Stefano Savona: da Gaza al Parma Film Festival

IL REGISTA PRESENTA AL CINEMA EDISON 'LA STRADA DEI SAMOUNI', IL SUO FILM DOCUMENTARIO VINCITORE A CANNES 2018

Alle porte della ventunesima edizione del festival cinematografico ‘Parma Film Festival – Invenzioni dal vero’, che si svolgerà dal 12 al 17 Novembre, la città accoglie un ospite speciale: Stefano Savona. Il regista, premiato a Cannes con ‘La strada dei Samouni’, ha presentato il suo ultimo documentario martedì 23 al cinema Edison D’essai. Riprendendo in mano il lavoro fatto con ‘Piombo Fuso’, Savona ritorna a Gaza per raccontare ciò che è stato e ciò che oggi resta.

LA PRESENTAZIONE DEL FILM – Palermitano laureato in archeologia e antropologia all’Università di Roma, inizia la sua carriera nel 1995 come fotografo e successivamente si sposta all’attività di regista. Acclamato e pluripremiato, Stefano Savona rientra a Parma dopo quasi dieci anni dall’uscita del suo primo capolavoro ‘Piombo Fuso’ e questa volta offre la prima visione del suo nuovo film ‘La strada dei Samouni’, vincitore del Premio della Giuria Oeil d’Or al Festival di Cannes 2018 come miglior film documentario. “Non voglio anticipare nulla, ma vi consiglio di vederlo come un film di fantascienza, nonostante non lo sia, perché purtroppo presenta la realtà“, scherza amaramente il regista con il pubblico. ‘La strada Samouniè stato girato negli stessi luoghi di ‘Piombo Fuso’, nome che richiama l’operazione militare israeliana contro la striscia di Gaza tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009. È qui che Savona ritorna come se dovesse portare a termine un compito: attraverso i ricordi della famiglia Samouni, decimata durante i bombardamenti, ripercorre quegli eventi tragici e si immerge nella vita dei tre figli sopravvissuti ai genitori.

La storia inizia con forti immagini della periferia rurale della città di Gaza distrutta, denaturata, dove le uniche cose rimaste sono i ricordi tragici dei bombardamenti e le memorie dei cari persi durante gli attacchi. In questo film le figure del regista, del narratore e del montatore si riuniscono in un’unica persona, Stefano Savona. Particolare è la scelta di usare sia animazione che documentario, un connubio di due tecniche che funziona alla perfezione: i disegni, realizzati da Simone Massi, servono a ricomporre i ricordi dei sopravvissuti prima e durante i bombardamenti; le riprese, invece, a testimoniare i danni lasciati dalla guerra. Questo mix tra animazione e realtà destabilizza e sciocca tutti, comprese le persone che conoscevano già a fondo la storia, come gli stessi israeliani. Era proprio questo uno dei molteplici fini del regista: far uscire la gente dalla propria comfort zone e far comprendere le condizioni alle quali i palestinesi sono stati e sono tutt’oggi sottoposti.

LA MASTERCLASS –  Il giorno dopo, dalla sala del cinema Edison Stefano Savona si sposta tra i banchi dell’università. Alla masterclass organizzata per studenti e appassionati, il regista racconta gli inizi della sua carriera: dei suoi venti anni di professione, i primi sono nell’ambito della fotografia, mentre è solo nel 1996 che grazie alla telecamera digitale inizia ad avventurarsi nel mondo del cinema. Una passione che lo porta a trovarsi in situazioni molto rischiose. È il caso di ‘Piombo Fuso’: dall’inizio delle operazioni militari, Gaza è zona off limits per chiunque. Escono solo i feriti e i morti. Il 6 gennaio Stefano Savona riesce a passare dal confine egiziano ed entrare nella Striscia di Gaza da cui uscirà con immagini strazianti. Con ‘La strada dei Samounisi ritorna in quegli stessi luoghi: “Ci sono voluti più o meno otto anni di lavoro per realizzarlo, ma ne è valsa la pena” racconta Savona. Perché così tanto tempo per la realizzazione? La causa la si ritrova nella scelta di Savona di inserire, all’interno del documentario, l’animazione. Questa scelta si è rivelata un’arma a doppio taglio: utile e innovativa da utilizzare, ma lunga e difficile da produrre. Basti pensare che ogni giorno venivano realizzati in media quattro o cinque fotogrammi, e che, per i quaranta minuti di animazione all’interno del film, sono stati utilizzati ventimila disegni, un numero così elevato che nessuno nell’aula si immaginava. “Ho scelto l’animazione per rappresentare le memorie e le testimonianze della gente, per renderli, per quanto possibili, più reali”. Trasportare le memorie alla realtà in modo innovativo, ma soprattutto comprensibile a tutti. Per questo motivo, Savona infine identifica nel film tre diversi punti di vista: il primo, quello della vita della famiglia, sperimentando lui stesso le situazioni quotidiane e la spontaneità; quello di documentarista, vivendo di fronte a loro e ponendo le domande sulla loro vita; infine, il punto di vista totalmente esterno dei droni in modo da dare la possibiltà allo spettatore di sentirsi totalmente coinvolto nella dinamica del film. Tre punti di vista che ruotano attorno alla stessa realtà.

di Annachiara Magenta

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