Sergio Rubini: “Assistere a una storia è lo specchio della nostra vita”

L'ATTORE CONDENSA IN UN MONOLOGO TUTTI I PERSONAGGI DI MACBETH PER UNA COMMISSIONE DEL FESTIVAL VERDI 2018 IN PRIMA ASSOLUTA

Lo scorso mercoledì 17 ottobre, all’Auditorium del Carmine di Parma, l’attore-regista Sergio Rubini ha debuttato con la tragedia shakespeariana  ‘Macbeth’, per concludere in bellezza il Festival Verdi 2018: l’opera è stata stata tradotta, ridotta e adattata dallo stesso Rubini, accompagnato dalla chitarra di Giampaolo Bandini, uno dei migliori chitarristi italiani sulla scena internazionale.

‘MACBETH SOLO’ – Così è stata rinominata l’opera di Shakespeare per la versione che ha visto in scena unicamente l’estro di Rubini, protagonista di uno spettacolo vivo ed intenso.
Per i non appassionati di Shakespeare o di Verdi, la tragedia, arricchita da elementi fantastici come le Tre Streghe con le loro profezie, è incentrata sulla figura di Macbeth e sulla sua sanguinosa ascesa al trono di Scozia: disposto a tutto pur di ottenere la corona, commette  il regicidio del re Duncan e l’assassinio dell’amico Banquo, esortato nei suoi scellerati gesti dalla moglie Lady Macbeth. Nel suo piano scellerato, Macbeth sprofonda lentamente nella pazzia assoluta, tormentato dalle visioni sanguinanti delle vittime, morendo per mano dei veri e futuri sovrani di Scozia.
Rubini ha rivisitato l’opera interpretando i passi da lui considerati più significativi. Per circa un’ora l’attore ha riassunto in sé i personaggi della tragedia, comprese le Tre Streghe e Lady Macbeth, in una sorta di vero e proprio monologo, sulle note delle musiche interpretate da Bandini. Grazie alla bravura di Rubini, lo spettatore si identifica con la bramosia di potere di Macbeth, è assieme a lui durante la profezia delle tre streghe e assiste ai suoi gesti. Non solo, attraverso l’ottima interpretazione, lo spettatore percepisce la paura di Macbeth, precipitando in un graduale crollo psicologico.
Tutto lo spettacolo è accompagnato solo dalla chitarra di Bandini, in un gioco di suoni, ma anche di luci che rendono l’atmosfera cupa e folle, caratteri essenziali della tragedia Shakespeariana. Nel corso dell’opera la chitarra riproduce non solo i sentimenti e gli stati d’animo dei personaggi: la paura e la bramosia, il terrore, la gioia e la follia, ma anche i momenti più cruenti, come l’uccisione del re e le visioni di Macbeth stesso. Con grande pathos e trasporto, Rubini e Bandini conducono lo spettatore alla tragica fine del protagonista.

A TU PER TU CON SERGIO RUBINI – L’opera shakespeariana commissionata dal Festival Verdi nella voce di Rubini diventa un gioco di riflessione e rifrazione allo specchio. Questo Macbeth è un’unica entità in cui sono riunite le voci di tutti gli altri personaggi della tragedia, che diventano proiezioni del protagonista. “Prendendo anche battute di Lady Macbeth ho adattato il testo che diventa paragonabile ad un monologo. Tutti i personaggi sembrano diverse voci interiori di Macbeth stesso: è Macbeth contro i suoi tanti doppi”, ha affermato Rubini. La sua rivisitazione è infatti legata al tema del ‘doppio’ di Dostoevskij “che era molto shakespeariano. Il tema del conflitto interiore, tipico della fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento, il Superomismo, la voglia di essere superiori alla nostra natura umana: era questo ciò che mi piaceva di Macbeth e su cui ho lavorato.” in una sola testa si agitano e contorcono tutte le altre personalità, a indicare come proprio le loro parole siano determinanti per le sue azioni. E dalla voce, dai gesti di Sergio Rubini queste personalità emergono tutte, esplodono dallo stesso corpo, messo al servizio dell’opera d’arte.
L’accompagnamento della chitarra di Giampaolo Bandini, che suona musiche originali di Nicola Jappelli, è componente suggestiva e scelta registica determinante. Jappelli si è infatti ispirato a materiali musicali di John Dowland, compositore e liutista inglese del Seicento, che ha composto la sua musica proprio mentre Shakespeare scriveva i suoi versi. “È anche vero che Macbeth è un re medievale e Shakespeare scrivendo quest’opera non ha pensato all’epoca Elisabettiana, piuttosto alla carnalità animalesca del Medioevo. Quindi abbiamo pensato a Dowland, ma con una rivisitazione che lo rendesse rozzo e pietroso come la tragedia”, ha spiegato l’attore.
Dopo quattro secoli e centinaia di rivisitazioni, la tragedia Shakespeariana costituisce ancora una chiave per scandagliare le profondità dell’animo umano, anche nel mondo di oggi, dove l’impossibile sembra realizzabile, ma senza essere mai abbastanza. “L’uomo contemporaneo è completamente e ancora fotografato in quest’opera immortale. Siamo sempre affascinati dalla possibilità di andare oltre la nostra natura, ma questa ricerca dell’impossibile che non paga ci fa impazzire. La nostra umanità è la nostra croce e delizia, per cui l’eterno conflitto tra il bene e il male è un tema che non ha tempo”, commenta infatti Rubini.
E così è per il teatro, che a volte sembra lontano dalla contemporaneità, dai giovani, dalla velocità che divora le giornate e risucchia in un vortice di impegni; ma Rubini è chiaro su questo. “Se intendiamo il teatro come spazio teatrale, esso può sembrare anche museale, forse spaventoso per i giovani che lo ritengono fuori dal tempo. Ma se per teatro intendiamo lo spettacolo dal vivo, questo non morirà mai. Come per la musica, il mercato discografico ha avuto una crisi profonda negli ultimi anni, ma il live funziona. Sono gli spazi ad essere in crisi, le sale cinematografiche, non il cinema: trovarsi in un luogo, quale che sia, avere qualcuno che racconta una storia e assistere a qualcosa che in qualche modo è lo specchio della nostra vita.”

 

di Duna Viezzoli e Valentina Perroni

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