“Donne svelate”: la figura femminile nella storia dell’arte

DALLE SCULTURE CLASSICHE ALLE FOTOGRAFIE DI BERT STERN: UN INCONTRO SULLA BELLEZZA FEMMINILE

In occasione della Giornata della Donna, il 7 Marzo alle 21:00, nell’Aula Congressi dell’Università degli Studi Parma in Via Kennedy, si è tenuta Donne svelate’, una lezione di storia dell’arte organizzata dal Centro Sociale Universitario e curata dalla professoressa Eles Iotti.

Davanti a una gremita platea, ha preso vita il lungo e articolato discorso della professoressa Iotti che ha illustrato, tramite le immagini di sculture e dipinti femminili, il ruolo della donna nella storia dell’arte, un ruolo da indiscussa protagonista, da sempre mutuato, però, dagli occhi maschili. Partendo dalle sculture dell’antica Grecia, come la Venere del Trono Ludovisi, risalente al 460-450 a.C, fino alle fotografie di Marilyn Monroe scattate nel 1962 dal fotografo Bert Stern, Eles Iotti costruisce un viaggio virtuale nella storia dell’arte per mostrare la complessità, le dimensioni di trascendenza e di immanenza con le quali l’uomo ha riprodotto e concepito la figura femminile, consegnandola all’eternità artistica. Un racconto dettagliato che, in maniera non sempre cronologicamente lineare, ripercorre le storie delle sculture e dei dipinti, legandole a quelle dei loro autori e dei loro contesti storici, non tralasciando l’attenzione sui dettagli che rendono queste opere così peculiari.

IL SIMBOLO DELLA BELLEZZA – La bellezza è sempre stato uno dei tratti più venerati dagli uomini, fatto che risale fin dai tempi delle divinità, quando all’epoca la bellezza era simboleggiata dalla dea Venere. Su di essa sono conservati un gran numero di statue e ritratti, di ogni epoca e di ogni genere. La professoressa Iotti ha voluto ricordare, tra quelli più importanti, ‘Afrodite Sosandra’ realizzata da Calamide ed oggi conservata nel Museo archeologico nazionale di Napoli: ‘La particolarità di questa scultura, in cui il nudo era la parte principale dell’arte, diventa un simulacro del tutto nuovo. La sua grandezza, la sua magnificenza, ci interessa perché è in un mantello che la nasconde. Il mantello è l’essenza di questa scultura. Una toga sacerdotale perché finisce con delle frange. L’importanza del drappeggio sta nel coprire il capo, indizio sacerdotale e di grande importanza e rispetto: uomini e donne in epoca romana andavano in giro con il capo coperto il quale, in questo contesto, rivela un idea di onesta, pudicizia e virtù. Sta con la mano protesa per qualificare quest’idea di solidarietà’. Ancora più nota è la Venere di Milo, una delle più celebri statue dell’antica Grecia, ritrovata spezzata in due parti nel 1820 sull’isola di Milo dal contadino Yorgos Kentrotas, che nascose l’opera fino al giorno in cui sequestrata da alcuni ufficiali turchi”.

“Ci colpisce questa grande naturalezza, poiché è anche greca, e questo movimento del bacino, della gamba, dentro il quale c’è l’impugnazione della statua, la tensione parte dal piede e arriva fino alla testa. L’immagine di femminilità, amore, ventre, splendido largo con il mare. Il pareo scivola dando l’effetto di panni bagnati. Stupisce come possa rimanere in vita nonostante questo movimento. Pare che la creatura sta guardando Marte, poiché ha braccia protese, ed era sul punto di consegnare a Marte uno scudo in cui scriveva la vittoria”.

DALLA SCULTURA ALL’OLIO SU TELA – Le origini della pittura a olio vanno ricercate nell’antichità, molto probabilmente intorno alla metà del XV secolo, quando i primi segni di questo genere vengono individuati nelle Fiandre, mentre in Italia comincia a diffondersi intorno agli anni ’60 e ’70 dello stesso secolo. Gli italiani utilizzavano già questa tecnica, soprattutto in combinazione con altre, come la pittura a tempera, ma le prime opere eseguite interamente ed esclusivamente a olio comparvero soprattutto nelle città che per prime accolsero la cultura fiamminga, come Urbino, Ferrara, Napoli, Roma e, in seguito, Venezia. Per approfondire il tema, la professoressa ha voluto ricordare L’Annunciata di Palermo di Antonello da Messina, realizzato intorno al 1475. Nonostante il tempo trascorso dalla sua esecuzione, continua destare ancora oggi stupore e meraviglia per la sua bellezza espressiva, estetica e concettuale. Nell’opera è raffigurata una vergine nell’attimo in cui percepisce la presenza dell’angelo, senza che esso sia rappresentato. Lo sguardo della madonna verso l’osservatore identifica lo spettatore nella figura dell’angelo: “Icona della reciprocità, la madonna sente la voce dell’angelo. In questa mano c’è la sapienza della prospettiva, la grande consapevolezza di essere donna. È distante e fiera ma anche umana, vera. Questo mantello lo tiene in mano con dolcezza, segno di pudore. La mani con le quali si fascia il collo realizzano il segno di una V. Il velo esprime i sentimenti di candore, pudicizia e rispetto. Partecipazione emotiva, controllo delle passioni”.

