Strage di Bologna, rispunta la pista palestinese

LA DIFESTA HA CHIESTO DI ASCOLTARE 'CARLOS', IL TERRORISTA DELL'FPLP TEORICO DEL COMPLOTTO AMERICANO

La verità sulla bomba alla stazione di Bologna potrebbe celarsi nella storia del terrorismo palestinese. Questo è il succo della prima udienza autunnale del processo a Gilberto Cavallini, ex esponente dei Nar accusato di aver concorso con Giusva Fioravanti e Francesca Mambro alla strage del 2 agosto 1980.

Secondo i legali della difesa sarebbe opportuno convocare come testimone Ramirez Sanchez detto ‘Carlos’, terrorista filo-palestinese (che sta scontando tre ergastoli nel carcere parigino di Poissy), il quale ha accusato la Cia, Gladio e il Mossad di avere dirette responsabilità nella strage di Bologna.

In base al suo racconto, gli americani avrebbero fatto esplodere la bomba alla stazione per distruggere armi trasportate da alcuni nuclei dell’FPLP, un gruppo terrorista palestinese che operava in Europa e negli Stati Uniti. Per Carlos, l’attentato in Emilia sarebbe servito per “tenere l’Italia nell’orbita Nato”. Non dimentichiamo che il nostro paese non era nuovo a bombe e attentati per condizionare gli equilibri politici, come testimonia la mattanza di Portella della Ginestra nel 1947, la strage di Piazza Fontana nel 1969 oppure quella di Brescia del 1974.

Carlos, dopo aver spiegato a più riprese alla stampa la propria “verità” (che tra l’altro ha ritoccato nel corso delle interviste), si è reso disponibile ad essere ascoltato nel processo contro Cavallini. Non avrebbe parlato prima per motivi di “incolumità personale”, dice lui.

La Procura, però, non è dello stesso avviso e di fatto lo ritiene inattendibile. Difatti, l’inchiesta sulle ‘rivelazioni’ di Carlos era già stata percorsa e poi archiviata nel 2015 per insufficienza di prove. L’ex terrorista palestinese potrà essere ascoltato, ha stabilito il giudice, solo se riferirà in modo dettagliato e puntuale ciò che sa in merito alla strage. Non saranno ammesse testimonianze generiche o per ‘sentito dire’. Tutto quindi è rimandato alle prossime udienze che riprenderanno la mattina del 26 settembre. “Vogliono guadagnare tempo – avverte Paolo Bolognesi, il presidente dell’Associazione tra i Familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna – ricordiamoci che qui vige il detto “chi la slunga la dura“.

La fonte ‘Carlos’

Difatti avere ripescato un personaggio così opaco e caduto spesso in contraddizione come Carlos, può di certo gettare qualche punto interrogativo sulla scelta compiuta dalla difesa. Vedremo nelle prossime udienze se Carlos porterà prove a supporto della propria tesi.

La difesa di Cavallini (assente in aula) ha chiesto anche di acquisire alcuni documenti secretati, tra cui quelli sulla strage del treno Italicus. “Questi documenti – spiega Speranzoni, avvocato della parte civile – potrebbero avere oggi un peso diverso rispetto al passato. È necessario rileggere bene le carte e acquisire quelle rimaste finora segrete”. Motivo della scelta?

Trovare le prove di una connessione, riconducibile al terrorismo palestinese, fra la strage di Ustica e la bomba alla stazione di Bologna.

Vi è quindi il sospetto che dietro quell’afoso 2 agosto si celi una mano straniera coperta dai servizi italiani, come testimoniano le condanne per depistaggio incassate dal generale del Sismi Musumeci e dagli agenti segreti Pazienza e Belmonte.

In aula i legali della difesa hanno ribadito che una pista alternativa ai Nar è presente e vi sarebbero elementi sufficienti per avviare un’indagine. “Dopo trent’anni – spiegano gli avvocati dell’ex eversore nero in una pausa del processo – sarebbe auspicabile mettere le mani sui documenti sottoposti a segreto di Stato. Sempre se vogliamo trovare la verità”.

Un’ipotesi, che conduce vicino al Medio Oriente, era già emersa nel 1999 quando il boss “pentito” Francesco Di Carlo aveva riportato ai magistrati una confidenza che gli aveva fatto un suo compagno di cella (nipote di un colonnello dei servizi libici): la bomba a Bologna sarebbe stata piazzata dalla Libia come ripicca contro l’Italia, colpevole di aver “aiutato gli americani” a tentare di abbattere l’aereo di Gheddafi nella famosa notte di Ustica.

Per il momento, nonostante le più fantasiose e mirabolanti ipotesi, un dato è adamantino: a commettere la strage alla stazione sono stati gli esponenti di vertice dei Nar, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, condannati all’ergastolo nel 1995. L’identità dei mandanti resta un mistero.

Valerio Fioravanti e Francesca Mambro durante il primo processo sulla strage del 2 agosto 1980

In aula ha deposto anche Marcello Iannilli, esponente di spicco dei gruppi neofascisti Costruiamo l’azione e del Movimento Rivoluzionario popolare (MRP). Egli, a differenza di quanto aveva sostenuto il suo socio Paolo Aleandri, ha smentito che il loro gruppo avesse avuto rapporti con la massoneria di Licio Gelli. Inoltre, la Corte ha chiesto spiegazione a Iannilli della tentata strage (la bomba in quel caso non esplose) compiuta nel 1979 contro sede del CSM. L’esplosivo, ha spiegato il teste, era conservato a casa di Aleandri ed era stato assemblato con un timer sradicato da una lavatrice.

A dare una mano nella fase di assemblaggio della bomba, secondo Iannini, erano state alcune “dispense” procurate dal camerata Sergio Calori. Le parti civili, riportando le dichiarazioni di Aleandri, sospettano che il prof. Enzo Maria Dantini (vicino al gruppo neonazista Lotta di Popolo di Paolo Signorelli) abbia dato “un supporto tecnico” nella costruzione della carica esplosiva.

“Quella bomba – risponde l’ex membro di MRP – non doveva esplodere, era un atto simbolico contro un palazzo che rappresentava lo Stato”. “Se quella bomba non era stata concepita per deflagrare, perché allora avevate montato sopra un timer?” – chiede il giudice. Iannilli non è riuscito però a chiarire il mistero. Alla domanda se la bomba al CSM avesse potuto provocare una strage paragonabile a quella di Bologna, l’ex eversore  nero  ha risposto: “Non ero uno scienziato di queste cose (degli esplosivi, N.d.r.)”.

Grande assente odierno al banco dei testimoni (causa malattia) è Carlo Maria Maggi, esponente di spicco di Ordine Nuovo già condannato nel giugno 2017 per la bomba in Piazza della loggia a Brescia. Un altro sparuto gruppo di teste non si sono presentati per vari impedimenti tra cui la moglie di Francesco Mangiameli, ex esponente di Terza Posizione e ucciso a settembre 1980 – si sospetta – perché sapesse qualcosa di troppo sulla strage alla stazione.

Il mistero sulla bomba del 2 agosto a Bologna è ufficialmente riaperto.

 

di Mattia Fossati

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