Prostitute di plastica

L'ULTIMA STEREOTIPATA AVANGUARDIA DEL SESSO A PAGAMENTO

«Non siamo qui a pettinar le bambole», diceva Pier Luigi Bersani intervistato da Fabio Fazio. Eh no, caro Bersani, hai ragione. Siamo qui per trombarle.

A Torino, il prossimo 3 settembre, aprirà la prima casa italiana di appuntamenti con bambole di alta qualità. Sono bambole in elastomero sagomato che riproducono donne dall’enorme seno. Pezzi di plastica inanimati. Pezzi di plastica su cui un uomo, ma anche una donna, può sfogare le proprie perversioni sessuali. Umiliarla. Magari anche stuprarla. Tanto sono pezzi di plastica.

È vero, sono bambole inanimate e non c’è alcun reato in questo. Però, non stiamo perdendo di vista qualcosa? Qualcosa che manda avanti il mondo da, più o meno, quando è nato? Qualcosa che si chiama capacità di relazionarsi? Capacità nel costruire relazioni e legami (stabili) con gli altri?

La prostituzione, il sesso in cambio di benefici materiali e non, sono cose che esistono, anch’esse, da sempre. Non voglio fare nessun tipo di moralismo spicciolo, intendiamoci. Io penso che se una donna voglia fare sesso con tre uomini contemporaneamente sia libera di farlo. Libertà sessuale first. E da me non avrà alcun tipo di giudizio etico-morale, né insulti quali l’ormai evergreen “puttana”. Ma, come tutte le libertà, anche questa finisce nel momento in cui ledi quella di un altro individuo.

Quanto è sano andare in una casa di appuntamenti con bambole? Voglio dire, quanto è sano per l’individuo che, magari, urina, vomita o violenta una bambola che simula una donna incinta (sì, c’è anche questa opzione e alcuni giornali quasi la celebrano come modello di punta che nemmeno nelle case di moda) per poi tornare alla propria vita come nulla fosse?

Quello che trovo allarmante è che sembrerebbe esserci una grande richiesta di sex dolls. Più oggetti inanimati con cui fare addirittura sesso e meno persone con cui entrare in relazione. Più oggetti su cui dominare e meno persone con cui condividere. Più oggetti e meno persone.

Forse sono pessimista, lo sono per natura, ma in un mondo in cui la sindrome di Peter Pan falcia relazioni sentimentali come una mietitrebbia fa col grano, questo mi sembra l’ennesimo schiaffo in faccia alle donne. A quelle donne che vogliono davvero conoscere e costruire una vita con l’uomo che hanno scelto. Quelle che ancora sono interessate a raccontare le proprie esperienze, ad ascoltare quelle degli altri. Quelle che non si denudano per quattro like. Non lo fanno, ma nemmeno giudicano chi lo fa. Semplicemente non fa per loro.

La morte delle relazioni parrebbe essere annunciata. Ma forse mi sbaglio. Anzi, sicuramente mi sbaglio. Perché ci sono ancora uomini in grado di esplorare le proprie perversioni sessuali parlandone con la partner, cercando di trovarsi, di capirsi. Di amarsi. Ci sono ancora uomini che al posto di uno schiaffo, fanno una carezza. Che al posto di uno sputo, danno un bacio. Che ai calci, preferiscono gli abbracci.

Se questi uomini cominciassero a storcere il naso davanti a certe cose, davanti a certe rappresentazioni stereotipate di donne tettone che soddisfano il maschio, forse ci sarebbe un’altra morte annunciata. Quella della misoginia. E questa sì che sarebbe una bella notizia.

di Fabiola Stevani

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