Quando l’aiuto arriva dall’alto: così cresce l’elisoccorso a Parma

NUOVE BASI PER L'ATTERRAGGIO NOTTURNO. "UN LAVORO APPASSIONANTE, LA MASSIMA ESPRESSIONE DELL'ASSISTENZA"

“Non parlate di quante persone ‘salviamo’, noi soccorriamo.”A parlare è Adriano Furlan, direttore della centrale operativa 118 – Elisoccorso dell’area Emilia Ovest. L’Emilia-Romagna è sempre stata all’avanguardia nel campo del soccorso medico, il primo nucleo del 118 nacque proprio a Bologna nel 1990, in occasione dei mondiali di calcio. Da allora ha avuto modo di confermare questo merito anche in tempi recenti, grazie al suo servizio di elisoccorso. La regione dispone oggi di quattro basi per l’atterraggio di elicotteri: Bologna, unica a garantire il servizio h24, Ravenna, Pavullo nel Frignano e Parma. Quest’ultima è munita inoltre, da gennaio 2018, di una base per l’atterraggio notturno. E’ proprio l’introduzione e il miglioramento del servizio notturno uno dei punti su cui maggiormente si focalizza l’attenzione del 118, date anche le maggiori difficoltà che comporta. Mentre, ad esempio, durante il giorno l’atterraggio può avvenire il più vicino possibile al paziente, a patto che il pilota verifichi le condizioni di sicurezza, durante le ore notturne ciò non è possibile. “Vengono identificate delle aree di atterraggio che hanno delle caratteristiche ben definite – spiega Antonio Pastori, dirigente infermieristico e responsabile regionale emergenza servizi ospedalieri 118 -.  Nel giugno 2017 siamo partiti con una sperimentazione. Sono stati individuati 17 punti di atterraggio, di cui 15 autorizzati da Enac (l’ente nazionale dell’aviazione civile) e 2 campi sportivi in tutta la regione”. Il progetto è in continua evoluzione e, grazie all’utilizzo di nuove tecnologie, come gli Nvg (night visual goggles), i punti di atterraggio arriveranno ad essere 160 in tutta la regione entro l’estate 2018.

COME FUNZIONA IL SERVIZIO 118 – Ogni anno sono circa 440.000 gli interventi che sull’intero territorio regionale vengono effettuati dal 118. Di questi circa 850/900 sono solo di elisoccorso, per una media di 3 decolli al giorno dalla sola sede di Parma. Ma dove arriva esattamente la chiamata quando si digita il numero di emergenza? Tutti almeno una volta nella vita ci siamo posti questa domanda. In Emilia Romagna sono presenti 3 centrali operative che si occupano di gestire le chiamate d’urgenza: a Bologna per Emilia est, a Parma per Emilia Ovest e a Ravenna per la Romagna. Ogni chiamata effettuata al 118 nelle aree di Parma, Piacenza e Reggio Emilia passa quindi presso la centrale operativa presente a Parma nella sede di via del Taglio. Da qui gli infermieri esperti orientano la richiesta in base all’area di provenienza della persona che necessita di soccorso. Una volta individuata la natura dell’emergenza e la zona viene indirizzato l’intervento. Quando c’è la necessità di operare con l’elicottero, la centrale manda un segnale al team che in appena 30/40 secondi raggiunge l’elicottero e si prepara a decollare per raggiungere la zona d’emergenza. Il velivolo, modello BK 117 C2, decolla in tre minuti, e in circa 12/13 minuti di volo raggiunge le tre province di competenza.

Il 50% d’attività del servizio di elisoccorso viene soprattutto impiegato nei casi di traumi importanti dovuti ad esempio ad incidenti stradali. In percentuale minore in casi di problemi cardiologici (18%), neurologici (15%), di intossicazione, problemi respiratori o trasporto inter-ospedaliero. “L’elisoccorso nasce fondamentalmente per gestire la situazione traumatica, che è una delle situazioni nelle quali occorre agire con la massima professionalità e tempestività possibile”, afferma Pastori. Il velivolo permette infatti di soccorrere un paziente in tempi decisamente inferiori rispetto a una normale ambulanza che “ha un tempo di percorrenza media di 60/65 km all’ora in ambito urbano” contro i 240 km orari di un elicottero. Non ci vogliono dunque grandi conoscenze numeriche per comprendere l’importanza di un servizio così tempestivo laddove vi siano soggetti in gravi condizioni di salute.

