Le voci dei migranti-vigili: “A lavoro per Parma come fosse casa nostra”

I RICHIEDENTI ASILO SI RACCONTANO DOPO LE POLEMICHE AL PROGETTO DI VIGILANZA SCOLASTICA

“E’ vero che ci sono dei delinquenti tra gli immigrati, ma c’è anche una parte buona e noi ne siamo la prova“. Ad affermarlo è Abdoul Bassid Traore, ivoriano di 27 anni, che insieme ad altri sei richiedenti asilo, sta svolgendo il servizio volontario di vigilanza davanti alle scuole elementari di Parma, iniziativa finita nel mirino delle critiche da parte delle forze politiche cittadine di centrodestra.
Il progetto, avviato dal 23 aprile, nasce da un accordo tra il Comune di Parma, l’Associazione Nigeriana di Parma e Provincia, Auser e i Centri di Accoglienza Straordinaria, Svoltare e Gruppo Umana Solidarietà: prevede che i richiedenti asilo, implementino – e non sostituiscano – il servizio offerto dai vigili urbani e dai volontari pensionati dalla città, i cosiddetti ‘nonni vigile’, il cui numero è in diminuzione negli ultimi anni. E’ un lavoro che occupa circa 30 minuti alla mattina e all’orario di uscita dalle scuole, che non comporta una retribuzione – se non come rimborso spese per i trasporti- e un precedente periodo di formazione di un mese al fianco della Polizia municipale.

Le polemiche da parte di Lega Nord e Forza Italia, tuttavia, non sono tardate ad arrivare: non è bastata, difatti, la selezione dei migranti attraverso la verifica di determinati requisiti – come la conoscenza della lingua, la formazione precedente, la vita domestica e l’assenza di precedenti penali- a placare gli animi dei partiti di destra. Quest’ultimi hanno fatto leva sulla campagna elettorale e il “buonismo verso i migranti dell’amministrazione pizzarottiana”, sulla figura del nonno-vigile sostituito dai “parcheggiatori abusivi”, sui vari reati commessi in città dai richiedenti asilo e sulla “pericolosità” della loro vicinanza ai bambini: “Sconosciuti a contatto con i nostri bambini. Noi della Lega in Consiglio Comunale stiamo preparando un’interrogazione perché il Comune sciolga questo folle accordo”, ha affermato la capogruppo e parlamentare Laura Cavandoli. Insomma, un po’ il classico ‘fare di tutta l’erba un fascio’. Per questo ParmAteneo ha intervistato i richiedenti asilo per conoscere le loro idee e motivazioni.

NON SOLO RICHIEDENTI ASILO MA PERSONE – Quello che sembra sfuggire ai più critici, è che questi sette richiedenti asilo prima di arrivare in Italia ed essere etichettati come immigrati, avevano una vita e su quest’ultima si sono basati i requisiti di selezione per le 100 adesioni arrivate al progetto. Tra i sette richiedenti asilo risultati consoni al servizio, avviato in via sperimentale, si trovano ex saldatori, panettieri, commercianti, sarti, imbianchini e anche un vigile urbano, come Jonathan Oneyokuwni, 32 anni e d’origine nigeriana. Sono ragazzi, tutti tra i 20 e i 30 anni circa, che hanno studiato e che hanno passatempi – come Amadi Balde, senegalese di 21 anni e Mohammed Bamba, ivoriano di 20 anni,- che amano giocare a calcio. Alcuni sono padri e mariti con la speranza di portare qui la propria famiglia, come Achraf Tchedre togolese di 35 anni, Seny Keita, ventunenne della Guinea e lo stesso Jonathan. Tutti hanno aspirazioni per il loro futuro in Italia: “Vorrei formarmi come saldatore qui in Italia”, risponde Keita Sekou, ventunenne del Mali.
Cosa li ha spinti ad aderire a questo progetto? “Lo sto facendo come se fossi a casa, quindi mi comporto esattamente come se fossi là, contento di poter partecipare attivamente alla comunità italiana”, spiega Achraf. “Che cosa significa per voi svolgere il servizio di vigili davanti alle scuole?” Balde risponde: “Sono orgoglioso di poter fare il volontario per la città che mi accoglie. Amo fare questo lavoro e ringrazio per la possibilità che mi è stata data”, mentre Jonathan aggiunge: “Sono contento di fare il volontario per il servizio di vigilanza scolastica, sia perché è un modo di socializzare e sia perché mi permette di usare delle competenze pregresse: mi piace perchè non c’è niente di nuovo, mi sento come se fossi a casa mia“.

ACCOGLIENZA A PARMA – Chi da qualche mese – come Aboul, arrivato a ottobre 2017 – chi ormai da oltre un anno o più – come Sekou in città dal settembre 2016 -, tutti i migranti sono giunti dal loro Paese in Italia – e in particolare a Parma – non di passaggio ma per restarci e viverci, sperando di portare qui anche la propria famiglia. Forse proprio per la sua nota multiculturalità o per la politica di accoglienza che si attua, Parma piace e i ragazzi affermano di sentirsi come a casa. “Per adesso non abbiamo avuto nessuna difficoltà: noi siamo gentili con le persone e i cittadini ci rispettano, alcuni addirittura ci dicono ‘buon lavoro’, racconta Jonathan, “però vedremo cosa succederà dopo le impressioni che ha dato la stampa su di noi”. E continua: “Intanto vogliamo ringraziare i parmigiani che ci hanno accolto, noi vogliamo dimostrare di essere all’altezza del compito” conclude Jonathan, parlando a nome di tutti.
E – un po’ per rassicurare le preoccupazioni dei leghisti – il rapporto con i bambini e nella loro quotidianità è buono, senza preoccupazioni dovute al diverso colore della pelle. In fondo “Nel cuore dei bambini non c’è il razzismo, esso cresce in loro dagli insegnamenti degli adulti“, sottolinea Vincent Kanga, operatore di Svoltare onlus e referente del progetto.

ABBATTERE I PREGIUDIZI – Il caso dei vigilanti-migranti è stato al centro di una discussione nell’ultimo Consiglio comunale di Parma di martedì 8 maggio. Uno solo il filo conduttore che ha accomunato le parole dei vari consiglieri di maggioranza intervenuti a sostegno dell’iniziativa, accolta positivamente anche dalle forze di centrosinistra: Parma è una città fortunata, può contare su migliaia di volontari, dato che tramite l’accordo, come sottolineato, i vigilanti richiedenti asilo si aggiungeranno ai ‘nonni-vigili’ che stazionano presso le scuole. In più “avere l’opportunità di aiutare la propria collettività è una grande occasione di riscatto per dimostrare la gratitudine ricevuta dai parmigiani”. “I cittadini di Parma, così, non ci stanno, rifiutano le divisioni e la xenofobia”, hanno sottolineato dai banchi della maggioranza. “La violenza e il non rispetto delle leggi va punito, ma se non conosciamo queste persone, come possiamo noi giudicarli?”

In una società in cui l’immigrazione è ormai realtà strutturale, abbattere i pregiudizi e combattere il razzismo e la xenofobia è basilare. Nonostante ciò, talvolta si continua a considerare il migrante soltanto come un problema da gestire, senza tener conto che il bisogno di appartenenza, unito al desiderio espresso o meno di essere accettati nel nuovo Paese, può essere la prima leva per una vera integrazione. Per questi sette ragazzi, solo i primi protagonisti del progetto, fare volontariato è un modo per essere attivi e contribuire nel proprio piccolo al benessere della collettività. E chissà che, a contatto con i cittadini, non si sentano già un po’ parte di Parma.

 

di Laura Storchi e Valentina Perroni

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