Torni a casa per votare? Parola agli studenti fuori sede di Parma

2690 UNIVERSITARI, MA IN QUANTI RISPONDONO ALLA CHIAMATA AL VOTO?

In Italia il partito dominante sembra ormai uno solo: l’astensionismo. Sempre più spesso ci si interroga sulle ragioni alla base della latitanza degli elettori alla chiamata alle urne e appare naturale supporre che dietro l’assenteismo vi sia una forma di profondo disinteresse o disaffezione politica. Per i giovani, spesso criticati in questo senso ma chiamati per primi ad intervenire nelle questioni della nostra contemporaneità, il diritto al voto non è però sempre esercitabile, soprattutto se si rientra nella categoria di studenti fuori sede. Non si tratta di una fetta da poco di elettorato se si considera, ad esempio, che a Parma, secondo gli ultimi dati sulle immatricolazioni dell’anno accademico 2017/2018, il 47% degli universitari iscritti non proviene dalla regione Emilia Romagna.
Se in occasione di altre votazioni, come per il referendum, è stato possibile per loro votare fuori dal proprio comune di residenza facendosi delegare come rappresentanti di lista nel comune in cui si è domiciliati, questo non vale per le elezioni politiche perché la legge prevede che ci si possa fare delegare rappresentanti di lista solamente nel proprio collegio di residenza, unico a livello nazionale nel caso del referendum, a differenza delle politiche, dove invece i collegi corrispondono più o meno alle province.

IL FRENO DELLA MOBILITA’ – I cattivi pronostici sull’affluenza alle prossime elezioni politiche non sono un mistero. A livello locale c’è un dato che è possibile già tenere presente. Attraverso un sondaggio che la nostra redazione ha sottoposto a un campione di oltre 120 studenti fuori sede dell’Università di Parma, è emerso infatti che il 35,2% degli intervistati non tornerà a casa per votare il 4 marzo, mentre in generale solo il 31,1% di loro è solito rientrare appositamente per adempiere al proprio ruolo di cittadino.
I dati rivelano che il maggior freno per gli studenti è legato alla mobilità: oltre il 60% degli intervistati ha dovuto fare i conti prima di tutto con questa problematica. Organizzare il ritorno a casa non è mai facile e per molti risulta impegnativo raggiungere la propria città di residenza ed esercitare il diritto di voto.

Per gli studenti che vengono dal Sud Italia, in particolar modo, si tratta di un viaggio lungo ed estenuante. Il problema principale è quello delle coincidenze, soprattutto per raggiungere le isole. L’aeroporto di Parma, ad esempio, offre una sola tratta per la Sardegna mentre non fornisce nessun collegamento per la Sicilia. Chi deve rientrare sull’isola, quindi, deve prendere un treno per raggiungere la città designata per il decollo, il bus o il taxi per arrivare nell’aeroporto e poi, finalmente, partire. Un viaggio aereo di un’ora e mezza circa si trasforma così in un pellegrinaggio di sei-otto ore (quanto basta per cambiare continente); una trafila, ormai solita, che scoraggia ogni buon proposito alla partecipazione al voto.
Non ultimo, è il fattore economico ad influire in larga parte sulla scelta di non rientrare a casa per votare. Il biglietto costa, nonostante le promozioni offerte da alcune compagnie aeree, marittime o dalle Ferrovie dello Stato per i cosiddetti ‘Viaggi degli elettori‘.
Agevolazioni di cui però spesso si fatica a beneficiare, prima di tutto a causa di una carenza d’informazioni. Se infatti la maggior parte degli intervistati, il 71.9% degli studenti, racconta di trovarsi per la prima volta nella necessità di votare da fuori sede, quindi per questo non ‘esperto’, il 53.2% ha dichiarato di essere venuto a conoscenza delle offerte solo tramite il passaparola, per mezzo di amici o coetanei casualmente informati sulle agevolazioni.
Il 50% degli intervistati rivela poi che poco ha influito la possibilità di ottenere tali sconti, tavolta “irrisori”, sulla scelta di tornare per votare, a causa prevalentemente di informazioni poco chiare e di una scarsa convenienza degli sconti di cui usufruire.
Alice, potenziale elettrice sarda, racconta tutta la trafila seguita per informarsi: “Ho contattato Alitalia per avere informazioni chiare, visto che il sito non spiegava nulla riguardo le modalità di utilizzo del codice sconto” (per chi fosse interessato: ele08, ndr). Una volta ottenute le risposte, “l’operatrice stessa mi ha consigliato di non usare sconti, perché al massimo avrei risparmiato 40 euro, su un totale di 200 tra andata e ritorno”, spiega. Se le informazioni ricevute non sono incoraggianti, lo è ancor meno il fatto che per queste cattive notizie Alice abbia dovuto pagare non poco: il numero del centralino Alitalia ha infatti uno scatto alla risposta di 0.56 centesimi al minuto, per una spesa complessiva di 5 euro e 37 centesimi sostenuta dalla studentessa.

Anche per chi, opta per raggiungere le isole via mare, i disagi si ripropongono. Ad esempio, la compagnia navale Moby, che percorre la tratta Livorno-Sardegna, non applica lo sconto per le elezioni ai residenti della Sardegna, ovvero le uniche persone interessate a recarsi sull’isola per votare. Fabio, universitario originario di Cagliari, spiega che “essendo sardo, io e i miei conterranei godiamo di alcune agevolazioni relative alle tratte marittime; questo, però, ci impedisce di usufruire di sconti speciali come quello delle elezioni, visto che le tariffe in offerta non sono cumulabili. In quanto residente il biglietto che compro normalmente per tornare a casa prevede di per sè uno sconto e quindi non mi spetta nessuna agevolazione in occasione delle elezioni”.

Se la presenza di una norma e l’attuazione di questa, in Italia non sempre però coincidono, lo sconto sui viaggi per i fuori sede sembra non fare eccezione. Elettori siciliani e sardi, pur godendo delle agevolazioni previste dalla legge, hanno difficoltà a usufruirne.
La diserzione di massa è causata da una qualche forma di pigrizia generazionale o è complice anche un sistema che forse dovrebbe incentivare in maniera più adeguata i fuori sede, invece che dissuadere anche il più convinto elettore?
Da anni associazioni studentesche, e non solo, chiedono che si arrivi a una legge per il diritto del voto in mobilità ma nonostante pareri positivi, emendamenti e promesse, nulla è ancora stato fatto. La prossima legislatura saprà fare di meglio?

 

di Pasquale Ancona, Gloria Falorni e Vittoria Fonzo

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