Federico Buffa racconta i retroscena di “Odissea nello spazio” di Kubrick

LO STORYTELLER INCANTA L'AUDITORIUM PAGANINI CON LE MUSICHE DELLA FILARMONICA TOSCANINI

È l’uomo che vorremmo accanto in quelle fredde e piovose serate di inverno, seduti in poltrona davanti al camino, quando fuori fa freddo e non abbiamo nessuna voglia di uscire. Lo vorremmo accanto solo per sentirlo parlare, per ascoltarlo mentre racconta qualcosa, qualunque cosa. Che si tratti di sport o cultura, l’ars narrandi di Federico Buffa sembra poter toccare qualunque tipo di argomento centrando sempre il suo obiettivo: catturare l’interesse di chi ascolta, parlando anche di personaggi arcinoti senza mai essere banale. E ‘L’odissea di Kubrick‘, andato in scena giovedì 29 novembre all’Auditorium Paganini di Parma, ne è la dimostrazione. Accompagnato dalla Filarmonica Toscanini e su invito dell’assessore alla cultura Michele Guerra, il giornalista ha raccontato il capolavoro del visionario regista statunitense, in occasione del cinquantennale dalla prima proiezione in sala.

LA MERAVIGLIOSA FOLLIA DI KUBRICK – “Un film che permane nel tempo, che va oltre il tempo. Un vero e proprio spartiacque nella storia del cinema”. Lo ha definito così Federico Buffa quello che è stato il film più atipico, rivoluzionario, allegorico e a suo tempo controverso della carriera cinematografica di Stanley Kubrick, e forse, almeno per quanto riguarda la fantascienza, di tutta la storia del cinema del ‘900. Kubrick non aveva mai fatto un film simile: realizzato a colori, pensando di accantonare i dialoghi per la maggior parte del film, in modo da dare risalto alla fotografia, ai suoni, alle inquadrature risultate perfettamente in sintonia con la colonna sonora, contrariamente alle aspettative iniziali di chi ha lavorato con lui. In effetti che cosa c’entra la musica classica con il viaggio di un’astronave? Come si potrebbe mai concepire un cortometraggio di 2 ore e mezza di cui solo 45 minuti di dialogo? “Se lo puoi pensare lo puoi filmare” diceva Kubrick. All’inizio lo hanno preso tutti per pazzo, ma ha alla fine ha avuto ragione lui. Per Kubrick, infatti, non esistevano limiti, non esisteva l’impossibile. Esisteva solo il ‘non ancora possibile’. Ed è lì che voleva arrivare con la sua cinepresa, come spiega Buffa: “Realizzare non solo qualcosa che non era mai stato fatto prima, ma addirittura qualcosa che non era mai neanche stato pensato prima di allora”.

C’è un elemento nel film che più di tutti rappresenta il talento immaginifico di Stanley Kubrick. Si tratta di una delle figure più enigmatiche e dibattute dell’intera storia del cinema. “Attingerò dalla Minimal Art. Sarà un oggetto nero, emblematico. Non sarà facile da comprendere ma sarà una svolta ne sono certo. Sarà…un parallelepipedo! Un monolite nero, perfetto nella sua eleganza infinita. Quello rappresenterà l’intelligenza superiore che sta prendendo il sopravvento sull’uomo”. Attraverso le parole e i gesti di Buffa, i pensieri di Stanley Kubrick riecheggiano nella sala e meglio di ogni altra possibile interpretazione ci spiegano il significato di quell’arcano solido geometrico che nel corso del film si presenta più volte e in epoche differenti. Una figura perfetta, insolita, opaca, che stona con l’ambiente circostante. Quello avrebbe simboleggiato l’entità metafisica che incentiva l’uomo a progredire, a spingere la sua intelligenza sempre al di là dei propri limiti. Una sorta di forza misteriosa che rende possibile il miracolo dell’evoluzione.

