Parco Fluviale, la liceale Magnani: così non si va da nessuna parte

NON SI DEFINISCE UN’ATTIVISTA E RIBADISCE CHE “IL FIUME È UN POSTO DA NON ARTIFICIALIZZARE”

Benedetta Magnani ha 18 anni, frequenta il quinto anno di scienze applicate al liceo Ulivi di Parma ed è salita agli oneri della cronaca parmigiana per un suo arrabbiato intervento durante una commissione – alla presenza di assessori, tecnici e cittadinanza- che discuteva la complicata questione dei lavori da fare nell’alveo del torrente Parma.

Ma chi è Benedetta? Qualcuno l’ha definita la Greta Thunberg di Parma, ma lei preferisce non essere equiparata a nessuno. Non per il personaggio a cui si riferiscono, ma perché non vuole “essere strumentalizzata”. Il suo è spontaneo interesse per l’ambiente, per la tutela della natura, per la città e il suo torrente. Quello che incuriosisce è come una giovane ragazza abbia avuto il ‘coraggio’ di alzarsi e, guardando in faccia assessori e consiglieri, ha preteso rispetto. Rispetto per il dialogo, per l’idea di partecipazione cittadina di cui ci si vanta senza meriti e, prima di tutto, rispetto per la natura.

Come nasce il tuo interesse per l’ambiente e la natura?

Fin da bambina sono sempre stata molto sensibile a questi temi. Mi son sempre piaciuti tanto gli animali e negli ultimi anni mi ci sono avvicinata ancora di più perché faccio la guida subacquea, e ho particolarmente a cuore lo stato di salute del pianeta. Il mio interesse attuale lo devo a un professore di scienze, che facendo un’attività di scuola-lavoro legata alla biodiversità in ambito cittadino, mi ha avvicinata a questa realtà.

Ti sei esposta nel merito della questione dell’alveo per un interesse personale o perché ne avete discusso a scuola?

Il mio professore teneva particolarmente che io andassi almeno ad uno degli incontri, ed è stato piuttosto casuale che io fossi lì in Comune proprio quella sera. Lui me l’aveva già chiesto diverse volte, anche se a causa di altri impegni non ero mai riuscita ad andarci, ma il mio è un interesse prima di tutto personale. Sono solita andare in fiume perché mi piace molto stare nella natura, e quella della pista la trovo veramente una violazione di quell’ecosistema.

L’assessore Alinovi sostiene che non si tratterebbe di una pista ciclabile ma di qualcosa molto meno invasivo, dei lavori che andrebbero solo a migliorare il sentiero già presente. Cosa ne pensi?

A me non interessano molto le questioni tecniche. È il fatto di rendere accessibile una zona del fiume frequentata dalle specie selvatiche a noi umani il problema, non tanto la costruzione della pista. Siamo noi il danno, l’accessibilità stessa. Perché poi non so quante persone siano rispettose di quei luoghi. Le specie selvatiche non è che si osservano da vicino, disturbandole. Si guardano da lontano nel massimo rispetto. Il problema è l’uomo.

Non pensi che chi già ora approfitta dei luoghi del fiume, specie con le belle giornate, vada comunque a creare un caos in quell’ecosistema?

Io credo che le persone che ci vanno adesso sono quelle più interessate e quindi anche più rispettose dell’ambiente. Se tu vai ad incentivare la cosa, provi ad attirare delle persone che magari non sarebbero mai andate in fiume, che non hanno un interesse reale, da un lato gli proponi un surrogato della natura, un ambiente addomesticato, dall’altro trovi solo un altro modo che consenta all’uomo di sovrastare la natura.

Credi che la possibilità di rendere alla portata di tutti quel pezzo di città non sia una cosa positiva?

Il punto del mio discorso è che quello che tu vuoi rendere alla portata di tutti scompare nel momento in cui lo rendi accessibile a tutti. Perché non è possibile che la natura selvaggia si possa svendere a chiunque tramite questi progetti. Sì c’è l’avvicinamento dell’uomo a quell’ambiente, ma quell’ambiente stesso smette di essere naturale in quel momento. In quell’incontro il fiume è stato definito “artificializzato”, e già lì si capisce la visione che ne hanno. Si capisce la visione che ha l’amministrazione del nostro fiume che anzi dovrebbe essere un’area protetta.

Cioè tu non ritieni che sia giusto che quel pezzo di natura venga messo a disposizione di tutti? Non ne condividi il principio?

