Lucia Panigalli: “miracolata” due volte dalla violenza omicida dell’ex

ORA LA BATTAGLIA PER LA GIUSTIZIA E LA RIFORMA DELL'ARTICOLO 115 DEL CODICE PENALE

Lucia Panigalli è una donna di mezza età, quando nel 2010 inizia a frequentare la sala da ballo del suo paese, nel ferrarese. Ed è proprio qui che incontra Mauro, colui che sarebbe diventato il suo compagno. Di qualche anno più giovane, attira l’attenzione di Lucia per il suo “aspetto bello e pulito, da persona per bene”. La coppia inizia a frequentarsi ma dopo circa un anno e mezzo di rapporto piuttosto instabile per una certa incompatibilità caratteriale, decidono di lasciarsi. Potrebbe sembrare il sunto di una storia d’amore qualunque, se non fosse che da questo momento per Lucia inizia un vero inferno.

La storia di Lucia Panigalli è arrivata dal ferrarese a Parma. La sua testimonianza è stata infatti portata dall’associazione ‘Oltre il Ponte’ lo scorso 10 novembre in un incontro nella sede dei Missionari Saveriani di Parma per parlare di violenza di genere.

“HA TENTATO DI UCCIDERMI, SONO VIVA PER MIRACOLO” – Dopo svariati tira e molla, infatti, l’ex inizia a seguirla, in fabbrica, all’uscita della balera di notte, fino sotto casa. Lei non si insospettisce più di tanto perché, “stimando Mauro e reputandolo un uomo per bene, pensavo solo essere una reazione temporanea dettata dal malessere per la rottura”. Ma una sera come le altre, Lucia rientra in casa dopo una serata passata al locale da ballo, quando un uomo, con il volto coperto dal passamontagna le si para davanti, la strattona, le sussurra “Ti uccido!”, colpendola due volte con un coltello puntato al volto. “Udendo una voce familiare, la paura quasi si è stemprata – racconta Lucia – ho riconosciuto la voce di Mauro, e nella zuffa sono riuscita a togliergli il passamontagna. Ho visto un uomo spaventoso, con uno sguardo da folle. Non sentivo quasi dolore per la scarica di adrenalina. Non mi sono resa conto di essere stata colpita con una lama che mi ha tagliato dal sopracciglio sinistro fino all’angolo interno dell’occhio. Ero ricoperta di sangue. Alla seconda coltellata la lama si è spezzata dall’impugnatura, ma questo non ha fermato Mauro. Una volta a terra  ha iniziato a colpirmi con molteplici calci alla testa. Mio figlio, fortunatamente, era in casa e udendo le urla è uscito in tempo per salvarmi. Avevo gli abiti e il giaccone squarciati all’altezza del collo. Mi sento miracolata ad essere sopravvissuta“. Il perito del Tribunale ha stabilito che si è trattato di tentato omicidio proprio per questo motivo, altrimenti il reato sarebbe stato di lesioni aggravate. “Dopo l’assalto, sono stata ricoverata in ospedale per 8 giorni e trasferita poi alla Clinica Villa Azzurra, a Riolo Terme per un mese. Tuttora sono in cura presso l’Uls di Ferrara”, racconta ancora Lucia.

Dopo quella notte è scattato un lungo iter giudiziario. “A gennaio 2015, dopo ben 5 anni e 5 processi da quella notte, Mauro è stato incarcerato, con una condanna a 8 anni e 4 mesi di carcere. Ma io temo ancora per la mia vita”.

DAL CARCERE, IL SECONDO TENTATO OMICIDIO – A ottobre dello stesso anno l’ex compagno, che non si dà pace, conosce in carcere un cittadino bulgaro a cui commissiona per 75.000€ l’omicidio di Lucia. Questa la cifra che secondo l’uomo costava la vita della sua ex compagna. Pagata attraverso un assegno circolare e intestazione di macchinari agricoli. “Doveva risultare una rapina in villa finita male – racconta Lucia – ci sono intercettazioni ambientali che testimoniano il loro patto. Lui gli diceva ‘questa donna deve morire’. Il bulgaro però si rivolge al magistrato di sorveglianza denunciandolo, così da ottenere benefici personali sulla sua pena. Se fosse stato un balordo professionista io adesso non sarei viva”.

