Darwin day 2019: il mondo dell’invisibile visto al microscopio
VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE PICCOLE COSE CHE GOVERNANO IL MONDO DURANTE L'EVENTO ORGANIZZATO DALL'UNIVERSITÀ DI PARMA
Sapevate che con circa 1.000 dollari potete risalire al vostro completo genoma? E che gli insetti invasivi danneggiano l’economia mondiale di almeno 69 miliardi di euro all’anno? Questo e non solo si è ‘scoperto’ venerdì 1° Marzo, quando si è tenuta nell’Aula Magna dell’Università la 12° edizione del Parma Darwin Day. Tema dell’incontro? Le ‘piccole cose che governano il mondo’.
Quelle cose piccolissime, a volte invisibili, di cui quasi si ignora l’esistenza. Lo scopo dell’evento è stato quello di far riflettere sul ‘lavorio della vita’ proprio a partire dalle sue componenti meno appariscenti ma che sono cruciali per le sue dinamiche e per la sua stessa esistenza. Un modo per allenarci a scrollarci di dosso un po’ di antropocentrismo che certamente non restituisce un’immagine reale dei processi biologici. Forse molti non sanno che la grande maggioranza della biodiversità e della biomassa animale è costituita da insetti e altri invertebrati il cui ruolo in tutti gli ecosistemi è, quindi, imprescindibile. Durante il corso della giornata sono intervenuti vari ospiti: Cristina Menta, ricercatrice, docente universitaria a Parma e Direttore Scientifico del Museo di storia naturale dell’Università; Donato A. Grasso, professore associato all’Università di Parma e responsabile dell’evento; Laura Bortolotti, ricercatrice presso il Centro agricoltura e ambiente del CREA, Mauro Mandrioli, Professore Associato in Genetica presso il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia; Lara Maistrello, ricercatrice in Entomologia Generale ed Applicata e docente presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.
DNA: LA MOLECOLA DELLA VITA CHE SPIEGA (QUASI) TUTTO- Negli ultimi decenni la genomica ha fatto grossi passi in avanti. Soprattutto grazie al Progetto Genoma Umano, una ricerca internazionale da oltre tre miliardi di dollari, con l’obiettivo di mappare i nucleotidi contenuti in un genoma umano. Il genoma di un singolo individuo (tranne quello dei gemelli monozigoti e degli organismi clonati) è unico; mappare quindi il genoma umano significa fare il sequenziamento delle variazioni multiple di ciascun gene. A questa ricerca, partita negli Stati Uniti, hanno contribuito Regno Unito, Francia, Germania, Giappone, Cina e India. I risultati furono talmente buoni che per il primo periodo si pensava di poter riuscire a spiegare e prevedere il funzionamento di tutto il DNA umano. Come dice invece il professor Mandrioli ” non è così, oggi disponiamo del genoma di circa 150.000 persone, ma se prendiamo il singolo genoma di una persona casuale non possiamo spingerci molto in là sulle previsioni. Potremmo arrivare a scoprire la sua origine geografica, il colore dei capelli e degli occhi, ma poco altro perché ci mancano ancora tante informazioni riguardo il dna umano”. La scienza da questo punto di vista si sta muovendo rapidamente, tanto che oggi il vero problema non è più quello di riuscire ad estrarre il dna, ma quello di riuscire ad analizzarlo e a lavorare con una miriade di dati. “Quello che si sta facendo ora – prosegue il professor Mandrioli- è cercare di capire come si differenziano i genomi umani, soprattutto in relazione alle diverse aree geografiche.
Con questo scopo è nato il progetto ‘Mille Genomi’ che studia e mappa i genomi di mille persone provenienti da zone diverse del mondo.” Una ricerca di questo tipo è utile anche ad esempio per scoprire quali sono le malattie genetiche più diffuse in base all’area geografica.
Un altro aspetto interessante in quest’ambito è stato quello di sequenziare il dna anche dei reperti fossili. Questo tipo di operazione è possibile fino a reperti di circa 100.000 anni fa e come fa notare il professor Mandrioli “Oggi abbiamo 1.100 genomi antichi, nel 2010 è stato rivelato il genoma completo dell’uomo di Neanderthal con grandi implicazioni. Risulta infatti esserci una corrispondenza che va l’1% e il 4% tra il genoma dell’uomo nenderthaliano e homo sapiens. Questo dimostra senza dubbi che circa 100.000 anni fa ci siano stati degli incontri e degli scambi di dna tra le due specie”.
