Airbnb: evoluzione del turismo o ostacolo per quello tradizionale?
FEDERALBERGHI DENUNCIA: "EVASIONE FISCALE E CONCORRENZA SLEALE”
Negli ultimi anni la piattaforma Airbnb ha riscontrato un notevole successo come strumento economico ed originale per sfruttare un’esperienza di viaggio: il sito dà la possibilità agli host di affittare una stanza della propria casa e al turista di entrare nel vivo del luogo che visita ad un costo minore rispetto alle tipiche strutture ricettive.
Ciò ha scatenato non poche polemiche soprattutto da parte degli albergatori del territorio, che si sono rivolti a Federalberghi. In una loro recente analisi sulla ‘shadow hospitality’ è emerso che nel territorio di Parma e provincia sono presenti sulla piattaforma 847 alloggi, in crescita del 55,41% rispetto ad agosto 2016: queste strutture avrebbero l’impatto sul mercato di 8 hotel. Federalberghi denuncia soprattutto il fatto che le strutture proposte spesso sono veri e propri alloggi adibiti solo all’affitto, dove quindi il proprietario non è presente, ma che hanno oneri fiscali minori rispetto a quelle tradizionali.
Di conseguenza non sarebbero tradite solo le aspettative del consumatore, ma viene evidenziato il problema dell’evasione fiscale e del mancato rispetto delle norme poste a tutela del cliente, dei lavoratori, della collettività e del mercato. Nella sola provincia di Parma, la mancata riscossione delle tasse di soggiorno da parte delle strutture soggette alla policy di Airbnb, si ha una perdita di 200.000 euro all’anno di entrate.
Dal comunicato stampa di Federalbeghi, pubblicato lo scorso settembre, emerge una situazione di stallo e di incertezza a livello fiscale. A più di un anno dall’entrata in vigore della norma nazionale, che prevede l’applicazione di una tassazione agevolata per le locazioni brevi, sono ancora una netta minoranza i soggetti-intermediari che applicano la cosiddetta ‘cedolare secca’ e comunicano i dati all’Agenzia delle Entrate. L’entità del danno provocato alle casse dello Stato è onerosa. Basti considerare che nel 2016 “i soli host di Airbnb hanno ricavato in Italia circa 621 milioni di euro, sui quali il portale avrebbe dovuto effettuare e versare ritenute per 130,4 milioni di euro” afferma Federalberghi. Considerando il tasso di crescita degli annunci, si può stimare che l’evasione dell’imposta nel primo anno di applicazione della norma sia stata pari ad almeno 200 milioni di euro.
COME SI DIFENDE AIRBNB – In un’intervista fatta dal giornale Il Sole 24 ore Matteo Stifanelli, country manager per l’Italia, sostiene che in realtà non si parla di vera e propria concorrenza né tanto meno di concorrenza sleale in quanto Airbnb ha spinto più persone a viaggiare e soprattutto perché molti utenti che utilizzano la piattaforma cercano esperienze diverse da quelle offerte dagli hotel. Airbnb sostiene di aver contribuito allo sviluppo del turismo con un conseguente impatto economico positivo sul Paese semplificando la ricerca di case-vacanza anche in zone dove gli alberghi scarseggiano: “Non si viaggia per dormire da un’altra parte – afferma Stifanelli – ma per visitare posti nuovi e durante il viaggio si mangia, ci si muove, si fanno acquisti, si visitano musei. In una parola: si spende.”
La società si difende così anche dall’accusa di inganno del consumatore in quanto afferma che l’esperienza di entrare a contatto con l’host non avviene necessariamente di persona, infatti molti utenti interagiscono con il proprietario telefonicamente per avere informazioni generali e utili sul posto che stanno visitando. Questo contatto virtuale rassicura i turisti in caso di bisogno, ma allo stesso tempo permette loro di avere una certa privacy: per questo 7 persone su 10 non prenotano una camera all’interno dell’abitazione del proprietario.
UNA LEGGE CHIARA – Piattaforme come Airbnb, riguardanti le cosiddette locazioni brevi, sono soggette al decreto legislativo 50/2017. La norma intende per ‘locazioni brevi’ i contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, compresi quelli che prevedono la prestazione di servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali. Tali contratti devono essere stipulati da persone fisiche – non nell’esercizio di attività d’impresa- “direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online” come per l’appunto Airbnb. Quindi la locazione può avvenire solo tra privati. Quindi, per esempio, se i servizi eccedono il limite della fornitura di biancheria e pulizia, si rischia di svolgere un’attività alberghiera abusiva. Airbnb, infatti, stabilisce che l’host garantisca un servizio essenziale di biancheria e pulizia, che varia a seconda della durata del soggiorno.
