Decreto Salvini: dopo il ‘ciapa lì e porta a cà’ le critiche non si fermano

ANPI E CIAC ONLUS: "RIFORMA DISCRIMINATORIA CHE AUMENTA GLI IRREGOLARI". E LA LEGA RISPONDE

Tanto tuonò che piovve. Lo scorso giovedì 4 ottobre, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha posto la firma sul decreto Salvini su sicurezza e immigrazione, che andrà a riformare il sistema d’accoglienza e altri ambiti, come la lotta al terrorismo o la gestione dei beni confiscati alla mafia. La parte relativa all’immigrazione, in particolare, ha provocato accese polemiche sin dalla prima stesura e a Parma l’Anpi, Associazione nazionale partigiani d’Italia, e Ciac Onlus, Centro immigrazione asilo e cooperazione onlus, hanno discusso delle possibili conseguenze in un dibattito congiunto organizzato martedì 2 ottobre nella sede dell’Anpi. D’altra parte, l’onorevole Laura Cavandoli – ex consigliera comunale a Parma e ora deputata della Lega – si è detta invece soddisfatta: “Abbiamo uniformato l’accoglienza su tutto il territorio nazionale, e accorciato i tempi“.

DECRETO SALVINI: COSA PREVEDE – Alcuni degli articoli contenuti nel decreto sono particolarmente controversi, su tutti l’abolizione della protezione umanitaria, prevista dal Testo unico sull’immigrazione del 1998, sostituita con un permesso di soggiorno per “casi speciali”. A ciò si ricollega il ridimensionamento e la modifica dell’attuale sistema d’accoglienza, con la restrizione dello Sprar (che cambierà nome) solo ai titolari di protezione internazionale o ai minori non accompagnati. Fino ad oggi al 25% delle domande veniva concessa la protezione umanitaria, mentre la protezione internazionale e lo status di rifugiato venivano concessi solo nell’8% dei casi.

Per quanto riguarda la sicurezza, è previsto un aumento della lista di  reati che comportano la revoca della protezione internazionale e dello status di rifugiato, e la possibilità che il richiedente condannato in primo grado veda la sua richiesta negata senza attendere il terzo grado di giudizio. Questa ad oggi presenta ancora dubbi di costituzionalità, dato che l’articolo 27 della Costituzione cita: “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. A controbilanciare le restrizioni, sono previsti più fondi per i rimpatri con lo stanziamento di 500mila euro nel 2018, un milione e mezzo nel 2019 e un altro milione e mezzo nel 2020.

Altre disposizioni previste dal decreto sono l’esclusione dei richiedenti asilo dal registro anagrafico; la riforma della cittadinanza, che potrà essere rifiutata anche se il soggetto è sposato con un cittadino italiano o revocata per condanne legate al terrorismol’estensione del trattenimento nei Cpr da 90 a 180 giorni.

“SERVIRÀ’ SOLO AD AUMENTARE GLI IRREGOLARI” – Prima ancora della sua approvazione da parte del capo dello Stato, il decreto Salvini è stato giudicato da molte parti estremamente duro. “È in atto un processo di discriminazione dello straniero fondato sulla cancellazione dell’uguaglianza giuridica tra gli italiani e coloro che arrivano da un altro paese”, le parole di Emilio Rossi, presidente di Ciac Onlus. “Se la cittadinanza di uno straniero può essere revocata, allora è una cittadinanza che vale un po’ meno. Negli scorsi decenni anche gli italiani hanno commesso reati gravi e perfino atti di terrorismo, ma la cittadinanza non l’hanno mai persa. E cosa succederà a chi non potrà restare in Italia? Le espulsioni non sono una via praticabile, perché per la riammissione deve esserci sempre un accordo di cooperazione con l’altro Paese: queste persone saranno quindi costrette a uscire dall’Italia con un foglio di via, ma senza un altro posto regolare in cui andare. Infine, è assurdo che il governo abbia scelto di limitare così tanto lo Sprar, che funzionava dai tempi della guerra in Jugoslavia. Oltre alle garanzie che offriva, lo Sprar non lasciava ai suoi gestori alcun margine di arricchimento personale perché la contabilità di quel sistema era molto controllata”, conclude Rossi.

“Lo Sprar era un vero e proprio fiore all’occhiello per l’Italia, apprezzato in tutta Europa perché garantiva un’accoglienza integrata e diffusa indistintamente a rifugiati e richiedenti asilo”, dichiara Chiara Marchetti, altra esponente di Ciac Onlus. “La privatizzazione, invece, porterà inevitabilmente a un peggioramento della qualità dei servizi per l’integrazione, senza contare che adesso questi servizi saranno ristretti a un numero ancora minore di persone: molte di queste andranno a finire nei Cpr, che poi non saranno altro che centri di detenzione in cui buttare un tozzo di pane ogni tanto”. Stando ai cambiamenti apportati dal decreto, vi sarà un aumento degli irregolari presente sul territorio, “irregolari che – chiarisce Marchetti – difficilmente saranno rimpatriati e che per questo motivo avranno maggiori possibilità di rivolgersi alla criminalità, di vivere situazioni di marginalità sociale o di incorrere in traumi post-migratori anche gravi”.

