Fridays For Future: perché il 15 marzo 2019 sarà una data da ricordare?

LO SCIOPERO GLOBALE HA VISTO ATTIVI OLTRE 1,5 MILIONI DI STUDENTI IN 2083 POSTI, IN 125 PAESI DI TUTTI I CONTINENTI

Chi è l’adolescente che guida il climate strike“Adesso è il momento di parlare chiaramente. Risolvere la crisi climatica è la sfida più grande che l’Homo Sapiens si sia mai trovato ad affrontare. La soluzione principale, tuttavia, è così semplice che anche un bambino può comprenderla. Dobbiamo fermare le nostre emissioni di gas serra. Possiamo farlo o no. Voi dite che niente nella vita è ‘o bianco o nero’. Ma questa è una bugia, una bugia molto pericolosa. Possiamo impedire il riscaldamento di 1.5 C°, o possiamo non farlo. Possiamo fermare la reazione a catena che ci è sfuggita di mano, o possiamo non farlo. Possiamo scegliere se far continuare la nostra civiltà o farla finire. […] dobbiamo cambiare quasi tutto della nostra attuale società”.

Sono queste le parole di Greta Thunberg, giovanissima studentessa svedese (classe 2003), che nell’agosto del 2018 ha iniziato la protesta di tre settimane di fronte al parlamento svedese contro “la mancanza di azione per la crisi climatica”. Greta, da settembre dell’anno scorso, ha poi continuato a recarsi di fronte alla Camera di Stoccolma ogni venerdì, portando con sé il cartello recitante “Sciopero della scuola per il clima”. Da qui nasce il movimento #FridaysForFuture: scioperi su scala internazionale, ispirati e promossi dall’attivista quindicenne svedese, che continueranno fino a quando i leader del mondo della politica e della finanza non smetteranno di ignorare questo disastro ambientale. Fridays For Future si è esteso fino a sfociare nella movimentazione globale del 15 marzo che ha visto come protagonisti ben oltre 1,5 milioni di studenti in 2083 posti, in 125 paesi di tutti i continenti.

Foto del Comune di Parma

ANCHE PARMA PARTECIPA, OTTOMILA STUDENTI SCIOPERANO-  Anche a Parma, venerdì 15 marzo, si è tenuto lo sciopero mondiale per il futuro con la partecipazione di circa ottomila studenti.

L’istituto “P. Giordani” di Parma con il professore Francesco Fulvi

Andrea Serra, studente di Ecologia e membro organizzativo dei Fridays For Future di Parma, ci spiega: “Il 15 marzo sarà una data da ricordare, perché sopratutto i giovani affiancati dall’esperienza dei più adulti, scenderanno in piazza per sensibilizzare tutti i cittadini e per chiedere ai governi mondiali di dar ascolto alla scienza e prendere immediate contromisure nei confronti di questo eccessivo cambiamento climatico. Sono fiducioso per questo nuovo inizio, ma sono consapevole che sarà pieno di ostacoli e fallimenti, anche se saranno proprio quest’ultimi che ci porteranno a rialzarci e combattere con ancor più determinazione e passione. Da domani inizieremo un percorso e non ci fermeremo mai più, perché l’ambiente è dove tutti noi ci incontriamo; dove tutti abbiamo un interesse comune; ed è l’unica cosa che tutti noi di questo mondo condividiamo. Durante la mia carriera universitaria ho visto, e continuo a vedere, le conseguenze dei continui crimini ed errori umani nei confronti del nostro pianeta, e mi sono sempre chiesto se ci sarà mai un giorno in cui tutti noi inizieremo a cambiare il nostro atteggiamento, sia di colpevoli che di indifferenti, in un presa di coscienza e di consapevolezza dei danni che stiamo arrecando al nostro pianeta, e di determinazione nell’unire le forze per salvarlo e portare un soffio che generi un nuovo vento di cambiamento. Questo giorno finalmente è arrivato, grazie alla voce piena di coraggio della nostra cara Greta: tutti i cittadini del mondo hanno deciso di mobilitarsi per combattere le enormi ingiustizie nei confronti della natura, dell’ambiente e di tutti gli organismi che la abitano e interagiscono con essa.”

Paolo Ciciriello allo sciopero mondiale per il futuro

Anche lo studente e organizzatore Paolo Ciciriello manifesta il suo entusiasmo per i risultati dello sciopero: “Parma è terza, tra tutte le città italiane, come numero di partecipanti che hanno aderito allo sciopero mondiale per il futuro. Parma non ha mai assistito ad una manifestazione di questa portata e molte persone mi hanno ringraziato e si sono congratulate per la stessa esistenza del Movimento. Abbiamo restituito, nel nostro piccolo, un bagliore di speranza a tutti. L’obiettivo, che era la sensibilizzazione a questi temi, penso che sia stato centrato alla grande”.