2001: Odissea nello spazio‘ è più di un semplice film. È la storia del rapporto tra l’uomo e l’universo, trasposta dalle pagine di un libro ai fotogrammi di una pellicola. La storia di un’odissea per l’appunto. È un racconto filosofico, metaforico, forse profetico, capace di andare oltre la realtà conosciuta dell’epoca e di anticipare in modo sorprendente quella dei giorni nostri. Non solo siamo riusciti a navigare in astronavi attrezzate per viaggi lunghi anche mesi. L’odissea di Kubrick è presente anche in oggetti comuni, del nostro vivere quotidiano. Oggi possiamo comunicare e compiere operazioni di ogni tipo attraverso piccole televisioni a schermo piatto, proprio come nel film. Il loro brevetto se lo sono contese due note aziende, la Apple e la Samsung, ed è stata proprio quest’ultima a dare un valore aggiunto al capolavoro di fantascienza, in un tentativo di alzare l’asticella dicendo alla concorrenza: “Ma cosa andate rivendicando? Che l’I-Pad lo ha già inventato Kubrick 40 anni fa!“.

NARRAZIONE E MUSICA: UN BINOMIO PERFETTO – Federico Buffa ha raccontato la genesi di un capolavoro. Ha raccontato di come Kubrick abbia inventato un nuovo tipo di prospettiva, posizionando le telecamere in modo estremamente rispettoso delle proporzioni e delle distanze; di come Kubrick si sia scontrato con tutto il mondo hollywoodiano per mettere le sue idee nel film. Ha raccontato di come da una pellicola sia emerso il genio assoluto, mascherato dall’apparente follia di chi in realtà è mentalmente troppo avanti per poter essere seguito dall’orizzonte di attesa delle persone comuni. Stanley Kubrick è stato tutto questo e anche di più. Ma Buffa ovviamente non si è certo limitato a raccontare solo il Kubrick regista, ma anche le vicissitudini, le paure, le incertezze e le sensazioni dell’uomo che sta dietro l’artista. La narrazione avvolgente ed evocativa del giornalista ha immerso a 360 gradi i pensieri del pubblico nel contesto storico e culturale della Hollywood di fine anni ’60, teatro di tutti quegli antefatti, retroscena e aneddoti che costituiscono la ‘storia nella storia’ che abbiamo ascoltato all’Auditorium Paganini.

Cura e selezione dei dettagli da menzionare, ricchezza di particolari, enfasi calzante, creatività retorica. Lo storytelling di Buffa è stato un mix di tutti questi elementi con l’aggiunta di uno molto importante: la Filarmonica Toscanini. L’orchestra diretta dal maestro Alessandro Nidi è stata a tutti gli effetti la seconda protagonista della serata, avendo accompagnato le parole di Buffa con l’esecuzione della colonna sonora del film. L’alternanza sinergica di parole e brani, narrazione e musica, non soltanto ha creato atmosfera, ma ha dato al pubblico la fantastica sensazione di assistere a due spettacoli in uno. Questo è stato il tocco di classe che ha reso l’evento di giovedì scorso qualcosa di unico, raro e difficilmente replicabile.

DUE CHIACCHIERE CON FEDERICO BUFFA – Dopo lo spettacolo Federico Buffa racconta quanto tempo ha dedicato allo studio e al lavoro di documentazione che sta alle fondamenta della narrazione: “In realtà pochissimo, ho passato del materiale a Elena Catozzi, la co-autrice del mio libro su Muhammad Alì, che ha fatto una strutturazione di questo. Poi l’ha preso la regista che lo ha asciugato e infine l’ho ripreso nuovamente io, che l’ho asciugato ulteriormente, perchè altrimenti sarebbe venuto troppo lungo per un’ora e 2o minuti di spettacolo”. Parlando poi della sinergia affiatata tra lui e l’orchestra ha dichiarato: “È stata una sorpresa perchè abbiamo provato solo due ore. Sono stati molto gentili. Loro sono forti, potentissimi, quindi ho dovuto adeguarmi al modo in cui loro dominavano la scena, perchè l’auditorium è il loro posto. Il maestro Nidi ha dovuto dare dei tempi musicali anche a me come se fossi un normale membro dell’orchestra”.

di Lorenzo Bonuomo

 

 

 

 

 

 

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*