Proprio sulla protezione umanitaria Ciac ha impostato la sua battaglia: con l’attuazione del decreto, infatti, “meno persone riceveranno protezione e molti migranti non avranno più modo di regolarizzare la propria posizione, ed è demagogico pensare che tutti gli irregolari o i diniegati possano essere rimpatriati forzatamente nei paesi d’origine”, si legge sul comunicato che l’associazione ha distribuito nel corso della manifestazione. Oltretutto, “la regolarità abbatte il tasso di criminalità tra gli stranieri: come emerge dalla ricerca dell’economista della Bocconi Paolo Pinotti, gli stranieri che ottengono il permesso di soggiorno sono del 50% in meno propensi a commettere reati economici gravi rispetto a chi non ha potuto mettersi in regola”, afferma il comunicato. L’aumento degli irregolari, invece, è il fulcro di una ricerca condotta da Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale: secondo le sue stime, vi sono 130mila domande in arretrato, di cui si stima 33mila avrebbero ottenuto la protezione umanitaria. Con la sua abrogazione, queste persone diventano irregolari. Tra loro, meno di 5mila saranno effettivamente rimpatriati. Altri 39mila migranti sono in attesa del rinnovo della protezione umanitaria che tuttavia sarà concesso solo in casi limitati. Di questi, si prospetta che solo 6mila torneranno al proprio Paese d’origine. Risultato: entro il 2020 si stima che in Italia avremo 60mila nuovi irregolari, da aggiungere agli oltre 70mila nuovi irregolari che arriveranno.

In questo momento, nello Sprar ‘Una città per l’asilo’ di Parma sono accolti 33 titolari di protezione umanitaria, il 34% del totale: “Per loro, l’approvazione del decreto Salvini comporterà la fine dell’accoglienza, e dunque la strada”, si legge nel comunicato. Nell’ultimo anno, inoltre, 109 beneficiari Sprar erano riusciti a inserirsi nel mondo del lavoro, soprattutto con contratti a tempo determinato o con tirocini formativi. Molti di loro avevano trovato una sistemazione grazie a programma come ‘Rifugiati in famiglia‘, in cui l’accoglienza in casa di italiani era a carico del sistema pubblico, o con ‘Tandem‘, progetto di cohousing tra i giovani titolari di protezione umanitaria e i loro coetanei italiani.

“C’È UNA LOGICA PRECISA” – Laura Cavandoli, parlamentare della Lega, non si è minimamente scomposta di fronte a questo genere di previsioni. “Sono studi senza fondamento, perché non si può sapere in anticipo se una persona andrà a delinquere o meno”, le sue parole anche se si parla di probabilità. “Di certo, il decreto Salvini garantirà una normativa più specifica e un intervento uniforme sul territorio nazionale, limitando le differenze tra singole sedi territoriali e soprattutto l’arbitrarietà delle commissioni d’esame. La logica è semplice: garantire gli aiuti a chi ne ha davvero bisogno, e velocizzare il processo in modo che ogni immigrato sappia immediatamente se potrà restare in Italia o meno. Se poi ci sarà da migliorare questa normativa lo faremo, siamo disposti ad ascoltare chiunque” continua Cavandoli.

“Il nostro scopo era mettere un freno all’illusione di un’integrazione che è soltanto presunta, ma che in realtà non ci può essere”, continua la parlamentare della Lega. “Da questo momento in poi, se una persona avrà il diritto di restare in Italia si cercherà di integrarla nel migliore dei modi, in caso contrario verrà rimpatriata nel giro di mesi, non anni.” Il decreto Salvini ha prolungato il trattenimento nei Cpr da tre a sei mesi e ampliato il fondo destinato ai rimpatri “dunque ci saranno tempo e soldi per organizzare la partenza“, commenta Cavandoli.
Per la riammissione dei migranti nel Paese di provenienza, però, è obbligatorio avere un accordo di cooperazione con quello stesso Paese, accordi che in molti casi l’Italia non ha: “Abbiamo già stretto diverse convenzioni con la Nigeria e la Tunisia, tra tutti, ma stiamo continuando a lavorare e dove ancora non ci sono le convenzioni cercheremo una via diplomatica per assicurare il rimpatrio delle persone a cui non sarà riconosciuto il diritto di restare in Italia”.

Oltre a modificare lo Sprar, il decreto Salvini ha anche negato ai richiedenti asilo la possibilità di iscriversi al registro anagrafico, cosa che impedirà loro di avere una residenza. “Per queste persone ci sarà invece un domicilio presso il Comune in cui saranno collocate”, spiega Cavandoli. “Non sarà più concessa la residenza perché questo ha provocato numerose storture. Una residenza verrà assegnata nei casi di protezione internazionale, e permetterà anche di avere accesso all’assistenza sanitaria. Chi sarà invece escluso dal nuovo sistema Sprar, come chi starà aspettando l’accettazione della richiesta, verrà trattenuto nei Cas che esistono già adesso”, continua Cavandoli. I Cas sono i centri di accoglienza straordinaria che erano stati pensati per sopperire la mancanza di strutture adatte e vengono gestiti dalle prefetture. Ci si chiede però perchè un modello come lo Sprar, più piccolo e facile da gestire, sia stato depotenziato: “Lo abbiamo cambiato perché lo Sprar obbligava il Comune a pagare dei soldi per persone che alla fine non avevano il diritto di restare in Italia. Da adesso in poi, invece, contribuiremo economicamente soltanto all’integrazione di chi avrà questo diritto“.

di Alessandro Caltabiano e Daniele Gippetto    

 

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