La Nobile Arte finita nel dimenticatoio
CHE FINE HA FATTO IL PUGILATO? QUANTO NE SANNO LE NUOVE GENERAZIONI?
Pier Paolo Polimeno
Sangue, sudore, rispetto. Il pugilato è senza dubbio uno dei più antichi e noti sport da combattimento. Inizialmente praticato nell’antica Grecia e nell’antica Roma, raggiunse il suo apice tra gli anni ’60 e ’90 del 900, periodo florido di incontri epici e grandi campioni. Personalmente, quando sento parlare di boxe mi viene in mente l’immagine del compianto Muhammad Ali, che oltre ad essere stato uno dei più grandi pugili della storia è stato anche un personaggio pubblico e politico d’impatto, tenendo conto delle sue celebri battaglie contro la guerra in Vietnam, l’apartheid e, in generale, le discriminazioni nei confronti delle persone di colore. L’impatto che ebbe e la fama di cui gode tutt’ora, però, derivano soprattutto dal fatto che, nei suoi anni d’oro, il pugilato non era solo uno sport, ma un mezzo per esprimersi e comunicare con a massa. Persone come Muhammad Ali lo avevano reso uno strumento per combattere i problemi che affliggevano la società di quel tempo in quanto era uno sport di primo piano, i media ne parlavano continuamente ed era quindi al centro dell’attenzione mondiale.
Da appassionato ed ex-praticante della “nobile arte” mi sorgono allora spontanee alcune domande: che impatto ha il pugilato sulla società odierna? È ancora popolare e utile come in passato? Esistono ancora personaggi carismatici come Muhammad Ali?
Sinceramente, ogni volta che tento di rispondere provo un forte senso di amarezza, perché credo che il pugilato sia stato accantonato, quasi dimenticato. Certo, se ne sente parlare sporadicamente, in occasione delle Olimpiadi e di qualche incontro importante, ma di sicuro non gode più della fama di un tempo. Questo è dovuto, in primo luogo, all’ascesa di una miriade di sport da combattimento. Muay Thai, Kickboxing e MMA rappresentano infatti la novità, e hanno lentamente soppiantato la “nobile arte”. Il vero motivo, però, è riconducibile al fatto che un tempo si boxava per fame, mentre oggi quasi esclusivamente per fama. Cercherò di spiegarmi meglio. Il pugilato è sempre stato uno sport popolare ed economico. Tra gli anni ’40 e ’60, a causa della grande affluenza, gli allenatori operavano una rigida selezione per determinare chi avesse la stoffa, o per meglio dire la fame, per rimanere ad allenarsi. I pugili combattevano parallelamente al lavoro, e cercavano di racimolare qualche soldo sostenendo durissimi e interminabili incontri, a volte combattendo anche una decina di volte al mese. Oggi i pugili combattono una volta l’anno e vengono ricoperti d’oro. Inoltre, quando guardo un incontro di oggi, mi sembra sempre che manchi un elemento fondamentale: la passione. Sembra quasi che i boxeurs contemporanei diano questo magnifico sport per scontato. Non può e non deve essere così. Il pugilato è un’arte che si basa su passione, rispetto, disciplina e onore. È uno sport che l’atleta deve affrontare da solo, con tutte le sue paure e insicurezze, e richiede quindi una grande forza mentale. È uno sport duro, visto che due individui si contendono la gloria a suon di pugni, ma basato sulle regole e sul reciproco rispetto. È una disciplina che ha tanto da insegnare, come direbbe il mio vecchio allenatore: “è una scuola di vita”, ed è quindi un peccato che venga trascurata così.
Per queste ragioni, spinto da una profonda frustrazione, ho deciso di dare il mio piccolo contributo a questo sport. Su consiglio di un amico, che era a conoscenza dei miei trascorsi pugilistici, ho deciso di tenere presso la Boxe Popolare di Parma, situata in via Mantova, un corso di pugilato gratuito, per ragazzi e ragazze. Il corso, iniziato a settembre, si svolge in una stanza del complesso “Casa Cantoniera”. Per usare le parole di Gabriele , aspirante pugile della Boxe Popolare Parma, “la palestra è una piccola stanzetta, con un sacco e due specchi. Ma va bene lo stesso.” Personalmente, condivido in pieno le sue parole. Ritengo infatti che per apprezzare questo sport sia necessario un ritorno alle origini, quando le palestre erano sporche, maleodoranti, gratuite ma, soprattutto, vive. E qualcuno la pensa come me, visto che l’affluenza in palestra nei primi mesi è stata notevole e, con mia grande sorpresa, costituita per lo più da ragazze. Ripartire dal basso per riscoprire i valori perduti. È questa la mia più grande aspirazione. Quando non si ha niente si riesce ad apprezzare persino le piccole cose. Quando si ha tutto non si riesce ad apprezzare niente. È l‘umiltà il cuore del pugilato, e temo che oggi sia proprio quello che manchi. È l’umiltà il valore da riscoprire, e credo che essa possa essere trovata nella povertà, nella disciplina, nel sacrificio e nella passione. Per queste ragioni sono fermamente convinto dell’importanza delle palestre popolari, in quanto in esse è possibile recuperare proprio quell’umiltà che manca alla boxe di oggi. Sono dunque onorato di tenere un corso di questo incantevole sport e m’impegnerò affinché lo spirito del pugilato rimanga vivo. Perfino in una stanzetta di periferia si può trovare dell’arte.
Complimenti per l’articolo. In poche righe hai espresso tutta la poesia di questo sport che è fatto di sacrificio ma che ripaga con quelle virtù che hai evidenziato: passione, rispetto, disciplina, onore, a cui aggiungo solidarietà tra i contendenti. E’ un articolo che fa innamorare della nobile arte.