Hackaton per il Futuro: idee per una sostenibilità realista, non idealista

UNA COMPETIZIONE ALL' INSEGNA DELL' ECONOMIA CIVILE, TRA POTENZIALITÀ E LIMITI

Hackathon

La sostenibilità dura e pura non esiste. Con queste parole Chiara Medini riassume l’essenza dell’hackathon del 13 marzo ‘Prepararsi al Futuro‘, organizzato dall’associazione Next grazie al supporto dell’ Università di Parma. Ma per capire di cosa stiamo parlando dobbiamo fare un passo indietro, partendo da che cos’è un hackathon.

LE ORIGINI,LA STRUTTURA – Hackaton. Se ne parla sempre più spesso, eppure la sua spiegazione non è così facile. Forse a trarci in inganno è proprio il suo nome: la parola deriva infatti dall’inglese marathon (maratona) e hack (hackerare); alla sua nascita quest’ evento era una competizione tra programmatori, che si sfidavano tra di loro per raggiungere un obiettivo prefissato, come ad esempio rendere più sicuro il sistema operativo. Questo accadeva nel 1999. Da allora l’hackathon si è allontanato dal suo campo iniziale, per essere usato anche in altri settori, soprattutto quello economico. La struttura è rimasta però invariata: una prima fase di brainstorming, dove si identificano i problemi  più sentiti dai partecipanti e le eventuali idee per risolverli; successivamente si creano i gruppi, composti in modo tale che ogni persona del team abbia una diversa competenza. Segue poi una fase operativa, in cui si sviluppano le idee aiutati da tutor ed esperti del settore. Infine la presentazione dei risultati ottenuti, detta pitch, e l’assegnazione di un premio all’idea migliore da parte di una giuria tecnica. Ma perché un evento del genere sia davvero efficace, c’è bisogno che le idee partorite dai maratoneti rispettino delle linee guida, che abbiano un obiettivo ben preciso. Nel caso dell’ hackathon organizzato da Next, il limite è quello della sostenibilità.

YING E YANG – A primo sguardo economia e sostenibilità non hanno molto in comune: da una parte ci sono gli interessi e l’arricchimento dei grandi imprenditori, dall’altra la salvaguardia del fragile equilibrio terrestre. Nulla di più falso: da anni si è rimodellato il concetto stesso di sostenibilità, che non è più solo ambientale ma è declinata sotto il profilo sociale ma sopratutto economico. Questo perché si è arrivati alla conclusione che l’economia classica non è più efficiente: la sopravvivenza stessa del pianeta dipende dal cambiamento di modello economico, che tenga conto di limiti ambientali e dimensioni sociali attuali. Next da anni si fa promotrice  dell’ economia civile, struttura economica che mette al centro la persona, il lavoro e l’impresa e fondata sui principi di reciprocità e fraternità, alternativa a quella capitalistica. Altro elemento chiave dell’ economia civile è la dimensione territoriale: spesso la risposta a problemi globali viene da soluzioni locali.

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Le 3 R del Mercatino: risparmio, recupero e riduzione

VERDE COME IL DENARO “L’idea da Silicon Valley va benissimo, ma bisogna calarla nel territorio; bisogna avere i piedi ben piantati per terra”. A parlare è Maria Cristina Laganà di Emil Banca BCC, istituto bancario cooperativo che opera nel territorio emiliano. Un business sostenibile vincente deve rispondere sempre a due bisogni: uno territoriale e uno, spesso dimenticato quando si parla di sostenibilità, personale. “Qual è il tuo guadagno?” è stata una delle domande più ricorrenti nell’ hackathon, e questo per far capire ai partecipanti che creare un progetto imprenditoriale sostenibile non significa fare beneficenza: se l’obiettivo ultimo di questa nuova economia è rimettere al centro la persona, quest’ultima deve guadagnare dal proprio lavoro, senza che per questo si venga accusati di fare del greenwashing. Carlo Framarin racconta in numeri la fortuna del Mercatino franchising: 83 milioni di articoli venduti nel 2018, 177,113 metri cubi di oggetti rimessi in circolo. Visivamente, il corrispettivo di questi oggetti accatastati l’uno sull’ altro corrisponderebbero a 20 palazzi da 5 piani. Tutto ciò sensibilizzando le persone al riuso e all’ idea di una seconda vita degli oggetti, dando lavoro a circa 2000 persone sparse per il territorio italiano, e arricchendo non solo il franchising, ma anche chi vende al Mercatino i propri oggetti: i clienti infatti possono essere rimborsati dal 50 fino al 70% del prezzo su cartellino. Ad oggi, circa 40,894,000 euro sono stati rimborsati. Un giro economico che nasce da un bisogno personalissimo: quello di Ettore Sole, che nel ’95 si ritrova senza lavoro e si reinventa come rigattiere per poter permettere alla propria famiglia di sopravvivere, rispondendo al tempo stesso al bisogno della comunità, che aveva e ha tutt’ora bisogno di svuotare le proprie cantine.