Per me è assolutamente sbagliato perché se viene messo a disposizione di tutti perde quello che caratterizza il suo essere naturale. Costruendo una pista del genere la flora e la fauna di quell’ambiente vengono danneggiate. Quello che credo io è che per avvicinarsi alla natura ci vuole un sentimento sincero, un interesse spontaneo, che non sono cose che si possono svendere. Ecco perché non capisco le ragioni che spingono l’amministrazione a rendere accessibile a tutti qualcosa che di per sé è libero, che vive di vita propria.

Tu hai chiesto rispetto da entrambe le parti, quindi ti chiedo: come pensi si stiano rapportando le associazioni ambientaliste in merito alla questione? Come la stanno affrontando?

Io sono rimasta molto delusa dalla riunione, sono tornata a casa affranta. Quello che mi ha deluso molto è aver visto due parti che erano lì per ribadire le proprie idee anche a costo di urlarsi contro, ma nessuno, nessuno, era realmente interessato a capire e comprendere il pensiero dell’altro. Io sono andata lì con l’intento di immedesimarmi nell’amministrazione, di cercare di capire un punto di vista che io non condivido assolutamente, perché io credo nel dialogo, un dialogo in cui le due controparti devono ascoltarsi. Se invece si fa un dibattito basandosi sull’univocità, senza uno scambio di idee e pensieri non si va da nessuna parte. Perché alla fine quello che credo io è che oggi nella politica non ci sia un vero confronto perché non c’è un reale interesse a comprendere il pensiero dell’altro, si è troppo rigidi nelle proprie idee, sulle proprie posizioni. E questo vale sia da parte dell’amministrazione che da parte delle associazioni ambientaliste. Io non mi definisco un’ambientalista, io non appartengo a nessuna delle due parti. Questo deve essere chiaro. Mi ha però dato veramente tanto fastidio questo continuo dare addosso alla voce dell’altro quando non si condivideva la sua opinione. Questa per me è una mancanza di rispetto incredibile.

Mi hanno detto che ti sei arrabbiata molto quando ti hanno chiamata “la Greta Thunberg di Parma”. Perché?

Per me è stato sicuramente un grande onore essere paragonata a Greta, perché la stimo molto e soprattutto quello che sta facendo. Quello che mi ha dato fastidio non è stato tanto il paragone in sé quanto lo scopo del paragone: era tutto funzionale a far riscuotere al mio intervento un grande successo, un grande scalpore. Io non voglio essere strumentalizzata, non voglio essere un intrattenimento mediatico. Io ho un mio pensiero e credo che vada rispettato. Io non mi ritengo un ambientalista. Non è il paragone con Greta che mi dà fastidio, lei sta veramente facendo qualcosa di straordinario, ma far passare un messaggio sbagliato cercando di includere nel mio pensiero delle idee che non mi appartengono. Questo mi ha fatto arrabbiare perché io ho parlato di rispetto.

Cosa pensi della manifestazione di venerdì scorso, ‘Friday for Future’ per il clima? Pensi che sia stata realmente utile e condotta nella maniera giusta?

Io l’ho vista come una svolta, anche solo vedere tanti giovani riuniti. Magari quelli che ci credevano realmente non erano tutti, anzi. Però io credo che fra noi coetanei l’influenza reciproca sia molto importante. Vedere che tanti erano realmente preoccupati per quello che sta succedendo al nostro pianeta. La speranza è che chi è realmente interessato possa magari influenzare dei ragazzi che fino ad ora non avevano per nulla tenuto in considerazione questa problematica. Fino ad ora queste iniziative hanno visto un’affluenza relativa a chi era interessato, a chi già faceva qualcosa. La vera rivoluzione è quando le persone, prima disinteressate, in massa cercano di metterci del loro.

Secondo te da cosa è stato dettato questo cambiamento?

Sicuramente dal tempo. Sono davvero tanti anni che si va avanti a parlare di questi problemi, magari un po’ in sordina, ma con il passare dei tempi sicuramente si è ingranditi e le voci che ne parlavano sono aumentate. E poi perché è stata la voce di una ragazzina a svegliare delle comunità intere di giovani in tutto il mondo. I ragazzi spesso sono la voce della verità perché non hanno barriere, schemi, sovrastrutture a cui stare. La comunicazione dei ragazzi, a volte, è molto più efficace di quella degli adulti.

di Pasquale Ancona

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