Conclude Chiara Bertogalli, l’organizzatrice dei Fridays For Future e dello sciopero mondiale per il Futuro del 15 marzo a Parma: “Continuiamo ogni venerdì alle 18 in piazza Garibaldi, con qualche semplice cartello autoprodotto a manifestare la rabbia per l’inattività dei Governi al contrasto dei cambiamenti climatici, in modo non violento e solidarizzando con l’iniziativa di Greta Thunberg”.

GLI STUDENTI SCIOPERANO SOLO PER MARINARE LE LEZIONI? – Bussetti e Giannelli non condividono la manifestazione mondiale per il futuro. In molti paesi come la Scozia, migliaia di studenti sono stati autorizzati a saltare la scuola per partecipare allo sciopero mentre in Italia, nonostante il problema climatico sia lampante, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha invitato gli studenti ad andare a scuola regolarmente quel venerdì, dato che l’assenza non sarà giustificata. Giustamente l’invito non è stato accolto e dalla Rete degli Studenti Medi è arrivata la replica: “Caro ministro, decidiamo di non ascoltarti. Chiediamo un modello di sviluppo che non viva del ricatto tra salute, lavoro e ambiente; che metta al centro ecosostenibilità, democrazia, diritti, qualità della vita e del lavoro, conoscenza”.

Anche Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi, pensa che gli studenti dovrebbero passare il loro tempo a scuola e non in strada: “L’attenzione sui cambiamenti climatici deve essere massima. Ma non capisco come possano dei 15enni pensare di invertire questa rotta dannosa scendendo in piazza: avrebbe più senso che il dibattito si svolgesse tra i banchi di scuola. Altrimenti mi viene il sospetto che serva solo per marinare le lezioni.” Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è, invece, favorevole al dibattito e ricorda: “Siamo sull’orlo di una crisi climatica globale, per scongiurare la quale occorrono misure concordate a livello globale […] Tanti giovani ricordano a tutti e chiedono a tutti e soprattutto alle istituzioni, di agire per difendere il clima”. Legambiente invece preferisce non edulcorare la pillola e non fa sconti al Governo: “Le politiche governative, passate e attuali, sono centrate sulle fonti fossili come dimostrano i 16 miliardi di euro all’anno di sussidi, diretti e indiretti, garantiti ancora oggi alle società petrolifere”.

NON SOLO PARMA – Gli studenti manifestano in tutt’Italia nonostante alcuni politici italiani abbiano, in un certo senso, sbattuto loro la porta in faccia. In Italia sono state riempite 182 piazze, da nord a sud, per un totale di oltre 1 milione di studenti: 25mila a Roma, 10mila a Firenze e Torino, 3mila a Reggio Emilia e Bologna, 5mila a Venezia, 15mila a Padova, 2mila a Cagliari, solo per citarne alcune.

4°D del liceo Scientifico opz. Scienze applicate dell’istituto “A. Zanelli” di Reggio Emilia con il professore Alberto Magnani

Gli slogan di moltissimi giovani sono stati questi: “Stare in silenzio è come morire”, “Dite di amare i vostri figli più di ogni altra cosa e invece state rubando loro il futuro”, “Contro la logica di mercato”, “Non inquinare: i pianeti buoni sono difficili da trovare”, “Noi studiamo. Ma per quale futuro?”, “Agite da adulti”, “Il clima sta cambiando. Perché noi no?”, “Non c’è un pianeta B”, “Ci avete rotto i polmoni”, passando anche per l’ironia: “Il cambiamento climatico è peggio dei compiti”, “Riscaldiamo i caplet, non il clima”, “ ‘amma salva o’ munn’ ”, “fra vent’anni vogliamo poter fare l’amore in un bosco”. Cartelloni anche contro Trump e Bolsonaro, il presidente brasiliano che ha permesso di riaprire il saccheggio della foresta amazzonica: “Porteranno il mondo al collasso”.

L’attuale mobilitazione è un appello alla solidarietà tra generazioni. Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia, ha detto infatti: “Il climate strike è un movimento che può assumere un’importanza storica assoluta. Questa società sembrava aver narcotizzato i giovani con l’oppio dei social network e con la mancanza di valori e prospettive. E invece eccoli qua i giovani del terzo millennio. Giovani che hanno saputo alzare la testa sulla questione più importante che i governi continuano a sottovalutare. 50 anni fa il movimento studentesco diede vita al primo “Earth day” con 20 milioni di cittadini americani scesi in piazza per rivendicare il diritto a un pianeta sano”. 

