Rinunciano alla gita per votare: sono eredi della democrazia, e mi dispiace per loro

DIRITTI E DOVERI AI PIANI ALTI, PARTENDO DAI BASSI

movimento studentescoL’attesa e sognata gita di quinta liceo. Festeggiare i diciotto anni con i tuoi amici in una città straniera: Spagna, sangria, paella e musica da festa. Quattro ragazzi del liceo statale Tenca di Milano, però, hanno scelto di festeggiare in un altro modo i loro diciotto anni: rinunciano alla gita per andare alle urne il 4 marzo.

Siamo i giovani. Siamo quella generazione che è erede delle lotte politiche studentesche dei decenni passati, che è sempre pronta a gridare per le strade che non ci viene dato abbastanza spazio. Per esprimerci, per parlare di politica e  per farla. Anche se purtroppo, quando ne avremmo, a volte non ci interessa.

Nonostante il clima generale, che ha portato una discesa dell’affluenza alle urne dall’80% al 60% solo negli ultimi dieci anni, questi quattro ragazzi vogliono poter dire la loro. Che siano gli eredi diretti della democrazia? Coloro che hanno brama di esprimersi, che prendono alla lettera l’espressione ‘voto come diritto e dovere‘. Come impegno all’informazione, alla scelta critica ponderata e ad occupare le urne per quei secondi necessari a tracciare le famose ‘x’. Un ‘dovere’ che non va dato per scontato.

Che alito di speranza il vedere qualcuno che ci crede, perché resto dell’idea che siamo la generazione che può cambiare le cose. Cambiare ciò che non troviamo giusto dell’organizzazione politica, del sistema scolastico, del campo dell’informazione e via dicendo, perché tra qualche anno ci saremo noi tra quelle fila. Siamo da questa parte del teatro, siamo ancora il pubblico, ma annotiamo tutte le nostre lamentele, i disagi e le difficoltà, e magari troveremo un modo per far girare meglio gli ingranaggi per chi verrà dopo di noi. Ci credo, o meglio ci spero, però mi dispiace.

votoMi dispiace per quei quattro ragazzi che proveranno ad esprimere la loro opinione in un panorama di figure politiche così masticate e rimasticate. Dai discorsi già sentiti e riadattati perché in procinto di elezione. Mi dispiace che muoveranno i loro primi passi nella scena politica delle fotocopie e del copia-incolla. Mi dispiace che cercheranno di lasciare un segno in questo mare dove non si può votare la preferenza, perché tutto è diventato un party di grandi alleanze, dove se sei piccolo, diventi sempre più piccolo, nutrendo le bocche di chi invece si fa sempre più grande. Dopotutto siamo o non siamo lo Stato delle grandi promesse e dei sorrisi televisivi? Uno Stato papale papale, un po’ venale, con le promesse che si assomigliano tutte.
Lo Stato del debito pubblico, degli strascichi della crisi economica che chissà quando finisce e del è sempre ora di ridurre la pressione fiscale. Eliminazione dell’Imu, introduzione della flat tax, abbassamento dell’Irpef. E poi ancora: reddito di dignità, reddito di inclusione e reddito di cittadinanza; perché in clima di elezione siamo tutti pronti ad aiutare chi vive sotto la soglia di povertà, tutto l’anno. Si inizia con l’abolizione del bollo auto, si passa attraverso la cancellazione del canone Rai, toccata e fuga anche nel mondo del salario minimo fisso e concludiamo con un aumento dei minimi pensionistici. Le posizioni politiche non rappresentano più ideologie e strategie di governo differenti ma solo sedie nella stessa stanza semicircolare. Sedie che ci si scambia con la facilità di un gioco per bambini.

Allora questi ragazzi sono un esempio ancora più grande. Sono un esempio per tutti noi giovani eredi della democrazia, ma soprattutto sono un esempio per loro, nelle belle stanzone della capitale. Fate in modo che questo impegno non sia sprecato, ancora. Altrimenti andiamo tutti in gita.

di Giulia Moro 

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