, ma alcuni di noi, tra cui io, avevamo esigenze diverse”.
C. chiedeva una stanza singola vicino alla facoltà, magari in una casa dove non vi fossero solo africani. Richieste ragionevoli.
Come qualunque ragazzo straniero, c’è la voglia di imparare bene la lingua, di fare amicizia, di conoscere le altre culture; e poi c’è il desiderio di avere una stanza tutta per sé che garantisca la tranquillità di studiare.
La soluzione (unica!) proposta dall’agenzia fu un bilocale, che però poteva diventare una casa per sei persone. Come a dire: “Già così è un miracolo, quindi stringetevi e non vi lamentate.”

“Non mi rimase altro da fare – aggiunge C. – che contattare da solo un’altra agenzia. Chiesi un appuntamento e una volta vista la stanza, l’agente chiamò il proprietario allontandosi”. Niente, stanza già occupata. Le volte successive C. chiedeva di poter parlare direttamente col proprietario: voleva sempre aggiungere con la sua stessa voce di essere uno studente di medicina, di vivere in Italia già da qualche anno, di non versare in alcuno stato di indigenza. Ma poi la domanda sulla nazionalità arrivava sempre e per cinque volte consecutive C. fu tentato di negarla: “Per un attimo pensai ironicamente di colorarmi la pelle, ero disperato, continuavo a perdere lezione dopo lezione. Alla fine, le lezioni erano l’unica cosa a cui pensavo. Alcune hanno la frequenza obbligatoria. Ma c’era soprattutto i miei risparmi diminuivano, il biglietto del treno costa molto se preso ogni giorno e se preso per due volte al giorno”.
Quando C. decise di muoversi nel mercato dei privati, la situazione cambiò ma di poco. Si arrivava ad incontrare i proprietari, la stanza era libera, ma “si poteva entrare solo in nero. Come fai a dire a un ragazzo nero che può entrare solo in nero?”.

parma-1LA PROVA DEL 9 – Abbiamo contattato le stesse agenzie, digitato con le nostre dita bianche gli stessi numeri che C. ci ha consegnato. Il telefono squilla: “Salve sono uno studente di giurisprudenza, sto cercando una stanza qui a Parma”. Ci fissano un appuntamento. La casa occupata adesso è libera. Quella stessa agenzia, per quella stessa casa, non ci ha ancora chiesto la nazionalità. Poi richiami, specifichi che quella stanza in realtà servirebbe a un tuo amico: “Lui studia medicina e viene dal Camerun!” Al pomeriggio, però, è stata magicamente già affittata a un’altra persona.
Un po’ d’attesa e componiamo nuovamente lo stesso numero, questa volta parla un complice. Altra magia: la stanza è di nuovo libera. E così accade con altre tre agenzie. Il dispiacere e la vergogna ci assalgono.

La storia di C. non è l’unica in Italia. Le storie si sovrappongono tra loro, riecheggiano una bruttura indelebile, ti fanno perdere speranza nel genere umano.
C., oggi, ha trovato casa. Vive in un appartamento un po’ fuori dal centro. Sorride, finalmente ha iniziato a studiare. Tuttavia una macchia d’amarezza gli si tinge in viso: vive con altri africani. Non sono loro il vero problema, ovviamente. “Ironia della sorte? – si chiede C. – Che non sia possibile per i camerunensi, per gli studenti africani, vivere con degli italiani? Vivere in un appartamento ‘normale’? Se dovessi diventare un medico, e lo diventerò – dice sorridendo -, prima di operare chiederò la nazionalità, ma nella sola speranza di salvare una vita due volte”.

 

di Carmelo Sostegno

1 Commento su Parma razzista: impossibile affittare per lo studente del Camerun

  1. Un bacio aC.Onore al suo coraggio e determinazione.Deludere ed offendere un giovane ci rende orribili e stupidi.Farlo poi per razzismo….ci seppellisce.
    Una mamma

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