Segue la sfuggente ‘Ragazza allo specchio (1515) di Giovanni Bellini, donna dall’indecifrabile identità, forse una cortigiana o forse una nobildonna, intenta nell’atto della toeletta, una rielaborazione tipica dell’arte classica ma in chiave terrena e mortale. Il dipinto di Bellini è molto significativo perché, da questo periodo, la riproduzione artistica delle donne inizierà gradualmente ad emanciparsi dalle connotazioni sacrali e gravi.

Emblematica la ‘Venere (1531) di Lucas Cranch il Vecchio, un pittore fiammingo che non desume la sua raffigurazione dai modelli classici, ma, anzi, dona alla sua donna una carnalità tutta terrena, con un velo trasparente creato per compiacere gli sguardi maschili. Carnale e caratterizzate da fortissime pulsioni sessuali anche il dipinto del Correggio, ‘Venere Cupido, dormienti spiati da un satiro’ (1530), Venere giace a terra dormiente, non è più in cielo, né aleggia sulle acque, a svelarsi non è la sua bellezza ma l’incontenibilità del satiro, ghignante alla vista della donna dormiente con il suo pargoletto Cupido.

Non dissimile la scena evocata da Tintoretto nel suo ‘Susanna e i vecchioni’ (1557), dove la giovane Susanna, simbolo di purezza e castità, siede ignara degli sguardi invasivi di due anziani.

In questo periodo c’è però spazio anche per l’ironia come in ‘Marte e Venere sorpresi da Vulcano’ (1550), realizzato sempre dal Tintoretto. Emerge forte l’elemento ironico della commedia, siamo infatti davanti a una scena comica in cui il vetusto Vulcano si slancia sulla moglie Venere, mentre il cagnolino guarda sotto il letto, lì dove presumibilmente si è rifugiato l’amante Marte.

UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA- Dall’ironia e dalla reinterpretazione di topoi classici da parte del Tintoretto e di Cranch, si giunge a una concezione del femminile ancora diversa. Non vi è più spazio per la trascendenza né per certe pulsioni carnali precedentemente mostrate, prevale infatti una carica introspettiva come in ‘Betsabea con la lettera di David’ (1654) di Rembrandt , figura biblica che fu costretta dal re David a tradire il marito. Rembrandt la immortale in tutta la sua angoscia, stretta tra il senso di colpa nel tradire il marito e quello per disubbidire al proprio re.

Rappresentazione biblica anche per il pittore italiano Francesco Hayez con il suo Ritratto di Ruth’ (1853), eroina biblica, nonché progenitrice della stirpe di David, che, rimasta vedova, decise di seguire la suocera, rimasta anch’essa vedova. Le due si unirono e strinsero un patto per poter sopravvivere insieme, un esempio di alleanza unico e quasi anacronistico, dato che, tranne questo caso, nella Bibbia il concetto di alleanza riguarda sempre gli uomini e non le donne.

La lezione giunge al termine con una celebre fotografia di Marilyn Monroe realizzata dal fotografo statunitense Bert Stern.  Scattata nell’Agosto del 1962, sei settimane prima del suo tragico e contraddittorio decesso, questa foto immortala l’attrice in una posa da Venere. Fu lei stessa, con un pennarello rosso, a contrassegnarla con un simbolo simile a una croce, una sorte di autopunizione, di negazione verso quella sua immagine così celebre e così sfruttata,  che la porterà ad odiarsi. Il viaggio iniziato con la capacità catartica dell’arte di consegnare all’eternità la bellezza della donna giunge al capolinea con un esito totalmente antitetico rispetto alla sua partenza: come qualsiasi frutto dell’ingegno umano, anche l’arte può deformare e farsi portatrice di una menzogna. È il caso dell’immagine di Marilyn, superficialmente sdoganata al punto da diventare un macigno insopportabile e oppressivo per l’animo della giovane attrice.

QUALE RUOLO PER LA DONNA DI OGGI? – Per poter capire quale possa essere il ruolo e la percezione della donna di oggi, al termine della conferenza, abbiamo rivolto alcune domande alla professoressa Iotti che ci ha spiegato la problematicità e la complessità dell’emancipazione femminile che, nel momento in cui diventa speculare al modo di essere maschile, può comportare una perdita e uno snaturamento dei caratteri peculiari della femminilità:

“Siamo state da sempre oggetto degli sguardi dell’uomo, ma in senso anche buono, visto che ha portato a creare dei capolavori d’arte. La donna d’oggi comunque è snaturata, ha perso gli aspetti della femminilità, ha acquisito della consapevolezze in più, ma diventando più simile al maschio in tanti aspetti, dal carattere al sociale, passando per il lavoro. Certamente vuol dire acquisire delle libertà, ma vuol dire anche snaturarsi. Il giusto mezzo deve passare per l’emancipazione ma anche per la tradizione”.

 

di Mattia Celio e Angelo Baldini

 

 

 

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