Emissioni 0, non 0 inquinamento: pro e contro delle auto elettriche

SI RIACCENDE IL DIBATTITO SULL'IMPATTO AMBIENTALE DELLE AUTO 'VERDI'

Sfatiamo un mito: l’auto elettrica inquina quasi allo stesso modo di una macchina a motore tradizionale. O meglio, allo stato attuale un’automobile a batteria consuma poca energia e produce meno CO2 rispetto ad un veicolo a scoppio, ma l’inquinamento prodotto per realizzare i componenti meccanici e l’elettricità di cui ha bisogno raggiunge circa gli stessi livelli di emissione di un modello a benzina. Una questione che vede un dibattito ancora aperto sulle macchine elettriche e sul loro impatto ambientale. Sebbene la loro caratteristica migliore è non produrre CO2, riguardo al funzionamento non bisogna tuttavia confondersi. Parlare di ‘emissioni zero’ non equivale a dire zero inquinamento. Cosa che aveva fatto notare (seppur male) Marchionne quando, in una dichiarazione pubblica di pochi mesi fa, ha definito l’auto elettrica “un’arma a doppio taglio” aggiungendo che “forzare il passaggio può minacciare l’esistenza stessa del pianeta”, salvo poi dirsi convinto che “la metà delle auto prodotte nel mondo entro il 2025 sarà ibrida, elettrica o a celle di combustibile” in occasione di un’intervista rilasciata a gennaio a Bloomberg in cui mostrava maggiore apertura alla ‘svolta’ elettrica. Considerazioni che, associate a vari studi pubblicati recentemente, riportano al centro della questione il mercato delle Bev, le macchine alimentate ad energia elettrica, e diverse idee ecologiche. Ma andiamo con ordine.

INQUINAMENTO INVISIBILE – Un’auto con motore elettrico funziona grazie all’energia contenuta nelle batterie ricaricabili. Queste forniscono l’energia primaria per l’attivazione del veicolo ad un meccanismo propulsore in grado di convertire l’elettricità in energia meccanica. “Il veicolo elettrico è sicuramente più vantaggioso dal punto di vista del consumo di energia e produzione di gas inquinanti durante il funzionamento; il problema è la produzione dell’energia per la ricarica e dei componenti come la batteria”, come spiega Carlo Concari, docente del corso di Ingegneria elettronica dell’Università degli Studi di Parma. Infatti per calcolare l’emissione di CO2 di un’auto elettrica bisogna considerare la catena energetica che la alimenta, ovvero il percorso fatto dall’energia per arrivare alla batteria e come essa è stata generata. “Se l’energia elettrica è generata mediante una centrale a carbone, il problema dell’emissione di CO2 viene semplicemente spostato a monte e non si risolve, se invece deriva per esempio da un campo fotovoltaico, allora la catena di energia è pulita dall’inizio alla fine, dunque l’emissione di CO2 di un veicolo sarà minore”. Insomma, il problema dell’inquinamento dell’auto elettrica dipende dal tipo di fonte energetica dalla quale si genera l’elettricità necessaria.

I CONTI NON TORNANO – Arriviamo adesso a quanto evidenziato da Marchionne. L’ad di Fca avrebbe affermato, lo scorso ottobre, che auto elettriche e quelle a benzina inquinano allo stesso identico modo. Ora: l’affermazione è complessivamente falsa, ma allo tempo vera solo in parte. Come nei teoremi matematici, è vera ‘se e solo se’. Come spiega infatti l’Agi nel suo fact-checking, Marchionne si riferisce al consumo di macchine che traggono energia elettrica dal carbon fossile, che crea circa 100 gr/km di anidride carbonica. Ovvero lo stesso quantitativo che creerebbe un veicolo non elettrico poco inquinante, come ad esempio un modello diesel Multijet. Fin qui, quindi, si dovrebbe dar ragione a Marchionne. Ma l’Italia non utilizza il carbone per creare energia, bensì un misto di gas naturale e altre fonti, tra cui quelle rinnovabili, che producono quasi la metà delle emissioni prodotte dal carbon fossile. Il livello di emissioni cambia dunque a seconda del Paese e delle fonti energetiche usate: nazioni come Svezia, Francia e Brasile riescono infatti ad avere emissioni ridotte, comprese tra i 70 e i 93 gr, grazie all’uso di fonti nucleari, geotermiche e idrologiche. L’Italia invece, secondo un recente studio del Journal of Industrial Ecology, produce 170 gr/km di anidride carbonica. Questi ultimi dati, va fatto notare, non fanno riferimento al consumo diretto della macchina ma all’intero ciclo vitale. Si tratta dunque di statistiche basate su dati aggregati, che rendono difficile il calcolo preciso delle emissioni prodotte dal mix energetico italiano.