Numerosi portali, tra cui Airbnb, svolgono il ruolo degli intermediari immobiliari, che concludono un contratto di locazione sotto i 30 giorni tra inquilino e proprietario. Gli intermediari devono, secondo la norma, inviare alle Entrate una comunicazione in occasione della stipula di ogni nuovo contratto, pena una sanzione da 200 a 2mila euro.
Inoltre hanno l’obbligo di trattenere una ritenuta del 21% sui proventi della locazione e versarla con specifiche modalità.
LA PAROLA AGLI HOST- “Premetto che io ho un’attività vera e propria, un agriturismo, e utilizzo diversi siti, tra cui Airbnb, per mettere in vendita le mie camere” afferma Adriano durante la nostra conversazione. Effettivamente rappresenta un caso particolare nel mondo degli host di Airbnb: non è un privato che affitta camere sulla piattaforma; bensì ha una propria attività, attraverso cui mette in vendita le camere. Ma perché Adriano ha deciso di iscriversi su Airbnb? “Ti permette di avere visibilità: prima era molto difficile farsi pubblicità” sottolinea il giovane: senza tale piattaforma per un privato sarebbe stato molto complicato farsi conoscere, sopratutto all’estero. Airbnb ha facilitato il contatto fra soggetti provenienti da ogni parte del mondo, purché iscritti al sito. “Qualsiasi privato ha la possibilità di affittare qualcosa” sottolinea Adriano, che continua: “Sono su Airbnb perché ho più possibilità di ricevere prenotazioni, anche se, tuttavia, ottengo un maggior guadagno da Booking.com”, una delle più importanti piattaforme che si occupano di vendite di soggiorni online. È importante non dimenticare che Airbnb presenta situazioni poco limpide: se da una parte avvantaggia chi desidera muoversi in un mercato internazionale, dall’altro è molto semplice, per chi affitta, fare evasione fiscale: “Non c’è bisogno di denunciare la propria attività, come farebbe un albergatore, poiché sei un semplice utente“. Si è sviluppato, dunque, un vero e proprio mercato in nero in cui gli appartamenti sono spesso affittati a prezzi molto alti e sono frequentati tutti l’anno, non più occasionalmente. Nell’ultimo periodo Airbnb si è diffusa molto nelle grandi città, parallelamente si è affermato il fenomeno per cui società vere e proprie affittano appartamenti per conto dei proprietari: l’ospite dunque non conosce neppure il proprio affittuario, poiché i privati stessi tendono a non occuparsi dei propri appartamenti e a darli in gestione. Pensi che Airbnb abbia segnato l’inizio di un nuovo modo di concepire l’ospitalità? “Penso che non sia male una differenziazione di offerta, ma è necessario che vi sia equità, accompagnata da corretta legislazione in questo campo”.
Esperienza leggermente diversa quella di Filippo, che si è iscritto per un passaparola ma ha poi ritenuto l’esperienza positiva: “Mi sono iscritto perché avevo un appartamento che si sfittava, per passaparola ho voluto provare e ha funzionato. Iscriversi è facile: basta seguire le procedure, fornire i documenti necessari e creare un annuncio che abbia un impatto sul cliente. Inoltre AirBnb ti offre tre servizi fotografici gratuiti alla struttura, che insieme alle recensioni, aiutano molto a farsi notare”. E la concorrenza sleale? “Sono registrato in Comune e in Questura, io pago le tasse come se fossi un normale hotel – afferma l’host parmense – ma abbiamo una certa discrezione sulle tasse di soggiorno: se il comune chiede 2 euro a persona a notte, io chiedo 75 centesimi. Ma è così anche su altre piattaforme come Booking, sulla quale sono comunque iscritto”. Filippo non si dimostra preoccupato sull’ascesa di Airbnb nei confronti delle strutture ricettive tradizionali perché il turismo è un settore in crescita e la diversità dei soggetti che viaggiano richiede una pluralità di tipologie di strutture. “Airbnb è per il viaggiatore che cerca un approccio più personale, che vuole svolgere la vita autentica del parmigiano. Mi è capitato, infatti, di andare a bere qualcosa o andare a cena fuori con dei miei ospiti” conclude.
di Laura Storchi, Valentina Perroni, Samia Tarek
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