Star Wars episodio VIII: io da ridere non ci ho trovato assolutamente nulla
Recensione scorretta di un cuore infranto
Sono un fan.
Credo sia questa l’importante premessa che sono tenuto a fare nel momento in cui, non a cuor leggero, provo a recensire, o quantomeno a dire la mia, sull’ultimo episodio di “Star Wars” dal titolo “Gli ultimi Jedi”.
Non a cuor leggero, sottolineo, perché è con difficoltà enorme che paleso il mio voto di insufficienza nei confronti di un capitolo della saga che vibrava di aspettative. Deluse, ahimè.
Banale. Sbagliato. Eccessivo, perché postosi alla ricerca di un divertimento commerciale e di tendenza, che poco o nulla c’entra con la saga frutto della geniale mente di George Lucas.
Non amo definirmi un cinefilo, soprattutto nel segno del forte rispetto che ritengo necessario nei confronti di chi fa davvero della critica cinematografica, ma, per lo stesso rispetto che ho nei confronti del fan che è in me, non posso non parlare.
Non solo perché è morto Luke Skywalker, non solo perché la povera Rey, comunque ben interpretata da Daisy Ridrey, ha perso gran parte della bellezza del suo innovativo personaggio, ma per tante, tante altre irregolarità e mancanze nei confronti di chi da 30 anni attendeva che ‘Lo Jedi’ riprendesse tra le mani una spada laser.
Ed è proprio da qui che mi vedo costretto a partire: dalla prima, irritante, scena in cui la giovane Rey, ansiosa di scoprire le vie della forza, viene “presa a pesci in faccia” dall’’Eroe della Resistenza’.
Su un’isola di un pianeta sperduto della galassia, Skywalker si è rifugiato perché deluso da se stesso, passando le giornate in attesa della sua dipartita. Un bel giorno si trova di fronte la giovane Jedi che gli porge l’antica spada laser che fu del di lui padre e lui cosa fa? La getta alle sue spalle, nell’intento di suscitare le risate del pubblico.
Io da ridere non ci ho trovato assolutamente nulla.
È questo il primo e forse più grande difetto di questo capitolo della saga: un tentativo sbagliato e incoerente di far ridere lo spettatore medio, per porsi sulla scia degli ottimi movie usciti in questo 2017, i quali però, diversamente da questo, potevano far ridere.
Come i “Guardiani della galassia 2”, come “Spiderman- Homecoming” e come il più recente “Thor: Ragnarock”, “Gli ultimi Jedi” probabilmente ha fatto molto ridere chi era al cinema per vedere un buon film. Perché di questo stiamo parlando, di quello che, visto da un ateo, probabilmente potrebbe essere considerato un buon film, con quelle che anch’io reputo ottime performance recitative di ognuno dei protagonisti. Ma da un ateo, appunto, da qualcuno che è andato al cinema per vedere un film e distrarsi durante questi giorni di festa.
Io, però, non sono un ateo. Al contrario, sono uno dei tanti, anzi forse tantissimi, che si sono convertiti durante l’infanzia alla “religione di Star Wars”, passando la preadolescenza – e non solo quella – facendo finta di impugnare una spada laser per sconfiggere l’‘Impero galattico’.
E voi mi direte: era quello che chiedevi al personaggio di Marc Hemille? No, non del tutto.
Anzi sì, è inutile mentire. Era esattamente questo che volevamo: vedere il protagonista della prima trilogia datata anni ‘70 tornare alla ribalta, forte di una piena consapevolezza della “Forza” per addestrare una nuova generazione di Jedi.
È vero, non è scritto da nessuna parte che ogni attesa dei fan debba essere soddisfatta, ma da qui a ridicolizzare un personaggio, e per estensione un format, solo perché “fa tendenza” ci passa un intero sistema solare.
E dire che “Il risveglio della forza”, il capitolo precedente della saga, che in ordine di plot andava a stabilirsi dopo “Il ritorno dello Jedi”, aveva posto delle premesse esaltanti. Quello è stato un film che ha riempito di gioia tutti coloro che nel ritorno della saga ci credevano, ci speravano, e nel 2016 sono andati via dalle sale cinematografiche con un sorriso enorme stampato sul volto, soddisfatti per aver potuto davvero raggiungere, almeno per due ore, quella “galassia lontana lontana…”
Ed invece no, Rian Johnson ci teneva proprio a dar vita a qualcosa di così diverso da sembrare estremamente uguale a tutto il resto.
Una trama strana, il ritorno di Yoda che, per quanto apprezzabile, serve solo a far sembrare più scemo Skywalker, alcune citazioni letterali o quasi dagli altri capitoli che però non hanno fatto altro che irritarmi maggiormente perché non ho potuto fare a meno di considerarle mancanze di rispetto, un giovane cattivo che cambia idea su se stesso quasi soffrisse di personalità multipla e, in ultimo, come enorme ciliegina sulla torta, il volo inspiegabile ed insensato della principessa Leia nello spazio aperto con la stessa posa che assumeva Christopher Reeve nei primi “Superman”.
Non mi stupirebbe scoprire che qualche fan si sta ancora chiedendo il perché di tutto questo, lì seduto sulla sua poltroncina rossa in attesa che qualcuno lo svegli da quell’orribile incubo, dicendogli, con voce rauca e col respiro affannoso “Luke sono tuo padre”.
di Pasquale Ancona
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