Fuorisede e cibo contaminato: quanto dobbiamo preoccuparci?

A CIBUS OFF SI PARLA DI SICUREZZA ALIMENTARE PER GLI STUDENTI

“Gli studenti fuorisede sono più esposti al cibo contaminato”. A dirlo è il prof. Sergio Ghidini, a margine dell’incontro organizzato in occasione Cibus OFF, l’iniziativa ‘spalla’ della più nota Cibus, che ha trasformato il centro di Parma in una grande Agorà per discutere del rapporto fra il cibo e il territorio parmense.
Ed è proprio nella capitale della buona cucina che si è discusso dei rischi alimentari che possono correre gli studenti fuorisede a tavola o, come spesso capita, seduti sui gradoni delle aule durante le pause pranzo.

Andiamo con ordine.

La sicurezza alimentare è un tema balzato agli onori delle cronache da più di vent’anni. Dal disastro di Chernobyl fino al pollo alla diossina di fine anni Novanta, passando anche per il morbo della mucca pazza del 1994. Una serie di eventi che, come sostiene il docente di Ispezione degli alimenti Sergio Ghidini, sono accumunati da due elementi: la distanza tra l’evento e gli effetti e l’apparente genuinità degli alimenti contaminati. Proprio a causa di questi due problemi la comunità europea aveva deciso di aumentare i monitoraggi dei prodotti sino alla fase di distribuzione.

Ed è qui che nasce uno dei temi dell’incontro. Dopo l’acquisto chi controlla l’alimento?

“Tutti i controlli successivi sono a carico del consumatore – risponde il prof. Ghidini – però più del 50% delle infezioni alimentari derivano da una non corretta gestione degli alimenti da parte di chi li acquista”. Come dire che, quando mettiamo un prodotto in frigorifero, abbiamo buone probabilità di poterlo in qualche modo contaminare. Un ‘fattore di rischio’ che si alza ulteriormente quando a maneggiare i prodotti sono studenti universitari fuorisede, spesso alle prime armi ai fornelli.

Esistono campagne di sensibilizzazione nei confronti della corretta gestione dei prodotti alimentari; “il problema – come spiega la dottoressa Di Fraia – è che le pubblicità e le campagne educative alimentari sono indirizzate verso le famiglie, soprattutto verso le madri, e non nei confronti dei fuorisede”. Questo genere di pubblicità omettono molte cose che le madri sanno però gli studenti no.

“Inoltre – suggerisce il professor Ghidini – la percezione del rischio per i ventenni è minima” e questo comporta molti errori di valutazione soprattutto per chi è alle prime esperienze fuoricasa. Difatti, fanno notare i due relatori, è fondamentale osservare quanto una persona è esposta al rischio a discapito dell’età.

Gli studenti fuorisede, se calcoliamo il budget molto ridotto e l’inesperienza nella preparazione degli alimenti, lo sono in primis. Il fatto di vivere con altre persone rende inevitabile utilizzare gli stessi utensili da cucina amplificando ancora di più la possibilità di trasmettere i batteri anche su cibi incontaminati. Quindi cosa possono fare le tanto vituperate matricole per difendersi dal rischio di passare una serata al pronto soccorso?

“È difficile da pensare però – dice la dottoressa Di Fraia, autrice di un opuscolo sulla conservazione degli alimenti – sarebbe molto utile dividere le mensole del frigorifero in base al tipo di alimento e non per proprietà. Questo perché i vari prodotti necessitano di diverse temperature per poter essere conservati al meglio.” Di pari passo sarebbe indispensabile anche utilizzare taglieri e coltelli diversi per le varie categorie di alimenti in modo tale da evitare le cosiddette ‘contaminazioni incrociate’. “Basti pensare – afferma il docente dell’Università di Parma – che il 91,5% delle malattie alimentari sono legate a batteri che possono derivare dallo stesso prodotto ma soprattutto dalla preparazione domestica. Ed è qui che si deve intervenire.”

Stesso discorso vale quando trattiamo con le mani cibi come carne o uova poiché in quel caso lavarsi accuratamente le mani è l’unico deterrente contro i batteri.

Un trucco, per evitare di danneggiare i piatti preparati a casa e consumati tra una lezione e l’altra, consiste nel prestare molta attenzione al trasporto “poiché – prosegue la dottoressa – è indispensabile evitare sbalzi di temperature nel senso di lasciare un alimento, conservato in frigo, per troppe ore a temperatura ambiente.” Questa buona abitudine, conferma il professore, deve essere utilizzata anche al supermercato, prendendo i surgelati come ultima cosa e conservandoli in apposite borse termiche.

Dove si può quindi intervenire? “La normativa vigente è corretta – risponde il professor Ghidini a termine dell’incontro – il problema è la non educazione del consumatore. È indispensabile che ogni Stato europeo educhi i propri cittadini, partendo dalla scuola dove oggi manca una vera educazione alimentare.”

di Mattia Fossati

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*