Ma non finisce qua, ogni venerdì si continuerà a scioperare in tutto il mondo, in tutte le città: a Reggio Emilia l’appuntamento è in Piazza Prampolini alle 17.30, a Milano in Piazza della Scala alle 9.30, a Firenze in Piazza della Santissima Annunziata alle 17, a Lecce a Porta Napoli dalle 18 alle 21 ci sarà la Critical Climass (un movimento spontaneo con l’obiettivo di aggregare persone per dare vita ad una biciclettata, occupando tutta la carreggiata e obbligando i veicoli a motore a rallentare).

I DATI PARLANO CHIARO- Qual è la prospettiva per l’umanità? L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), un ente internazionale che si occupa di monitorare e comprendere le cause di questi cambiamenti climatici, ha recentemente dichiarato che l’umanità ha a disposizione meno di dodici anni per poter invertire la rotta, prima che i danni agli ecosistemi della Terra siano totalmente irreversibili. I dati di World Environmental Outlook 2018, un report di UN Environment, la principale autorità ambientale globale, ha dichiarato che il nostro pianeta sta diventando sempre più malsano e ciò influisce direttamente sulla vita umana: più di 12,6 milioni di persone sono morte per cause ambientali nel 2012, l’equivalente di quasi un terzo di tutti i decessi registrati nello stesso anno.

Inondazioni, siccità e calamità naturali mettono inoltre in pericolo la sicurezza del cibo e la catena alimentare. Alcune conseguenze del cambiamento climatico sono:

  • La crescita della temperatura media sulla Terra, rispetto ai livelli pre-industriali, che secondo l’IPCC può essere raggiunta già nel 2050 è di 3,3 C°.
  • Il pericoloso aumento medio della temperatura registrato ogni decennio è di 0,2°. Attualmente la temperatura della Terra segna +1° rispetto ai livelli pre-industriali. Questi cambiamenti portano alla distruzione di nicchie ecologiche, alla scomparsa di aree ricche di biodiversità quali le barriere coralline. A rischio è il 13% degli ecosistemi terrestri.
  • Il livello del mare aumenterebbe di 10 centimetri su scala globale se tra il 2030 e il 2050 la temperatura media sulla Terra superasse il limite di 1.5° raggiungendo i 2°.

La produzione di energia rinnovabile è cresciuta significativamente negli ultimi dieci anni. Ora è ad un livello record. Ma anche l’elettricità generata dal carbone è in aumento e circa due terzi della nostra elettricità proviene ancora da combustibili fossili. La quantità totale di elettricità generata in tutto il mondo è più che raddoppiata dal 1990 anche se quasi un miliardo di persone continua ad avere problemi di accesso all’energia.

I dati potrebbero sembrare irrisori, ma avrebbero un impatto devastante: citando dalla Snac (Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici), i principali effetti previsti saranno:

  • possibile peggioramento delle condizioni già esistenti di forte pressione sulle risorse idriche, con conseguente riduzione della qualità e della disponibilità di acqua, soprattutto in estate nelle regioni meridionali e nelle piccole isole dove il rapporto tra acquiferi alluvionali e aree montane è basso;
  • possibili alterazioni del regime idrogeologico che potrebbero aumentare il rischio di frane, flussi di fango e detriti, crolli di roccia e alluvioni lampo. Le zone maggiormente esposte al rischio idrogeologico comprendono la valle del fiume Po (con un aumento del rischio di alluvione) e le aree alpine ed appenniniche (con il rischio di alluvioni lampo);
  • possibile degrado del suolo e rischio più elevato di erosione e desertificazione del terreno, con una parte significativa dell’Italia meridionale classificata a rischio di desertificazione e diverse regioni del Nord e del centro che mostrano condizioni preoccupanti;
  • maggior rischio di incendi boschivi e siccità per le foreste italiane, con la zona alpina e le regioni insulari (Sicilia e Sardegna) che mostrano le maggiori criticità;
  • maggior rischio di perdita di biodiversità e di ecosistemi naturali, soprattutto nelle zone alpine e negli ecosistemi montani;
  • maggior rischio di inondazione ed erosione delle zone costiere, a causa di una maggiore incidenza di eventi meteorologici estremi e dell’innalzamento del livello del mare (anche in associazione al fenomeno della subsidenza, di origine sia naturale che antropica);
  • potenziale riduzione della produttività agricola, soprattutto per le colture di frumento, ma anche di frutta e verdura; la coltivazione di ulivo, agrumi, vite e grano duro potrebbe diventare possibile nel Nord dell’Italia, mentre nel Sud e nel Centro la coltivazione del mais potrebbe peggiorare e risentire ancor più della disponibilità di acqua irrigua;
  • ripercussioni sulla salute umana, specialmente per i gruppi vulnerabili della popolazione, per via di un possibile aumento di malattie e mortalità legate al caldo, di malattie cardio-respiratorie da inquinamento atmosferico, di infortuni, decessi e malattie causati da inondazioni e incendi, di disturbi allergici e cambiamenti nella comparsa e diffusione di malattie di origine infettiva, idrica ed alimentare;
  • potenziali danni per l’economia italiana nel suo complesso, dovuti principalmente alla possibilità di un ridotto potenziale di produzione di energia idroelettrica, a un’offerta turistica invernale ridotta (o più costosa) e una minore attrattivi turistica della stagione estiva, a un calo della produttività del settore dell’agricoltura e della pesca, a effetti sulle infrastrutture urbane e rurali con possibili interruzioni o inaccessibilità della rete di trasporto con danni agli insediamenti umani e alle attività socio-economiche.

