Mafia Capitale, il punto dopo i processi

IL SISTEMA DI BUZZI E CARMINATI RICOSTRUITO DALLE CARTE DEI GIUDICI

Mafia capitale è una mafia. Lo ha stabilito la III sezione della Corte d’assise d’appello di Roma. È un’organizzazione divisa in due poli: da un lato l’ex Nar Massimo Carminati, dall’altro Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative romane.

Due personaggi che si occupano di diversi settori: il primo “recluta imprenditori ai quali fornisce protezione” e mantiene rapporti con le altre organizzazioni criminali operanti su Roma, il secondo invece gestisce le “attività economiche dell’associazione nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, dell’accoglienza dei profughi e negli agli settori oggetto di gare pubbliche aggiudicate con metodo corruttivo”.

Sono due universi molto diversi, uno criminale e l’altro politico-imprenditoriale. Mafia capitale è la cerniera fra questi due mondi. I fatti, per cui la cupola di Buzzi-Carminati ha subito pesanti condanne, ne costituiscono la prova.

Il “mondo di sopra” ruota attorno al “sistema” d’accoglienza dei migranti escogitato da Luca Odevaine, condannato in appello a sei anni e sei mesi. Egli, si legge nella sentenza di primo grado, “metteva a disposizione” del gruppo di Buzzi “il suo ruolo di appartenente” al Tavolo di Coordinamento nazionale sull’accoglienza e quello di componente delle tre commissioni che assegnavano i servizi di gestione del Cara di Mineo, il centro per rifugiato più grande d’Europa.

“Avendo questa relazione continua con il Ministero sono in grado un po’ di orientare i flussi che vengono da giù (…) io insomma gli faccio avere parecchio lavoro” – dice Odevaine in una telefonata con il suo commercialista. Grazie al suo ruolo, Odevaine può “orientare le scelte” del Tavolo di coordinamento facendo confluire i migranti verso strutture gestite da Buzzi oppure fare “pressioni” per aprire nuovi centri in “luoghi graditi” allo stesso ras delle cooperative.

Per i suoi servigi, è ben stipendiato dall’organizzazione del duo Buzzi-Carminati: “Odevaine piglia 5000 euro al mese da tre anni!” – sbotta lo stesso Buzzi un’intercettazione telefonica – “e l’investimento ha pagato perché arrivavano (gli immigrati)”. Si capisce perché era indispensabile smazzettare Odevaine: “Tu lo sai quanto guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno” –  spiega Buzzi.

“Ma tu sai le persone che io c’ho a stipendio? Non c’hai idea. Pago tutti, pago.” – racconta sempre Buzzi. È una “burocrazia illecita”, come la chiama l’ordinanza Mondo di mezzo nel dicembre del 2014, al soldo di Mafia Capitale. Tra questi c’è anche Franco Panzironi, l’ex a.d. dell’Ama che si occupa dello smaltimento dei rifiuti della città eterna. Secondo le accuse, egli avrebbe aiutato l’organizzazione ad aggiudicarsi appalti pubblici nel campo della “monnezza” e avrebbe garantito i rapporti con l’amministrazione comunale sotto la gestione Alemanno.

Anche Panzironi è ben retribuito dall’organizzazione criminale, in particolar modo grazie alle “erogazioni verso fondazioni delle quali egli esprime organi apicali”, come “Fondazione Nuova Italia” il cui presidente è, guarda caso, proprio Gianni Alemanno. 120 mila euro, secondo gli accertamenti dei magistrati, sono entrati nelle casse della fondazione tramite società del ras delle cooperative e di altri due imprenditori “estranei ma collegati a Buzzi”. La somma corrispondeva al 2,5% di un appalto da 5 milioni di Ama. Buzzi garantiva persino “la rasatura dei prati” in alcune proprietà di Panzironi, il quale nella sentenza di condanna di primo grado viene definito “il percettore sistematico di tangenti” elargite da Mafia capitale.

All’appello dei “bravi ragazzi” a disposizione dell’organizzazione vi sono politici di entrambi gli schieramenti. Come Mirko Coratti, ex vicepresidente della commissione patrimonio sotto Alemanno e poi presidente del consiglio comunale nella giunta Marino.

“Oh, me so comprato Coratti” – rivela Buzzi in un’intercettazione come se fosse il presidente di una squadra di calcio durante il calciomercato. Difatti, nelle conversazioni telefoniche, Coratti era stato soprannominato Balotelli perché, come il calciatore, è “persona dall’ego smisurato” che “diceva sempre di risolvere tutto lui superano ogni difficoltà”. Secondo i magistrati, il consigliere comunale capitolino avrebbe stretto un patto corruttivo con Buzzi. “Ce lo siamo agganciato” – spiega quest’ultimo.

“Certo che non stanno messi troppo bene sti consiglieri in termini di moralità” – commenta un suo socio. In appello, Coratti ha incassato una condanna a quattro anni e sei mesi per corruzione.

L’altro big della lista di Buzzi è Luca Gramazio, capogruppo del PdL alla Regione Lazio condannato in appello a otto anni per 416 bis. I giudici hanno ritenuto provato che egli facesse a pieno titolo parte dell’associazione criminale. Si interessava “direttamente e indirettamente” nei diversi settori della P.A. che facevano gola al dinamico duo Carminati-Buzzi, anche proponendo emendamenti che innalzavano i fondi destinati alle cooperative e di conseguenza al ras di Mafia Capitale.

Non scordiamo però il ruolo di Massimo Carminati, il vero deus ex machina del gruppo. Secondo i giudici di primo grado, Er Cecato è talmente ben inserito nel contesto della criminalità romana che “ne può contattare e frequentare gli esponenti, anche di vertice”. Infatti, il Nero della Magliana non ha paura di misurarsi con nessuno.

Massimo Carminati incontra Michele Senese

IL MONDO DI SOTTO – Carminati si presenta da solo ad un incontro con Michele Senese detto O Pazzo, boss della Camorra a Roma, che invece si fa accompagnare dal proprio autista. Per gli investigatori del Ros, è prova che Carminati “fosse ben conscio del potere espresso dalla propria organizzazione”.

Luciano Casamonica, invece, viene addirittura assoldato come collaboratore nelle coop di Buzzi per fare la guardia in un campo nomadi di Castel Romano. Motivo? “Lucianino è un grande mediatore” – spiega Scozzafava a Buzzi. La procura ipotizza che quel “mediatore culturale” sia stato assunto poiché la paura che incute il clan Casamonica poteva evitare problemi gli abitanti del campo.

Il duo Buzzi-Carminati conosce anche esponenti del clan Fasciani di Ostia, perché il ras delle cooperative era stato in cella negli anni Ottanta con il boss Carmine Fasciani. Per i giudici di primo grado, le frequentazioni con il mondo della malavita non sono “in connessione” con gli appalti ottenuti dalle cooperative di Buzzi mostrano piuttosto il reticolo di relazioni nelle quali è coinvolta la cupola di Carminati.

Ma, precisano i magistrati, tutto ciò può giustificare “il sospetto che Carminati, in caso di necessità di ricorrere alla violenza, potesse avere facilità di contatto con soggetti adatti a coadiuvarlo in tale direzione”.

Politica e criminalità. Ecco, che cos’è Mafia capitale. È il “mondo di mezzo”.

di Mattia Fossati

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*