Elezioni regionali, docenti e giornalisti: “Ha perso la politica”

AFFLUENZA ALLE URNE AI MINIMI STORICI, MANGHI: VUOTO DI SENSO COMUNE

ElezioniRegionaliEmilia “La politica ci ha abituati, dopo ogni elezione, che tutti hanno vinto: chi perché ha migliorato, chi perché ha perso poco e così via. Questa volta credo sia impossibile non ammettere che la politica ha perso. L’affluenza è stata così bassa da indurre a pensare che la prossima assemblea regionale di fatto non sarà rappresentativa degli emiliano-romagnoli, ma di una stretta minoranza. D’altronde i politici hanno fatto veramente di tutto per convincere la gente che votare è inutile, hanno tradito prima di tutto il loro ruolo”. Luca Ponzi, inviato per la Rai in Emilia-Romagna, spiega in questo modo la bassissima affluenza alle urne delle elezioni regionali che si sono tenute domenica 23 novembre. Ha votato il 37,7% degli aventi diritto, un dato che fa pensare visto che la volta scorsa aveva votato il 68,1%.

 

PERCHE’ UN’AFFLUENZA COSI’ BASSA – Tra le possibili cause che hanno condotto a questa improvvisa disaffezione al voto dei cittadini emiliano-romagnoli, ha probabilmente influito in maniera pesante lo scandalo dei rimborsi spese, che ha portato, a sole due settimane da queste elezioni, alla formulazione di numerose accuse di peculato, coinvolgendo tutti i gruppi dell’Assemblea Regionale. Questo è quanto sostenuto da Mara Morini, docente di Scienza politica all’Università di Parma: secondo la professoressa, prima di tutto, le elezioni regionali in Italia non sono mai state granché sentite dall’elettorato, a meno che non fossero associate ad altre consultazioni. Un fatto da non sottovalutare è che “per la prima volta il partito degli astenuti supera l’insieme dei voti validi” fa notare la prof.ssa Morini. Ha ripreso il discorso dello scandalo dei rimborsi spese anche il prof. Matteo Truffelli, docente di Storia delle Dottrine politiche a Parma, il quale afferma che “la politica non riesce ad uscire dalla crisi di credibilità che la attanaglia da diverso tempo e non riesce a ritrovarla nei confronti del cittadino che quindi non è spinto a partecipare alle elezioni, anche se è da specificare che questo fenomeno non riguarda solo queste consultazioni”.

Anche il dato relativo alla provincia di Parma si trova in linea con i numeri sopra citati e, pur trovandosi ormai da anni sempre di qualche punto sotto la media regionale, anche il suo 34,03% è di molto inferiore rispetto al 65,61% registrato alle europee di questo giugno.

 

LA CONFUSIONE PRE-VOTO – Un preallarme, secondo la prof.ssa Morini, poteva essere notato alle primarie del centrosinistra che sono passate quasi inosservate da parte degli elettori, sicuramente confusi dal cambio di candidati: si è passati dal voler candidare come Presidente della Regione Daniele Manca, sindaco di Imola, in seguito Matteo Richetti, deputato del Partito Democratico, e in ultimo Stefano Bonaccini, consigliere regionale. Altro fattore che potrebbe aver influito, ma qui la prof.ssa Morini premette che servirebbe uno studio sociologico per dimostrare l’ipotesi, potrebbe essere il conflitto in corso tra governo e sindacati, in particolar modo la Cgil: forse l’elettorato ha voluto penalizzare i candidati alle regionali e far capire la sua insoddisfazione, più che altro nei confronti del Pd. Il professor Sergio Manghi, sociologo dell’Università di Parma, rispetto al cogliere un filo conduttore unitario nei comportamenti astensionisti, focalizza la sua analisi sul “vuoto di senso comune che rende molto difficile trovare motivazioni per l’impegno. Ma non è un vuoto creato da qualcuno: dai partiti, come si ama dire spesso, più per abitudine arcaica a cercare capri espiatori che per comprensione della sfida in atto – precisa lo stesso Manghi -. Questo vuoto, creato da noi tutti insieme, e soprattutto, non di breve periodo, è l’ambiente travolgente in cui si trovano ad agire anche i partiti, che pure sono, in democrazia, lo strumento principale (anche se non il solo) per dar forma alla partecipazione“. Il disimpegno delle forze politiche nella campagna elettorale è stato sottolineato dal prof. Truffelli, secondo il quale “un cittadino mediamente distratto forse poteva anche non sapere che c’erano le elezioni visto che la campagna è passata quasi sotto silenzio“.

 

LA SORPRESA – Il vero salto in alto è stato fatto dalla Lega Nord che, spostandosi più a destra, secondo la prof.ssa Morini, è riuscita ad attirare la protesta dei cittadini con una comunicazione efficace, venendo premiata dagli emiliano-romagnoli con un aumento di quasi il 10% dei punti percentuali. “Nel complesso è mancato il processo di cambiamento che l’elettorato chiedeva rispetto alla giunta Errani” spiega Morini. Di certo la Lega portata avanti da Matteo Salvini negli ultimi tempi, anche a livello nazionale, sta riuscendo ad incanalare la rabbia e il risentimento trasformandoli in rivendicazioni razziste e di chiusura nei confronti dell’altro. Il fatto che questo accada in Emilia-Romagna, storica terra ‘rossa’ dovrebbe far pensare gli analisti della politica e i politici stessi. “La Lega si è mossa con una certa abilità ma più a sostegno di Salvini che al candidato alla presidenza della Regione. E’ stato l’unico partito che ha portato avanti una campagna forte e convinta” sostiene il prof. Truffelli. Luca Ponzi, a questo proposito, afferma di essere colpito dal crollo del Movimento 5 stelle e dalla contingente crescita della Lega Nord: “I grillini pagano l’incapacità di concretizzare gli slogan e una conflittualità interna che ha disgustato i loro elettori più moderati e ‘autonomi’ in termini di capacità di critica. La Lega incassa il risultato dello sfaldamento di Forza Italia e di tutto il centrodestra e la capacità di proporsi come unico aggregatore dello scontento”. Ponzi conclude dicendo che “È l’ennesima brutta pagina di una politica ormai da tempo lontana dalla gente e, sembra, nemmeno interessata a colmare quella distanza”.

 

di Luca Mautone, Silvia Moranduzzo, Luigi Vitale

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