Fu pupo a prima vista: Cuticchio fra tradizione e “voglia di sperimentare”

DALL'INFANZIA A OGGI: L'ARTISTA RACCONTA UNA VITA DI LAVORO DEDICATA AL TEATRO DEI PUPI

ll Teatro al Parco di Parma martedì 20 marzo ha accolto il più prestigioso esponente della tradizione siciliana dell’Opera dei pupi: Mimmo Cuticchio, ospite in città dal 17 al 24 marzo per il progetto di residenza artistica ‘The Artist Is Present’. Nel corso della lectio magistralis ‘L’opera dei pupi dalla piccola alla grande scena’, Cuticchio ha ripercorso le tappe della sua lunga carriera di cantastorie, attore e regista, introdotto dal rettore dell’Università Paolo Andrei e da Luigi Allegri, docente di Storia del teatro e dello spettacolo. Dopo i saluti del rettore, Allegri ha definito Cuticchio come “un’ artista straordinario, in grado di rappresentare, con la sua presenza a Parma, un regalo e una sorpresa per la vita civile, sociale e culturale della nostra città. Un’artista interprete della tradizione ma in grado di ricercare l’essenza stessa del teatro attraverso altri e nuovi linguaggi”.

SONO NATO NEL MARE DI SICILIA – “Io e i miei fratelli siamo nati lungo le coste della Sicilia, dopo il bombardamento del ’43” esordisce Mimmo, classe 1948, raccontando la storia della sua infanzia trascorsa al seguito del padre Giacomo, noto puparo camminante. “Io sono nato a Gela quando mio padre era itinerante, i miei fratelli sono nati in giro per questo”. É proprio la calda Sicilia la culla della lunga tradizione dell’Opera dei pupi: un particolare tipo di teatro di marionette, oggi riconosciuto dall’Unesco patrimonio orale e immateriale dell’umanità. Figlio dunque d’arte, Mimmo Cuticchio ben presto segue le orme del padre. “Inizialmente – racconta – lui si esibiva nelle 3/4 piazze principali: nei piccoli luoghi, solitamente paesini di mare e di campagna, si faceva la stagione. Mi ricordo che Cefalù era la piazza più ricca e che a mio padre non piaceva. Fu proprio lì che un grande albergo gli propose di fare spettacoli anche per i turisti”. Allora non era possibile immaginare i pupi fuori dalla Sicilia, ma serviva un modo per farli conoscere a un pubblico diverso da quello locale. Per questo, al rientro dal servizio militare nel ’68,  Mimmo si affianca al padre che intanto a Palermo aveva affittato un locale, chiamato poi ‘Super teatro delle marionette Ippogrifo’, dove offrire spettacoli in forma stabile. “I turisti vennero – ricorda – ma siccome questi avevano poco tempo, consigliarono a mio padre di fare sempre lo stesso spettacolo, così che i capigruppo lo potessero spiegare e far capire ai turisti”. Una soluzione che però non soddisfa il giovane Mimmo, interessato a dare nuova linfa a una tradizione importante. “Ogni tanto cambiavamo episodi e i capigruppo si lamentavano perché spiegavano uno spettacolo diverso da quello che gli spettatori vedevano. Mio padre faceva lo spettacolo solo per i turisti, però io volevo continuare a fare il ciclo dei paladini. Volevo continuare a sperimentare, invece di cucinare lo stesso piatto, ma se non hai più nessuno, a chi lo fai mangiare?” Da qui l’esigenza di Mimmo e dei suoi fratelli di proseguire con un’esperienza diversa. “Ripetendo sempre il solito spettacolo così si passava dall’arte del folklore al folklorismo, mentre noi dovevamo continuare a raccontare storie diverse, come da tradizione”. Fu proprio questo suo atteggiamento, restio verso il nuovo modo di fare il teatro dei pupi, che spinse il padre a dirgli: “Fai quello che vuoi, costruisci il tuo teatro, quella è la porta”. Da allora Mimmo parte per Roma, dove conoscerà figuranti palermitani e si conquisterà diversi ruoli di comparsa (e non solo) a Cinecittá. Senza mai, però, abbandonare il legame con la sua Sicilia e l’attività di ‘bottega’. A Palermo, infatti, apre il Teatro dei Pupi Santa Rosalia, laboratorio teatrale dove dal 1973 prendono vita i pupi di Cuticchio.

NON É IMPORTANTE IL PUPO, MA COSA RACCONTA – “All’epoca – sottolinea ricordando i tempi di quando era bambino -, c’era molto rispetto verso il teatro antico, soprattutto perché la gente non conosceva il teatro degli attori: c’era un profondo sentimento di riguardo nei confronti di quello che i pupi rappresentavano. La partecipazione era vera e sentita.”
L’opera dei pupi nasce nel 1800 come metafora della lotta fra siciliani e governo borbonico. Da marionette più semplici, con il passare del tempo i pupi sono diventati sempre più dettagliati e minuziosamente realizzati con un lavoro artigianale. Raccontano una storia, sono strumenti attraverso cui esprimere una morale, un significato o un’opinione. Dietro all’opera dei pupi c’è una grande coordinazione, frutto di fatica e passione, cresciuta nel tempo per Mimmo Cuticchio. “Inizialmente avevo 3 pupi: Achille, Agamennone e Calcante; nelle scene di battaglia cercavo di mescolarli, solo più tardi, con i guadagni, riuscii a costruire nuovi pupi”. “Spesso andavo nelle scuole a parlare coi direttori, non tutti avevano voglia di ospitarci perché pensavano fosse una perdita di tempo. Chiedevamo 50 lire a bambino ma anche se incassavo poco andava bene”. Col passare del tempo e ascoltando anche suggerimenti degli insegnanti, Mimmo ha l’intuizione di proporre spettacoli nuovi non relativi ai paladini. “Questo fu molto importante perché altrimenti gli studenti sarebbero venuti una volta soltanto. Così ho realizzato cose diverse, anche tratte dagli argomenti che si trattano a scuola: ho studiato, per esempio, l’Iliade e ho realizzato quaranta nuovi pupi. Una volta imparato, ho continuato la tradizione senza ripeterla e senza perdere i valori del popolo. Dal costruire il pupo classico, ora sperimento, cambio delle cose. Studiando, infatti, ho capito che potevo portare qualcosa di nuovo senza perdere il sapere che si ha”. Così, avendo ‘traghettato’ l’opera dei pupi dalla piccola alla grande scena, Mimmo Cuticchio continua ancora oggi a far sì che la traditore siciliana non scompaia, bensì resti viva più che mai.

 

di Valentina Perroni

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