E’ il marzo 2016 quando Lucia riceve l’avviso di garanzia da parte degli inquirenti come persona offesa. Al processo per il secondo tentato omicidio, Lucia è certa che Mauro verrà nuovamente condannato. Invece il giudice assolve Mauro, appellandosi “all’articolo 115 del codice penale, secondo cui qualora più persone si accordino per perpetrare un crimine che poi non avrà luogo, nessuno è perseguibile solo sulla base di questo accordo. Ma l’accordo tra il mio carnefice ed il sicario era già stato sancito, il pagamento concordato era già stato effettuato. La ritengo una sentenza priva di buon senso, tant’è che la Procura ha fatto appello contro se stessa, lo Stato”. Appello previsto per il 12 ottobre scorso, ma rimandato perchè Mauro sarebbe stato ricoverato in ospedale per infarto. “Ha finto un infarto per ritardare quanto possibile la sentenza, come solo un uomo lucido sa fare”. Appena due giorni dopo lui era nuovamente in cella. “Ora attendo con terrore febbraio 2019. Attualmente, avendo lui già scontato più di un terzo della pena, può chiedere permessi premio, ha maturato benefici previsti dalla leggi. Come faccio a vivere serena sapendo che potrebbe trovarmi e uccidermi? Sono già stata miracolata due volte!”

LA BATTAGLIA CIVILE DI LUCIA – Dopo l’ultima sentenza che ha visto Mauro assolto per l’organizzazione del suo secondo tentato omicidio, Lucia ha iniziato una battaglia civile per modificare l’articolo 115 del codice penale. Grazie all’aiuto e al supporto di Barbara Paron, sindaco di Vigarano Mainarda, Lucia ha presentato, in collaborazione con la senatrice Paola Boldrini, una proposta per la modifica della legge.

“A prescindere dal caso personale da cui sono stata colpita – spiega la donna – ritengo che questo tipo di azione civile mi tocchi in quanto cittadina che assiste ad una ingiustizia ed è mossa dal desiderio di non lasciare che questa ingiustizia si reiteri. Dovrebbe essere una battaglia che tocca ed interessa tutti, a prescindere dal colore politico: chiunque un giorno può trovarsi a combattere contro i mulini a vento”.

Ma le donne oggi vittima di violenze e soprusi hanno ancora paura a denunciare? Secondo Lucia, “sì, perchè le donne non possono essere lasciate in balia del terrore di dover tornare a casa dal loro carnefice dopo aver trovato il coraggio di denunciarlo. Lo Stato non può limitarsi ad accogliere le denunce, senza provvedere alla protezione immediata delle vittime, manca un sostegno concreto e solerte. Lasciandoci sole, lo Stato non fa altro che incentivare a tacere le violenze domestiche. Altro deterrente certamente è la non certezza della pena, già dopo poco l’imputato può richiedere lo sconto della pena di un terzo.”

PARMA E GLI EVENTI PER DIRE NO ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE – In occasione della prossima giornata mondiale contro la violenza sulle donne del 25 novembre, per sensibilizzare i cittadini sul tema Parma ospiterà una serie di eventi che vedono il Comune promotore di una settimana intera dedicata al tema. All’interno del cartellone, n progetto a forte impatto emotivo è stata organizzato dall’associazione Libere Sinergie. ‘Come eri vestita?’ è il nome della mostra nella quale sono esposti gli abiti indossati da alcune vittime di violenze. Spesso le donne si autocolpevolizzano o vengono colpevolizzate dalla società per le violenze subite. Lucia Panigalli stessa testimonia come questo meccanismo sia istintivo anche se spesso sbagliato: “Ho riflettuto molto su quali potessero essere le mie colpe in questa vicenda. Sarà la mia croce per tutta la vita”. La mostra vuole appunto mettere in discussione e criticare lo stereotipo della donna come corresponsabile degli abusi subiti, esponendo abiti comuni come una tuta da ginnastica, un tailleur, abiti normali e tutt’altro che succinti.

Degna di essere citata è anche l’iniziativa intrapresa dai Carabinieri di Borgotaro, il cui Comandante, Agostino Gentile, sta organizzando una serie di incontri pubblici in tutti i comuni della montagna parmense per sensibilizzare sul tema della violenza di genere. Obiettivo di questi incontri? Spiegare nella pratica come comportarsi e reagire in caso di violenza. Perché non si denuncia? Le principali risposte delle donne, spiega durante gli incontri il Maggiore Agostino Gentile, sono state: non ho capito fosse un reato grave; avevo pensato di non essere creduta; pensavo che Polizia o Carabinieri non avrebbero fatto nulla; avevo paura che mio marito fosse arrestato; sono fatti privati non voglio denunciarli. Da queste frasi emerge lampante la necessità di un lavoro sinergico dei centri antiviolenza, con specialisti come psicologi e medici. Inoltre – come emerge da questi incontri con le forze dell’ordine -occorre verificare le procedure adottate dagli organismi pubblici, fare azione di persuasione a 360 gradi sull’inaccettabilità della violenza.

 

di Laura Ghidotti

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