ELICOTTERO O AMBULANZA? – Ma a chi compete la valutazione sulla gravità della richiesta? Teresa di Bennardo, coordinatrice della centrale operativa Emilia Ovest e elisoccorso, spiega che per definire un’emergenza, vengono fatte alcune domande a chi chiama il 118: “L’intervista telefonica serve per identificare tutti gli elementi utili per definire una criticità. Vengono poste alcune domande per comprendere la tipologia di risorse per quel tipo di emergenza”. In base alla descrizione della situazione si decide come agire: tendenzialmente la scelta della centrale operativa è quella di tenere l’elicottero libero per le emergenze più gravi. Ciò nonostante, anche nel caso venga scelto di utilizzarlo, è comunque previsto l’invio di mezzi su gomma, spesso per facilitare lo spostamento del paziente dal luogo dell’emergenza al punto di atterraggio dell’elicottero.

Come spiega il direttore Furlan il servizio di elisoccorso ha tre grandi pregi: “La tempestività dell’intervento, l’alta professionalità espressa dai membri dell’equipaggio e la scelta dell’ospedale di destinazione”. Non tutti gli ospedali, infatti, sono in grado di intervenire su qualsiasi caso clinico, è fondamentale che il paziente venga trasferito nella struttura che può offrire il trattamento adatto. Rapidità ed efficienza permettono al team di soccorso di operare secondo un’organizzazione che non segue un protocollo vincolante, bensì che abbia caratteristiche “estremamente dinamiche ed evolutive – spiega Teresa di Bennardo -. Le risorse vengono modellate e utilizzate in funzione del bisogno specifico.”

IL TEAM DELL’ELISOCCORSO – La squadra che opera su un elicottero 118 è composta da un medico anestesista-rianimatore e due infermieri, di cui uno con competenze di coordinamento della missione e gestione della sicurezza in volo e uno con funzione assistenziale. Oltre a questi ovviamente sono presenti anche i piloti, i tecnici anti incendio, e un tecnico che si occupa della manutenzione della macchina. Gli esperti che operano però non sono mai gli stessi. Nello specifico nella base di Parma sono 42 gli infermieri che ruotano tra elicottero, ambulanza e centrale. Uno degli obiettivi principali del servizio infatti è quello di promuovere una rotazione di turni, affinché tutti possano conoscere in prima persona la natura dei servizi ed acquisire le capacità necessarie per operare nel miglior modo in tutte le situazioni di emergenza, dall’elicottero all’ambulanza al saper gestire una chiamata d’urgenza. “Questa è una strategia che abbiamo adottato nel tempo per fare in modo che tutti possano conoscere la realtà territoriale – spiega Pastori -. L’obiettivo è avere persone che abbiano la maggior competenza possibile.”

IL MESTIERE DI UN AVS – Per diventare Avs, ovvero assistente di volo sanitario in Emilia Romagna – oltre alla laurea in infermieristica – occorre seguire un corso di formazione iniziale 118 che prevede una preparazione in campo aeronautico, meteorologico, ma anche infermieristico legato alla specificità del mezzo elicottero. Da qui seguono poi percorsi di aggiornamento annuali. Il servizio di soccorso extra-ospedaliero è molto differente rispetto a quello intra-ospedaliero. A spiegarlo è Paolo Vaccarello, infermiere Avs di Parma che dopo 4 anni di lavoro di servizio al Maggiore di Parma è passato al 118. “Quando la mattina si va in ospedale si conosce già l’ambiente in cui si opera, oltre al fatto che si hanno a disposizione un maggior numero di specialisti. Quando invece si parte per una missione di elisoccorso si va in un luogo che non si conosce, a cui ci si approccia per la prima volta. È un ambiente ostile, non controllato, sconosciuto. Ci può essere buio, freddo, caldo.” Paolo, che ha iniziato come infermiere in ospedale, ora lavora a rotazione tra elicottero, ambulanza e centrale operativa. Per fare questo tipo di mestiere serve una grande capacità di adattamento, nonchè spirito di improvvisazione, ma è anche questo ciò che rende l’assistente di volo sanitario un lavoro stimolante. “È difficile spiegare quali siano le motivazioni che spingono a intraprendere questo lavoro”, afferma Vaccarello. “È un lavoro molto appassionante perché entrano in gioco tutta una serie di aspetti motivazionali personali legati al fattore dell’emergenza, che non riguarda la degenza normale di un paziente. È la massima espressione dell’assistenza, perché bisogna compiere delle manovre avanzate e prendere delle decisioni in pochi secondi.” L’adrenalina del volo, la possibilità di poter esaltare le proprie qualità professionali o la semplice soddisfazione nel soccorrere qualcuno rendono, insomma, l’avs un mestiere fatto di “grandi gratificazioni e passioni”; emozioni che ripagano certamente l’impegno di chi si dedica ogni giorno ad aiutare gli altri.

 

di Paolo Scarrone e Yara Al Zaitr

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