INSETTI ED ECONOMIA: SUBDOLI GUASTAFESTE E INSOSPETTABILI ALLEATI- “Alzi la mano chi, appena sente la parola insetti, li associa a qualcosa di negativo e magari fastidioso”. Si apre così l’intervento al Darwin Day di Lara Maistrello. E in effetti più o meno tutti abbiamo questo pensiero. Ma non sempre è corretto; in natura esistono infatti gli insetti ‘cattivi’ e quelli ‘buoni‘. “Bisogna partire dal fatto che gli insetti non sono invasivi per loro natura, ma lo diventano per noi a seconda del loro comportamento. Di circa 1 milione di specie conosciute di insetti soltanto lo 0,1% sono realmente infestanti. Si prenda l’esempio delle termiti; negli ambienti subtropicali questa specie di ‘decompositori ‘ svolge un ruolo utile nello smaltire gli ambienti vegetali, ma se queste svolgono lo stesso lavoro in contesti urbani allora diventano dannose o infestanti, ad esempio all’interno delle case o per la stabilità strutturale degli edifici con travi di legno”. Si stima infatti che, secondo uno studio di un team internazionale di ricercatori, il costo minimo annuo dei danni provocato dagli insetti invasivi nel mondo ammonta a 69 miliardi di euro. Oltre ai danni riguardanti beni e servizi ci sono quelli per la salute e le perdite agricole. Tra le varie zone è l’America del Nord a subire le più grandi perdite finanziarie causate dagli insetti invasivi: 24,5 miliardi di euro all’anno, mentre l’Europa subisce danni per 3,2 miliardi di euro all’anno. Proprio una specie di termite, quella di Formosa (Coptotermes formosanus) si piazza al primo posto come distruttrice con oltre 26,7 miliardi di euro di danni all’anno causati nel mondo grazie alla sua grande capacità di dispersione che ne fa la specie più invasiva.
“Ma la colpa è anche un po’ di tutti noi – continua la ricercatrice Lara Maistrello – infatti con la globalizzazione molte specie di insetti che prima erano presenti soltanto in determinate zone del pianeta si stanno diffondendo a macchia d’olio. Ogni volta che portiamo frutta, verdura, souvenirs in legno etc da paesi lontani , soprattutto subtropicali, rischiamo di portare con noi varie tipologie di insetti. A questo punto, se riescono a trovare le condizioni climatiche ideali (cosa possibile grazie al surriscaldamento globale) il gioco è fatto”. Un esempio recente riguarda la vera e propria ‘invasione’ della cimice asiatica in Italia, scoperta soltanto nel 2012, ma già diventata un incubo per agricoltori e non solo soprattutto nel Nord Italia. “Il problema principale di questo tipo di esemplari – sostiene la docente – è che possono ‘viaggiare’ insieme a noi, dunque dentro le valigie, le automobili, le navi, gli aerei etc, a differenza delle termiti ad esempio che vivono solo nel legno. Per questo motivo paesi come Australia e Nuova Zelanda hanno cercato di sensibilizzare le altre nazioni affinché si effettuino dei trattamenti specifici prima che le varie merci vengano loro spedite”. Però, come accennato in precedenza, esistono anche gli insetti buoni, ed è proprio a questi che si guarda per cercare di liberarsi da quelli invasivi. “In Italia non è possibile per legge importare altre specie esotiche che fungerebbero da antagonista alla cimice asiatica – spiega la ricercatrice- ma dopo vari studi è stato trovato un insetto già presente in Italia che funge da antagonista con risultati discreti (anestetizza circa il 50% delle uova di cimice asiatica)”. La biofabbrica cesenate Bioplanet, dopo approfondita ricerca, è riuscita a riprodurre in massa l’insetto antagonista Anastatus bifasciatus. È un imenottero italiano presente in natura di cui in passato è già stata valutata da diversi ricercatori la capacità di parassitizzare le uova della cimice asiatica. Questo ha dato il via a prove applicative non solo in Emilia Romagna ma anche a livello nazionale e internazionale.
di Pierandrea Usai
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