Martin Luther King deve vivere

Nell’aprile di 50 anni fa viene ucciso Martin Luther King, leader e visionario del movimento afroamericano per i diritti civili. Perché sia utile ricordare il passato, il presente deve recepirne l’importanza: King va oltre la segregazione razziale perché cerca la pace, per questo non è mai morto. Vive per chi sceglie di combattere, in quel sogno di libertà che è più forte dei torbidi complotti di una manciata di uomini corrotti e potenti economicamente. Crede in un occidente capace di concepire la diversità e condanna l’uso delle armi e della violenza, ritenendole non necessarie, altri strumenti di paura, al contrario fa della protesta pacifica la svolta vincente, trasmettendo sermoni di speranza e solidarietà.

La storia del reverendo si dirama in diverse tappe che hanno contraddistinto il proprio percorso di vita.

Il primo evento determinante è comprendere che esiste una diseguaglianza tra bianchi e neri e di conseguenza la decisione di predicare con la parola di Dio per servire e aiutare l’umanità.

Altra tappa significativa e fondamentale è l’amore con Coretta, sua moglie, donna coraggiosa, femme fatale, fonte di consolazione e felicità, resisterà al fianco del marito fino alla fine anche quando l’Fbi la prenderà di mira e cercherà di destabilizzare la coppia con menzogne. L’utilizzo di qualsiasi congegno e obbiettivo principale di far rompere il legame affettivo è stato un atto vile e meschino che mostra il buio di una società subdola anche nelle strategie di terrore.

Il 13 novembre 1956 la Corte suprema degli Stati Uniti dichiara incostituzionale le leggi che impongono il regime segregazionista sugli autobus, è un periodo cruciale nella storia politica di king perché inizia a vedere concretizzarsi i risultati di anni di protesta e umiliazioni. La macabra e sanguinosa repressione a Selma, in Alabama, della polizia bianca e razzista contro il corteo multietnico e pacifista permette di ottenere agli afroamericani il diritto al voto. E’ ormai diventata una città-simbolo, celebrata anche nel film “Selma, la strada per la libertà”.

Infine si schiera contro la guerra in Vietnam consolidando le propria coerenza sul mondo.

Martin Luther King ha il coraggio di condannare l’ignoranza, non le persone; è perseguitato dal capo dell’Fbi, Hoover, un sottosviluppato intossicato dall’odio perchè figlio di un mondo vecchio, obsoleto, pieno di pregiudizi che ritiene la divisione come unica soluzione dei problemi ma nonostante questo continua a credere negli Stati Uniti d’America, sentendosi parte di quella terra che ha realizzato insieme alla comunità nera, pagando l’eccesivo prezzo della schiavitù.

Tra gli anni ’60 e ’70 sono nati grandi leader, di impareggiabile personalità con ampie vedute, uccisi della paura di pochi che non volevano si creasse un mondo migliore: Kennedy parlava di nuove frontiere, apertura e unità del mondo contro le tirannie, i fascismi; è vergognoso e immorale che oggi si predilige il motto “alzare i muri” nella patria della libertà come in tanti stati europei o Israele.

Non è troppo tardi per cambiare le sorti dell’umanità, ricordando l’eredità di chi non aveva paura, consapevole che il bene comune fosse più importante.

Marcello Paterlini

 

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