Perché ogni anno 500 adolescenti si uccidono?

IL SUICIDIO È UNA DELLA CAUSE PRINCIPALI DI MORTE GIOVANILE.

Suicidio

 

Negli ultimi quarant’anni in Italia è aumentata la tendenza da parte dei giovani, d’età compresa tra i 15 e i 24 anni, a togliersi la vita.

Secondo i recenti dati Istat sono mediamente 500 coloro che muoiono annualmente per questo motivo.

Il Nord possiede il tasso di mortalità per suicidio più alto, ma fortunatamente l’Italia è tra i paesi europei con i livelli più bassi.

Anche se il dato può sembrare rassicurante occorre tenere in considerazione il piccolo aumento avuto dagli anni Settanta in poi, durante i quali è diminuita notevolmente la popolazione giovanile.

Il periodo adolescenziale è uno tra i momenti più difficili della propria vita ed è connotato molto spesso da vulnerabilità psicologica, che può sfociare sia in disturbi psichici, ma anche in profonde sofferenze e turbamenti emotivi.

Tutto ciò provoca un aumento di tentativi di suicidio, alcuni dei quali purtroppo ad esito fatale.

Tra le varie cause che spingono a compiere questo orribile gesto non mancano certamente fattori psicologici, sia individuali che contestuali e, da non sottovalutare, la presenza di disturbi psichici non riconosciuti o non trattati adeguatamente.

Però non tutti gli adolescenti che tentano il suicidio sono depressi.

A volte, dietro questo gesto di disperazione, sono presenti specifiche modalità di essere e di vivere le emozioni.

Non bisogna infatti trascurare la loro tendenza all’impulsività, i sentimenti di svalutazione personale, l’insoddisfazione per il proprio corpo, la difficoltà nel gestire i sentimenti, la scarsa capacità di risolvere un problema, la complessità nel prendere una decisione, l’eccessivo livello di rabbia o la tendenza al perfezionismo.

Catastrofico è inoltre l’abuso di sostanze: l’utilizzo di alcol, droghe o un mix di entrambi è un segnale d’allarme poiché favorisce comportamenti impulsivi e aggressivi e distorce la percezione della realtà.

Per molti genitori il gesto suicidario è inspiegabile: l’imprevedibilità prende il sopravvento e finiscono per interrogarsi a vita sulle possibili richieste d’aiuto non ascoltate e su tutti quei segnali privati d’ogni forma d’attenzione.

Altri fattori d’allarme sono il bullismo o il cyber-bullismo, gli insuccessi scolastici, l’isolamento sociale, una forte delusione amorosa, la morte di un padre o di una madre, la separazione dei genitori, gli abusi e le violenze sessuali subite durante l’infanzia e la trascuratezza.

Da non dimenticare poi le condotte autolesive come il tagliarsi, il bruciarsi o farsi male in altro modo: questi giovani non vogliono porre fine alla loro vita, ma sono considerati a rischio perché, vivendo una forte sofferenza emotiva e relazionale, si abituano al dolore fisico e aumenta la possibilità di sviluppare pensieri suicidi.

La domanda che sorge spontanea è questa: che cosa può fare un genitore per aiutare il proprio figlio ad attraversare una fase così critica?

Certamente l’adolescente va supportato nella gestione delle emozioni e dei conflitti, nel miglioramento dell’autostima e della fiducia nelle proprie potenzialità.

Deve essere incoraggiato a cimentarsi in attività creative e socializzanti, ad instaurare legami positivi, ed essere in grado di distinguere tutto ciò dai comportamenti negativi.

Bisogna infine avere l’autorevolezza di affrontare i conflitti inevitabili che si verificano tra genitori e figli quando si pongono dei limiti, perché ogni ragazzo nel suo percorso di crescita deve avere supervisione e protezione da parte degli adulti.

 

Di Francesca Acquaroli

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