PROBLEMI E VANTAGGI – A tutto questo si sommano poi le questioni della batteria e delle ricarica dell’auto elettrica. “Oltre all’inquinamento causato dal veicolo durante il ciclo di vita energetico, quello che si aggiunge è una tara che serve a realizzare e soprattutto a smaltire le pile senza disperdere gli inquinanti” spiega il professore. Per quanto riguarda invece la ricarica “esistono dei problemi logistici da affrontare, perché il sistema attuale è strutturato sul distributore di benzina invece che di elettricità”, aggiunge Nelson Marmiroli, direttore del Consorzio Interuniversitario Nazionale per le Scienze Ambientali (Cinsa). In Italia, le poche auto a batteria usano la rete elettrica nazionale standard per alimentarsi; la colonnina dell’auto elettrica è collegata alla stessa linea che porta l’energia a casa o negli uffici. “Sostanzialmente il problema si sposta su qual è il mix energetico con cui viene generata l’energia che va ad alimentare la nostra rete elettrica nazionale”, spiega Concari.

Dunque, dov’è il vantaggio dell’auto elettrica? “Anche se le auto elettriche generassero la stessa quantità di CO2 di quelle tradizionali, tenendo conto della catena energetica, il beneficio consiste nello spostare la creazione dei gas nocivi fuori dai centri urbani, dove attualmente vengono scaricate le emissioni delle auto a scoppio“, sintetizza Concari. In altre parole, l’inquinamento rimane come produzione indiretta di energia elettrica, ma viene delocalizzato dai centri abitati ai centri di generazione elettrica. “Inoltre, a parità di energia creata e di chilometri percorsi, la produzione centralizzata dell’energia nella centrale è molto più vantaggiosa perché una centrale unica è più efficiente di un piccolo motore di ogni veicolo a benzina”, puntualizza l’ingegnere. Per ridurre l’impatto ambientale che indirettamente l’auto elettrica può creare, “oltre ad aumentare la durata media delle batterie, una soluzione molto conveniente è approfittare di una maggiore diversificazione delle fonti energetiche pulite rispetto a quelle combustibili tradizionali” sostiene Marmiroli.

ITALIA PIU’ VERDE? – Nel nostro Paese, l’attuale situazione del mercato delle macchine elettriche è ancora di nicchia ma in sviluppo. Nel 2017 sono state vendute in Italia 1.945 unità, con un aumento del 38% rispetto all’anno precedente, in cui la crescita era stata invece scarsa. Un trend dunque positivo, che tutti gli specialisti sembrano considerare definitivo e in continua espansione. Da dove quindi la lentezza del processo di affermazione delle auto ‘verdi’? Prima di tutto c’è il fattore costo. A partire proprio da quello della macchina, che può andare dai circa 20.000 euro di un’utilitaria, ai circa 88.000 per modelli più performanti, come ad esempio la Tesla S. La Renault Zoe, modello preferito dagli europei e secondo marchio più venduto in Italia nel 2017, ha un costo pari quasi al doppio di un’utilitaria a benzina, secondo il Ministero dei Trasporti. Prezzo interamente a carico del compratore, dal momento che i 120 milioni di euro di incentivi statali del 2012 sono finiti nel 2015 e da allora nessuno ha pensato a reintrodurli. Un altro fattore da tenere presente è l’autonomia dei veicoli: lo stesso modello già citato percorre 170 km, con un’attesa che va dalle sei alle nove ore per una ricarica completa. Altro limite è la presenza di poche centraline di ricarica sul territorio nazionale, privo di una copertura uniforme. Ciò diminuisce di fatto sia il raggio d’azione delle macchine ad emissione zero sia il mercato delle Bev.
Il 2025 non così distante. Chissà se fino ad allora l’Italia sarà in grado di rispondere alla svolta green.

 

di Gloria Falorni e Jacopo Orlo

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