Hackathon

Studenti durante la costruzione del business plan

ETICA REALISTA – Fare un hackathon nelle università significa fare una scelta, concentrando l’attenzione più sull’aspetto pedagogico che su quello competitivo. Gli stessi universitari, per quanto interessati all’ argomento, non sempre hanno al cento per cento chiaro il concetto di sostenibilità. Durante il brainstorming un gruppo ha presentato la propria idea di start-up, che ricaverebbe il liquido delle sigarette elettroniche da frutti ammaccati, che generalmente risulterebbero  invendibili come cibo (e quindi da buttare), proprio per il loro aspetto estetico non accattivante. La proposta, che ha suscitato l’interesse degli esperti, ha fatto storcere il naso a qualcuno dei competitors, che faticavano a trovare un legame tra sostenibilità e fumo. A spiegarlo ci ha pensato l’esperta di Next, che ha ammesso come “non esista il concetto fumo zero, come non può esistere rifiuti zero o inquinamento zero. Ci sarà una fetta di persone che non smetteranno mai di fumare. A quel punto perché non dargli l’opzione biologica, fatta con prodotti non chimici e con liquidi che non inquinano l’ambiente?”.

GLI STRUMENTI –  Il fattore sostenibile di un’impresa non sempre è chiaramente identificabile o numerabile. Ma non basta dire che la propria start up è biologica: bisogna mostrare agli sponsor in che modo, come lo si è praticamente, in modo tale da acquisire credibilità e quell’unicità che possono portare al successo. Proprio per questo durante la parte progettuale della competizione Next ha dato agli studenti Canvas Next, un business model che sintetizza graficamente  l’idea proposta. Per Dario Poligoni di Next forse “ne esistono di migliori al mondo, ma quello creato da Next ha una particolarità: tiene conto degli indicatori del benessere sostenibile, nell’ottica dell’ Agenda 2030”. Grazie ad esso, infatti, i maratoneti devono elencare sia le reti da attivare nel territorio e i segmenti dei clienti a cui rivolgersi, come si farebbe se si utilizzasse un normale business model; allo stesso tempo devono essere precisati i benefici sociali  e ambientali previsti dalle attività per il territorio e la comunità, componenti nuovi che fino a qualche anno fa non venivano presi in considerazione dagli sponsor.

HackathonGOAL 2030– L’Agenda 2030 è un programma d’azione firmato nel 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Al suo interno sono precisati diciassette goal che gli Stati intendono raggiungere entro il 2030. I goal sono molteplici, e vanno dal tamponamento del cambiamento climatico alla fine della fame del mondo. Per il professor Malcevschi basta guardare allo sciopero globale del 15 Marzo per  capire che “il tema dell’ Agenda 2030 sta diventando il fondamento del nuovo ordine mondiale”. Per Chiara Medini  è vero, o potrebbe esserlo, solo se l’agenda produrrà crescita economica di qualità: cercare di ridurre il cambiamento climatico senza modificare il sistema economico (goal 8 e 12 dell’ Agenda) che lo produce è inutile, oltre che una perdita di tempo. Per questo tutti i goal vanno affrontati contemporaneamente, ma sopratutto in modo olistico, contaminando i vari approcci. In questo l’hackathon è una buona palestra, perché fa collaborare persone di vari settori che creano un progetto scambiandosi know-how. Ogni contatto, ogni idea sentita durante queste maratone possono tornare utili; per la rappresentante di Emil Banca BCC gli hackathon sono dei veri e propri “semi che si auto alimentano e che creano contaminazione”. Basta solo sapere come sfruttarli.

di Gloria Falorni

 

 

 

 

 

 

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