“Né solo arte, né solo natura”: Il Terzo Giorno per riflettere sul futuro

A PALAZZO DEL GOVERNATORE 117 OPERE DI 40 ARTISTI SUL TEMA DELLA SOSTENIBILITA'

Dal 20 aprile al 1 luglio il Palazzo del Governatore ospita una delle mostre più singolari: Il Terzo Giorno, curata da Didi Bozzini e promossa dal Comune di Parma con l’obiettivo di dare alla città l’occasione di riflettere sui temi dell’ambiente, della sostenibilità e del rapporto uomo – natura.

Sono l’assessore alla Cultura Michele Guerra; il curatore Didi Bozzini e Davide Bollati, rappresentante degli sponsor, parmigiani e non, che hanno contributo a rendere concreta questa iniziativa, a svelare alla stampa i segreti e gli obiettivi: “Metterci di fronte alla bellezza e ai problemi della società – esordisce Guerra -. Noi dobbiamo avere la costanza e la pazienza di studiare profondamente il significato di tutte le sue opere, nessuna esclusa. Spero che Il Terzo Giorno sia davvero per la città un’occasione di riflessione sull’arte, sulla natura e sul paesaggio nel quale viviamo. Questa mostra inoltre potrebbe essere tranquillamente il primo vero grande passo verso Parma 2020, lo è per la qualità dell’esposizione e del lavoro che è stato fatto in squadra. Ci auguriamo che Parma 2020 possa essere, in grande, quello che è stato Il Terzo Giorno: un dialogo fruttuoso tra pubblico e privato; la capacità di avvicinare tanti cittadini a questi temi attraverso vari incontri che contornano la mostra tra cui attività laboratoriali dedicati all’educazione dei più piccoli come l’ ‘Atelier dei bambini’: un laboratorio di ‘immaginazione materiale’ ”.

La mostra è nata da un rapporto di amicizia e comunicazione tra il curatore e i 40 artisti esposti raccogliendo un totale di 117 opere tra immagini fotografiche, installazioni e dipinti. Durante il suo intervento, Davide Bollati dichiara: “Quello che mi piacerebbe uscisse fuori da questa mostra è una sintesi di un qualcosa che vada oltre queste contrapposizioni. Questa non è una mostra solo di arte o solo di natura, ma vuole far riflettere sul futuro dell’umanità e del pianeta su un tema di sviluppo sostenibile, una via che deve mettere insieme le risorse, finite, del pianeta e la sostenibilità del genere umano trovando modalità e tecnologie nuove e sostenibili. Spero che la mostra dia uno spunto di speranza e prospettiva verso un futuro migliore”. La mostra, come fa notare proprio Bollati “presenta più livelli di profondità: si può visitare, infatti, solo con gli occhi oppure la si può visitare studiando prima la poetica degli artisti che vi partecipano”.

Durante la presentazione, Bozzini afferma: “Il Terzo Giorno è il giorno in cui appare la vita. La Genesi comincia infatti con la necessità di Dio di fare luce per vedere. Perché finché non vede non può creare. Non a caso, molto spesso le divinità sono rappresentate da un occhio, ciò perché si è intuito che per fare occorre prima di tutto vedere. L’arte è infatti dentro la natura ma il problema è riuscire a vederla. A me è stata chiesta una mostra sulla sostenibilità dell’ambiente ed io, così come gli artisti, non ho nessuna soluzione da fornire pronta e precotta. La mia preoccupazione è stata quella di cominciare un lavoro su una forma di ecologia estetica. Ho esposto quella che chiamerei una ‘biodiversità artistica’, si va infatti dalla scultura al disegno, dalla fotografia all’installazione, dal video alla pittura. Questi sono artisti che non si occupano della forma del proprio lavoro ma dei contenuti e quello che li lega è una profonda attenzione alle cose della vita umana, quindi sono opere che hanno una valenza fortemente empatica: parlano delle nostre preoccupazioni. Quello che vi chiedo è di guardarla con occhi innocenti. Le immagini sono immagini. Non statevi a chiedere da che scuola, luogo, tempo arrivino. Chiedetevi, invece, perché un blu è un blu; una pietra è una pietra e così via: vi auguro di trovarci un piacere.”

Il catalogo che accompagna la mostra è stato realizzato chiedendo agli artisti, indirettamente, che cos’è per loro arte e cos’è per loro natura, lasciando la possibilità di esprimersi liberamente di fianco alla loro opera.

Divisa in due piani, la mostra parte dalla ‘separazione delle acque’, riprendendo l’episodio tratto dal libro della Genesi e seguendo un percorso a forma di T: in questo modo, entrando, il fruitore può scegliere se andare a sinistra o destra, ma comunque, per continuare il percorso espositivo occorre tornare sui propri passi. Se nell’ala destra del palazzo vi è un’approssimazione concettuale, rappresentando i simboli della natura, nell’altra ala la natura e i suoi elementi vengono rappresentati come componenti pittorici, come figure. Tra le opere del primo piano, spiccano quelle di Alighiero Boetti, con il suo primo dattiloscritto in cui venivano classificati i mille fiumi più lunghi del mondo; Mario Giacomelli, con la serie di fotografie de ‘Il motivo suggerito dal taglio dell’albero’, dove esprime l’idea che l’arte sia dentro la natura e si possa estrarre con lo sguardo , Mario Merz con l’ ‘Igloo’: icona della prima inserzione dell’uomo nell’ambiente; Eric Poitevin, che fotografando la foresta che circonda casa sua, afferma che l’arte deve essere il cervello fotografico della natura e tanti altri artisti.

Il secondo piano è – dice Bozzini – il piano dove la cultura, nata nella natura, si traduce in elemento distruttivo”, Simone Verde, direttore del complesso museale della Pilotta, suggerisce per questo piano lo slogan: “I miracoli della natura e i fallimenti della cultura”. L’idea di Bozzini per questo piano è di descrivere un mondo che non sia “disponibile”, ovvero di abitarlo senza sfruttarlo ma salvaguardandolo.

Il mondo è e deve essere abitabile. L’idea che il mondo e la vita siano disponibili è un’idea che ha portato, nel corso dello scorso secolo, a catastrofi come Auschwitz e Hiroshima, con l’idea che i corpi umani si possano trattare come cose. Così ho voluto cominciare a descrivere le varie pratiche di abitare il mondo e non di renderlo disponibile.”

La mostra si conclude con l’ultima sala che rappresenta il dopoguerra, il dopo natura, il dopo uomo e il dopo animale. “Qui c’è finalmente la rappresentazione dei giorni nostri – spiega Bozzini – ovvero la gente che può cambiare faccia, fegato, occhi, animali che possono avere due petti piuttosto che un corpo dalle fattezze umane e così via. Questo perché ormai possiamo fare del mondo quello che vogliamo”. Tra le opere che spiccano nel secondo piano, vi sono le rappresentazioni fotografiche di ibridi realizzate da Jane Alexander. A conclusione del percorso espositivo vi è la tela di Jonas Burgert con il suo ‘Ciò che potrebbe essere’: la riflessione che sta alla base dell’opera artistica prende spunto dall’indagare quel desiderio dell’umanità di trovare un significato alla vita al di là della fisicità. “Ho scelto questo quadro – spiega Bozzini – perché incita a guardare e riassumere contemporaneamente sia il luogo da dove fuggo ma anche il luogo verso il quale sono diretto”.

 

di Marilina Leggieri

 

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