L’antropologo Marc Augé: “La felicità dei giovani d’oggi è nelle utopie”

IL PRESTIGIOSO APPUNTAMENTO DE 'LA CULTURA BATTE IL TEMPO'

“La sorte dei giovani in Europa è difficile, ma si può avere ottimismo solo se si ha una certa dose di utopia.” L’antropologo ed etnologo francese di fama internazionale Marc Augé ha condiviso la sua visione di felicità con i parmigiani lunedì 20 novembre, terzo appuntamento della rassegna ‘La cultura batte il tempo’ per la candidatura di Parma a capitale della cultura nel 2020. Nell’affollata cornice della Sala Maria Luigia della Galleria Nazionale, il professor Augé, teorizzatore dei ‘non-luoghi’ antropologici, quelli privi di connotati identitari, relazionali o storici, ha presentato il suo ultimo libro ‘Momenti di felicità‘, pubblicato in Italia a novembre. Mediatore dell’incontro è stato il professor Sergio Manghi, docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Parma.

QUEI MOMENTI IN CUI SENTIAMO DI ESSERE ALLA FONTE – Secondo il grande antropologo il raggiungimento di fugaci istanti di felicità è una prova che l’uomo contemporaneo è chiamato a sostenere, in dialettica costante con la violenza del mondo esterno, con le guerre e le insicurezze del tempo. È una prova quotidiana che coinvolge la società nel suo complesso e mette in relazione il ricordo personale e “la realizzazione dell’emozione collettiva”.
lI concetto di ritorno che, come quello di ricordo, unisce le due dimensioni dello spazio e del tempo sono fondamentali nella ricerca di questi momenti, sia sul piano collettivo, come la ciclicità delle stagioni, che individuale. Quando ritorniamo in un luogo caro dopo una lunga assenza, si genera immediatamente il sentimento di benessere: “E’ una maniera di celebrare lo spazio e il tempo, perché si ritorna nello stesso luogo, pensando di tornare anche nello stesso tempo; dove la prima è una realtà, la seconda un’illusione.”

Marc Augé e Sergio Manghi

Marc Augé e Sergio Manghi

Il più famoso dei ritorni, di quei ‘nostoi’ classici che hanno raccontato le sorti degli eroi omerici, è naturalmente quello odissiaco, il primo a narrare l’esperienza del tempo che passa attraverso il ritorno a casa. Anche per le popolazioni nomadi, le più inverosimili in apparenza a percepirne, si può parlare di luoghi di ritorno: l’itinerario seguito da questi popoli è ciclico ed è uguale la disposizione delle dimore nello spazio, che viene ridisegnato sempre nello stesso modo. Paradossalmente quindi la casa del nomade è un luogo antropologico, ne rappresenta l’archetipo: è il luogo, sia spaziale che temporale, dove bisogna essere, percepito e ripetuto sempre uguale.
Varie le realtà che portano l’individuo a percepire questi momenti di felicità: dal sacro, importante sia per la sensibilità individuale che collettiva, al canto, nel senso dell’esperienza del piacere di cantare che oggi si sta perdendo per colpa dell’invasione della musica registrata; “forse perchè non sopportiamo più il silenzio?“, ha commentato provocatoriamente Augé. E in questi casi rientra anche il mangiare un piatto di pasta, per la sua necessità di avere una cottura esatta, come per la sua vocazione essenziale, dell’attesa, di continuare a consumare il pasto. C’è molta Italia, dunque, nelle vie per trovare questi piccoli istanti di serenità teorizzate dal grande antropologo, ma “ciò che conta è che i momenti di felicità  – ha puntualizzato – si collegano sia ad aspetti illusori, che a momenti che l’uomo si crea: nei momenti di felicità c’è l’impressione che a realizzarli siamo noi.”

Marc Augé

Marc Augé

GIOVANI E UTOPIA – L’antropologo ha risposto con decisione alla domanda sull’indifferenza dei giovani di oggi che, senza bussola, si trovano a vivere l’istante presente senza farsi troppe domande su ciò che succederà, quasi fossero già in pensione: “È un dato di fatto che i giovani in Europa vivano con prospettive non felici, la loro sorte è difficile, serve una dose di utopia”, ha spiegato Augé. Parla di ‘utopia dell’educazione’ e della necessità di rendersi conto che il divario tra Paesi ricchi e poveri è una distanza della conoscenza che aumenterà in maniera vertiginosa grazie ai progressi della scienza. “I mezzi di comunicazione di oggi sono straordinariamente potenti, ma vanno considerati tali, mentre vengono percepiti come mondi. Andrebbero utilizzati per incrementare e sviluppare l’educazione nel mondo e ciò è utopico, ma non impossibile.” Pensare utopisticamente può apparire difficile quando la realtà è più incredibile dell’immaginazione, ma un tentativo almeno va fatto: “L’utopia si può usare come una bussola – ha aggiunto – per orientare le politiche, giorno per giorno.” Esistono utopie realizzabili? “Pezzi di utopie sì, dipende dalle diverse condizioni geografiche, ma bisognerebbe pensare in un’altra prospettiva, perché ciò che ci circonda è diverso: il mondo ha cambiato scala.” Parola di Marc Augé.

di Duna Viezzoli

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*