E’ chiaro che il nostro pianeta sia malato, ma abbiamo tutti gli strumenti per ripotarlo in salute. Dobbiamo smetterla di essere i parassiti di questa Terra, siamo solo degli ospiti e ciascuno di noi ha l’obbligo di comportarsi come tale. Proprio per questo c’è necessità di prendere consapevolezza di ciò che stiamo causando alla nostra casa e c’è bisogno di attuare delle soluzioni concrete e immediate.

ESISTONO DELLE SOLUZIONI PER IL PROBLEMA CLIMATICO? – Sì. Luca Mercalli ce ne fornisce alcune. Il meteorologo, divulgatore scientifico e climatologo italiano Luca Mercalli ci esorta a uscire dalla nostra comfort zone: “Il problema è culturale: non vogliamo rinunciare a nulla del nostro stile di vita. Un po’ per pigrizia, un po’ per diffidenza e paura. Eppure a qualcosa bisognerà rinunciare. Con questo tipo di economia globale non si può andare avanti. Bisognerebbe ascoltare Papa Francesco ‘Rinunciare al superfluo e garantire il necessario'”.

Ma che soluzioni concrete possiamo attuare già da ora? Smettiamola di sprecare; facciamo in modo che le nostre case utilizzino al meglio l’energia: creiamo l’isolamento termico anche nei condomini, cerchiamo di mettere i pannelli solari per l’acqua calda e l’elettricità; evitiamo viaggi inutili, soprattutto con l’aereo. E magari scegliamo una piccola utilitaria a metano invece che un Suv; evitiamo di mangiare carne perché, soprattutto quella bovina, ha alti livelli di emissione; mangiamo possibilmente solo cibo locale e di stagione.

Mercalli è entusiasta per quello che sta facendo Greta, ma ha paura che si riveli un fuoco di paglia: “Purtroppo di prese di posizione spettacolare ne abbiamo viste tanto in passato. Pensi al film di Leonardo di Caprio (“Before the flood”) o alle prese di posizioni di premi nobel. Senza contare il vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore con i suoi due film di denuncia. Ma quanto sono durati? Speriamo non sia l’ennesimo esempio di spettacolarizzazione di un problema e dopo due giorni è finito tutto.”

È vero, c’è il rischio che questi scioperi climatici si concludano con pochi risultati, se non nulli. Tutti i giorni cambiamo il mondo, in peggio o in meglio, a seconda delle nostre azioni, ma perché il cambiamento sia significativo, forse, ci vuole più costanza di quanta ne abbiamo. Non accade mai niente in una sola volta. Il cambiamento è lento, è metodico, è estenuante, ma tutti possiamo metterci in gioco quotidianamente. La sfida che dobbiamo affrontare non è semplice. Sicuramente i piccoli gesti quotidiani assumono una certa rilevanza se moltiplicati per tutta l’umanità, ma non basta. Abbiamo bisogno delle azioni dei politici, della loro capacità di comprendere la crisi in cui ci troviamo e di agire concretamente per risolverla. “Questa è l’ultima chiamata, siamo già in ritardo – spiega Mercalli – Il valore di Co2 è il massimo registrato negli ultimi 3 milioni di anni, il pianeta è già intossicato“.

di Elisa Carlino

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